Gli Usa oltre al tacchino del giorno del ringraziamento, annoverano tra le loro tradizioni anche l’esportazione di democrazia, alla quale dicono sia inevitabile associare effetti collaterali come la morte di migliaia di civili, ma si sa, l’esportazione della democrazia ha un prezzo che pagano taluni mentre altri lo riscuotono.
Il Governo Usa si è inventato anche un’altra tradizione, che è quella di aiutare i Paesi in difficoltà attraverso un ente governativo, il Millennium Challenge Corporation (MCC).
Anche in questo caso l’esportazione della lotta alla povertà ha degli effetti collaterali singolari: l’ente MCC stipula accordi con Paesi dall’economia resa fragile da decenni di colonialismo, e con quattro spiccioli gli Usa si portano via intere aree rurali oppure aree di interesse strategico militare.
Un apposito centro studi si occupa di vedere se i Paesi che possono candidarsi a ricevere i progetti di aiuto economico rispondono a criteri predeterminati, il primo dei quali deve essere un reddito pro-capite molto basso, e in alcuni Paesi è inferiore, più o meno, al costo che un americano medio spende per il mangime del suo criceto.
Madagascar, