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Iraq. Pressioni americane sul governo Mahdi in chiave anti-iraniana

Alcuni rappresentanti americani sono stati, nelle scorse settimane, in Iraq per discutere con il primo ministro iracheno, Adel Abdel Mahdi, riguardo all’interruzione degli scambi economici e finanziari con l’Iran e per richiedere lo scioglimento delle Unità di Mobilitazione Popolare (Hasched Shaabi o Ump), considerate da Washington come una diretta emanazione di Teheran.

Richieste, secondo quanto afferma la stampa irachena, rifiutate dal primo ministro a causa della difficile posizione di Baghdad che si trova in mezzo ad un conflitto a “bassa intensità” tra Washington e Teheran. Lo stato iracheno, infatti, ha numerosi legami economici, commerciali, energetici e religiosi con l’Iran ed una simile scelta significherebbe sicuramente una destabilizzazione del già fragile governo di unità nazionale del premier iracheno.

Per quanto riguarda la seconda richiesta Mahdi ha cercato di trovare una soluzione “diplomatica” che riesca a preservare gli equilibri interni tra le differenti confessioni irachene, visto che le  pressioni e le minacce americane rischiano di compromettere gli sforzi fatti fino ad oggi e di favorire Daesh che, nonostante la sconfitta di un anno fa, resta ancora presente nella provincia di Anbar.

Proprio in quest’ottica ha emesso un’ordinanza, denominata Diwani,  che richiede  “a tutte le fazioni di chiudere il loro quartier generale con la scelta di integrarsi all’interno delle forze armate o impegnarsi nell’arena politica (senza armi, ndr). Qualsiasi fazione che rifiuta segretamente o apertamente di rispettare queste istruzioni sarà considerata illegale”. L’ultimatum per il rispetto dell’ordinanza è il 31 luglio.

Una scelta considerata positiva dall’amministrazione americana, che però, potrebbe portare lo stato iracheno ad una lotta intestina. Se da una parte alcune organizzazioni dell’Hashed Shaabi hanno appreso e condiviso la scelta del premier – soprattutto per quanto riguarda i diritti di cui godranno i miliziani in termini di stipendi, protezione sociale e medica – da un altro punto di vista si sono dichiarati contrari ad una scelta che viene vista come “un’interferenza americana negli affari interni dell’Iraq”.

“Forse il governo centrale di Baghdad” – ha dichiarato il leader del gruppo Harakat Hezbollah al Nujaba, Akram al Kaabi –  “ha dimenticato che sono state tutte le formazioni dell’Hashed Shaabi a respingere Daesh ed a sconfiggere le milizie jihadiste di Al Baghdadi”. “Bisogna anche ricordare che in quel periodo gli Usa non hanno fatto nulla per riorganizzare l’esercito iracheno ed aiutarci, mentre adesso richiedono un nostro smantellamento, quando siamo quasi sul punto di eliminare definitivamente la presenza jihadista dalle nostre regioni” – ha concluso al Kaabi.

Frizioni che potrebbero portare ad uno scontro diretto tra le milizie delle Unità di Mobilitazione Popolare – formate anche da battaglioni sunniti e cristiani – e le truppe americane presenti in Iraq. Già nel periodo post elettorale l’inviato di Washington per la Coalizione internazionale anti-Daesh, Bret McGurk, aveva tentato di far eleggare un ufficiale iracheno, filo-americano, a capo del governo, prima che venisse nominato il premier Mahdi.

Episodio che aveva avuto un seguito, secondo la stampa irachena, con l’episodio che aveva avuto come protagonista il generale di brigata Mahmoud al-Fallahi, comandante dell’esercito  dell’Anbar e capo del confine con Siria, Giordania e Arabia Saudita. Al Fallahi, secondo il canale libanese al Mayadeen, aveva trasmesso alla CIA tutte le coordinate della posizione di Hezbollah-Iraq ad al-Qa’em, al confine siriano, le posizioni, le armi, la logistica ed i nomi dei comandanti dei gruppi Nujaba, e Kataib Imam Ali. Informazioni ottenute dall’intelligence iraniana, grazie al suo sistema di controllo su whattsapp, e che, successivamente, avevano portato ad un bombardamento israeliano proprio su quelle postazioni.

Il primo ministro iracheno, secondo il portale Iraq Daily, ha utilizzato questo stratagemma per diminuire il potere delle Ump, una mossa considerata “rischiosa” visto che Abdel Mahdi “non gode di sufficiente sostegno politico da parte dei partiti politici per soddisfare pienamente i desideri degli Stati Uniti”. Un’instabilità politica che, in caso di conflitto con l’Iran, potrebbe destabilizzare per l’ennesima volta i fragili equilibri interni tra le diverse confessioni e che potrebbe causare seri problemi alla stessa amministrazione americana.

Sono chiare le parole di al-Kaabi al riguardo:” Oggi l’Iraq è molto più forte e organizzato, ed è in grado di trasformare la presenza americana  sul nostro territorio in un inferno”.

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