Il proditorio attacco portato in territorio siriano al popolo curdo da parte della Turchia sta provocando reazioni molto flebili da parte dei principali protagonisti della comunità internazionale.
Con grande cautela si sta valutando la possibilità di un blocco nella vendita di armi al regime di Erdogan.
A parte le ovvie annotazioni riguardanti il fatto che sono molteplici (e anche facili da attuare) le possibilità di aggirare questo tipo di blocco, ad esempio attraverso intermediazioni in paesi come il Pakistan o l’Afghanistan o l’Arabia Saudita o l’Egitto, mi permetto di porre pubblicamente un interrogativo. Di seguito, infatti, si segnalano alcuni dati concernenti il traffico d’armi riguardanti le grandi potenze e altri paesi particolarmente presenti in questo mercato.
La domanda è questa:
Secondo voi la difesa del disgraziato popolo curdo implica, per i mercanti di morte, la rinuncia anche soltanto a qualche piccolo pezzo di questo gigantesco affare globale?
Per conto mio proprio no.
Di seguito qualche dato
Secondo l’istituto di ricerca svedese Sipri, il più autorevole in queste analisi, l’anno scorso nel mondo sono stati spesi 1.686 miliardi di dollari per acquistare armamenti.
Washington resta il leader mondiale nella vendita delle armi seguito da Russia, Francia, Germania e Cina. Il 52% delle armi Usa vanno in Medio Oriente. L’Arabia Saudita ha aumentato l’import di armi del 192%. Al terzo posto l’Egitto con una crescita del 206%. Diminuiscono dell’87% le importazioni di armi in Siria.
Il volume del commercio internazionale di armi pesanti nel quinquennio 2014-18 – riporta l’Agenzia AsiaNews – ha superato del 7,8% quello fra il 2009 e il 2013 e del 23% il periodo 2004-2008.
In vetta alla classifica, i cinque principali esportatori: Stati Uniti, Russia, Francia, Germania e Cina. Messi insieme, questi cinque Paesi valgono per il 75% circa del volume totale di esportazioni di armi nell’ultimo quinquennio. Il flusso di armi è aumentato in Medio Oriente fra 2009-13 e fra 2014-2018, mentre vi è stata una diminuzione per tutte le altre regioni del pianeta.
Le esportazioni di armi dagli Stati Uniti sono aumentate del 29% negli ultimi 10 anni e la quota complessiva appannaggio degli Usa nello stesso periodo è passata dal 30 al 36%. Al contempo si è fatta sempre più ampia la distanza fra i due principali esportatori: il dato registrato da Washington sulle armi pesanti è stato del 75% maggiore rispetto alla Russia fra 2014 e 2018; nel periodo 2009-2013 la distanza era “solo” del 12%. La maggioranza di armi venduta dagli Stati Uniti nell’ultimo quinquennio (il 52%) è andata in uno dei Paesi del Medio Oriente. Washington “ha consolidato la propria posizione come leader mondiale nella fornitura di armi” sottolinea Aude Fleurant, direttore del programma sulle armi e le spese militari del Sipri. Gli Usa, prosegue l’esperto, hanno esportato armi “ad almeno 98 nazioni negli ultimi cinque anni” compresi “missili balistici e bombe teleguidate .
Di contro, sono diminuite del 17% le esportazioni di armi dalla Russia. Una diminuzione dovuta in particolare alla minore richiesta da parte di India e Venezuela.
Indici positivi nell’ultimo decennio per Francia (+43% nelle esportazioni) e Germania (+13%). Il dato complessivo dell’esportazione di armi per i Paesi dell’Unione europea (Ue) è pari al 27% del commercio globale fra 2014 e 2018.
Com’è accaduto alla Russia anche la Cina ha fatto registrare una inversione di tendenza, pur restando al quinto posto della classifica dei paesi esportatori. Se, fra il 2004-8 e il 2009-13, le esportazioni cinesi erano crescite del 195%, nell’ultimo quinquennio l’aumento registrato è di un misero 2,7%.
Un aumento definito “sostanziale” invece è stato quello registrato da Israele (+60%), Corea del Sud (+94%) e Turchia +170%.)
Le importazioni di armi negli Stati del Medio Oriente: In questa tormentata regione le importazioni di armi sono aumentate dell’87% tra 2009-13 e 2014-18 e hanno rappresentato il 35% delle importazioni globali nell’ultimo quinquennio. L’Arabia Saudita è diventata il principale importatore mondiale, con un aumento del 192%. Le importazioni di armi dell’Egitto, il terzo maggiore al mondo, sono triplicate (+206%). Sono cresciute pure le importazioni di armi da parte di Israele (354%), Qatar (225%) e Iraq (139%). Infine, sono diminuite dell’87% le importazioni di armi dalla Siria.
In questo scenario l’Italia ha un ruolo doppiamente ambiguo. Mentre facciamo i conti con un’industria che arranca in quasi tutti i settori (specie dove non riusciamo a esportare), siamo fortissimi proprio nella produzione e nella vendita delle armi. Nell’ultimo anno, nel silenzio generale, abbiamo avuto un vero boom delle esportazioni militari: + 85 per cento. E sapete chi c’è in prima fila a soffiare su questo fuoco da venti di guerra? Il gruppo Leonardo, ex Finmeccanica, ovvero una società controllata dallo stesso Stato italiano.
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