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24 anni a Vitalij Markov: “perché a nessuno venga più voglia di fare la stessa cosa”

Nonostante le dichiarazioni “pacifiste” del nuovo Presidente dell’Ucraina golpista, Vladimiri Zelenskij; nonostante i suoi colloqui telefonici con Vladimir Putin, il Donbass continua a trovarsi sull’orlo di una guerra su larga scala. Nelle ultime settimane e ancora fino a ieri, dicono gli abitanti delle zone di DNR e LNR prossime al fronte, le forze ucraine hanno spianato strade, edifici civili, scuole, hanno ucciso e ferito civili indifesi, hanno colpito le coltivazioni cerealicole con proiettili incendiari.

E’ su questo sfondo, che si è mosso Vladimir Zelenskij in prima persona, per chiedere che Kiev faccia di tutto per riportare in patria Vitalij Markov (o Markiv, secondo la nuova usanza ucraina), il nazionalista della Guardia nazionale (la formazione alle dipendenze del Ministro degli interni Arsen Avakov – al centro nella foto, presente in aula – in cui a suo tempo erano stati fatti confluire molti membri dei battaglioni neo-nazisti, per tentare di dar loro una parvenza “istituzionale”) condannato venerdì scorso a 24 anni di galera dal tribunale di Pavia per l’assassinio, nel 2014 nell’area di Slavjansk, del fotoreporter italiano Andy Rocchelli e del suo interprete, il giornalista Andrej Mironov.

Quest’ultimo, secondo la testimonianza di Oksana Čelyševa (già redattrice di Novaja Gazeta e collaboratrice di Radio Radicale, ora emigrata in Finlandia), a suo tempo non era stato certo tenero verso il Cremlino, nonostante i nazigolpisti ucraini continuino ad accusarlo, anche da morto, di esser stato agli ordini di Putin.

Il sito colonelcassad osserva che sull’aggravamento della condanna di Markov – dai 17 anni chiesti dall’accusa, a 24, dato che la Corte d’Assise ha rilevato la non sussistenza delle attenuanti generiche esposte dal PM – hanno probabilmente influito l’atteggiamento in aula dello stesso Markov e del suo “gruppo di sostegno”, uomini e donne della diaspora ucraina in Italia, che hanno partecipato a quasi tutte le sedute, agghindati con la “vyshivanka”, la tradizionale blusa ucraina, mostrando simboli del battaglione “Azov”, UPA e “Pravyj Sektor” e così melodrammaticamente immortalati dal corrispondente del canale ucraino TSN.

Gli stessi che mettevano in dubbio il diritto dell’Italia a giudicare Markov, che si salutavano tra loro con lo slogan banderista “gloria all’Ucraina” e che, alla lettura della sentenza, hanno gridato alla “vergogna per l’Italia”. I giudici hanno anche chiesto l’apertura di un procedimento contro due deputati della Rada ucraina, sospettati di concorso in omicidio, Bogdan Matkivskij (presente in aula e frettolosamente rientrato in Ucraina) e Andrej Antonischak, nel 2014 diretti superiori di Markov.

Entro 90 giorni la Corte renderà pubbliche le motivazioni della sentenza, dopo di che la difesa potrà ricorrere in appello.

Dunque, Zelenskij ha incaricato Ministero degli esteri e Procura generale di occuparsi del rientro di Markov: “Vi chiedo di dimenticare le divergenze politiche tra il nuovo potere e gli immutati dirigenti di quelle strutture” ha detto Zelenskij, consapevole dell’aperta ostilità nei suoi confronti, da parte degli uomini di Petro Poroshenko, ancora ben saldi ai propri posti, “e produrre il massimo sforzo perché sia riportato in Ucraina l’ex militare della Guardia Nazionale Vitalij Markiv. Fino a quel momento, incarico i diplomatici ucraini in Italia di tenere contatti costanti col nostro veterano”.

Fin qui la cronaca.

Dal canto suo, l’attivista ucraino Aleksandr Medinskij, presente in aula al processo, ha riportato un colloquio con gli antifascisti italiani e poi, su Facebook, un segmento del procedimento, da lui definito “breve succo della questione”. E così, Difesa: l’imputato non poteva sparare al giornalista, perché si trovava in una posizione dalla quale non si vedeva nulla. Accusa: la foto nella chiavetta usb dell’imputato mostra un’eccellente visuale del luogo della morte di Rocchelli. D: l’imputato non era un cecchino. A: l’accusato compare nella foto con un’arma con cannocchiale da cecchino. D: … stava in posa per hype. A: siamo in possesso di intercettazioni dell’accusato, in cui afferma di aver ucciso i giornalisti. Volete ascoltare? D: … (silenzio). A: l’accusato propaganda l’ideologia nazista, come si vede nella foto in cui tiene una bandiera con la svastica. D: … ha solo trovato la bandiera dai separatisti e l’ha appesa nella sua stanza. A: fate sul serio?… l’imputato ha torturato delle persone, come si vede nella foto ripresa dal suo cellulare. D: … è uno scherzo, è il suo collega combattente, è un gioco … A: il nome di questo collega? D:… (silenzio). A: l’accusato in un video carica una persona legata nel bagagliaio, e poi getta in un fosso il corpo già privo di vita. D: … era un separatista, una spia, ma lo gettò ancora in vita, probabilmente…

Trattandosi di Facebook, ne è seguita una valanga di commenti, pochissimi dei quali hanno messo in dubbio l’autenticità della cronaca di Medinskij. Ascoltiamone qualcuno, cominciando dai commenti negativi.

