Nella capitale dell’Ecuador, Quito, i funzionari governativi e dei media sono stati fatti allontanare dal Palazzo Carondelet come misura di sicurezza contro le manifestazioni popolari che si svolgono nelle strade che circondano Plaza Grande.
Il presidente ecuadoriano, Lenín Moreno, ha annunciato il suo trasferimento dal palazzo del governo nella capitale ad una base militare nella città di Guayaquil, nel sud-ovest del paese. “Mi sono trasferito nella città di Guayaquil e ho spostato la sede del governo in questa amata città, secondo i poteri costituzionali che mi riguardano”, ha detto il presidente nel mezzo delle forti proteste sociali che si svolgono nella capitale.
Di fronte al proprio fallimento, Moreno, da tempo passato dal campo progressista a quello liberista, ha dichiarato che per l’attuale crisi in Ecuador sono da ritenersi responsabili sia l’ex presidente Rafael Correa che il presidente venezuelano, Nicolás Maduro.
“Il satrapo Maduro, attivatosi insieme a Correa vogliono destabilizzare”, ha detto Moreno descrivendoli come “corrotti” ed evasori della giustizia.
“Sono quelli dietro questo tentativo di colpo di stato”, ha detto il presidente, ribadendo che le persone che incitano alla violenza corrispondono a “individui esterni pagati e organizzati” e accusando anche altre personalità politiche del coinvolgimento nella rivolta, incluso l’ex cancelliere Ricardo Patiño.
Nel pomeriggio di ieri, la polizia e i militari hanno raddoppiato la sicurezza nelle strade vicino al Palazzo del Governo.
Ma del resto del paese una marcia di organizzazione indigene sta avanzando dalla provincia di Cotopaxi e delle aree circostanti fino alla punta meridionale della capitale Quito.
Ci sono circa 3.000 manifestanti. Alcuni che si sono fatti avanti sono entrati nella capitale per unirsi alle proteste in vigore da giovedì della scorsa settimana.
Un forte contingente di polizia li stava aspettando nel settore di Santa Rosa. Il viale Simón Bolívar è stato bloccato in entrambe le direzioni da barricate che i manifestanti hanno costruito sulla strada che limita i cantoni di Quito e Mejía.
Quando i primi gruppi di indigeni che non sono d’accordo con le misure economiche organizzate dal presidente, Lenín Moreno, sono arrivati in zona sono scoppiati gli scontri. Gruppi indigeni hanno bruciato un veicolo militare ed sono entrati a Quito. Nella curva di Santa Rosa, un gruppo di soldati ha lanciato gas lacrimogeni contro la carovana che in risposta ha bruciato un veicolo militare corazzato.
Le organizzazioni sociali e indigene stanno pianificando un grande sciopero per oggi mercoledì 9 ottobre.
Gli slogan sono: “Cadrà, cadrà, cadrà Lenin” (è il nome, del tutto improprio dell’attuale presidente contestato, ndr), “Il popolo unito non sarà mai sconfitto …”
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