Da dove vengono tutte queste frasi? Sono fatti o fantasie? La fonte non è indicata. E comunque, l’autore ha una ricca immaginazione. E non c’è da meravigliarsi. Un altro: che scriva ancora sul genere fantasy, gli viene bene. Chi è l’autore? chiede uno, e un altro risponde: E’ un giornalista, un provocatore, ex capo dell’Unione della gioventù euroasiatica di Kharkov, sotto la direzione dell’ideologo del “mondo russo” Dugin. E’ inserito nell’elenco del sito “Mirotvorets”.

Ed ecco la risposta: se è nell’elenco di “Mirotvorets”, significa che è una brava persona. E un altro: per le persone normali, finire su “Mirotvorets” non è una cattiva cosa, ma anzi un punto d’onore e bisogna anche meritarselo. Chi era l’avvocato? chiede uno; era degli stessi nazisti e complici. Bisogna conoscere questi avvocati di faccia e per nome.

E’ stato creato un precedente, scrive un altro: è stato ucciso un giornalista italiano, intelligente, professionale, ucciso per mano di un fascista, di conseguenza, tutto è stato preso in considerazione e il verdetto è stato più che giusto! Perché ad altri non venga più voglia di fare la stessa cosa! BRAVA, ITALIA!

Il processo è stato condotto molto bene, continua: in Italia ci mettono molto a preparalo, ma poi vanno veloci; gli atti procedurali possono durare molti anni, ma il finale, di regola, è giusto, afferma, quasi idealizzando la giustizia italica, forse indotto da notiziari “zoppicanti” (più di una volta, ad esempio, siti russi di primo piano hanno scritto dell’abbassamento dell’età pensionistica in Italia!): non so come reagirà l’Italia alla dichiarazione di Zelenskij, ma so che l’India tiene sotto chiave da dieci anni due marinai italiani per l’omicidio di pescatori, e a chi gli fa notare che i due marò sono da tempo in Italia, replica: nei notiziari avevano detto che uno era rientrato in Italia per motivi di salute, ma poi doveva tornare in India…

Tornando a Markov, un altro commenta, con ortografia mezzo-ucraina: se tutto questo è vero, allora bisogna proprio essere un deficiente, per farsi fotografare con l’arma del delitto e le vittime di torture. E queste sarebbero le persone che ci “guidano” verso il felice futuro europeo!!! Ma fanno sul serio?? La difesa si è mostrata piuttosto debole, in realtà, scrive uno che tenta una mezza difesa di Markov e domanda: dove sono i nomi dei comandanti che hanno dato l’ordine di sparare sui giornalisti. È solo un soldato … e un soldato deve eseguire gli ordini … Avakov personalmente dovrebbe stare in galera a lungo, fetente di prima classe e criminale.

E ancora: grazie al tribunale italiano per la condanna dell’assassino nazionalista. Peccato. Gli hanno dato poco, L’ergastolo avrebbero dovuto dargli. Bravi italiani, esclama ancora uno; hanno portato il fatto in tribunale. Cosa impedisce ai russi di fare lo stesso? Cosa impedisce, per esempio, di perseguire quei piloti ucraini che nel 2014 mitragliarono i civili nel parco di Lugansk? Corona i commenti lo stesso Medinskij: non sapete mica se anche i giudici e i procuratori italiani siano già nell’elenco di “Mirotvorets”?

Da par suo, l’ex capo di “Pravyj Sektor” e oggi leader dell’Esercito volontario ucraino (UDA), nonché deputato Dmitro Jarosh, che su Facebook: “Propongo di condurre un’operazione speciale: ‘impacchettiamo’ una dozzina di italiani, che di tanto in tanto vengono in Ucraina (garantisco l’aiuto dell’UDA). Accusiamoli di partecipazione a gruppi armati illegali di DNR e LNR e uccisione di civili ucraini nel periodo 2014-2019 e tiriamo per le lunghe il processo. Poi, il nostro ‘più obiettivo’ tribunale darà loro l’ergastolo”.

Il commentatore di iarex.ru scrive che la “sentenza di Pavia non è solo una decisione giudiziaria, con cui è stato condannato un criminale di guerra: un tribunale italiano ha provato e giudicato uno dei crimini di guerra ucraini nella persona di Markov. E questo è solo l’inizio. Verrà il momento in cui le autorità di Kiev, per evitare la propria condanna, daranno in pasto a una nuova “Norimberga” tutti i loro militari”.

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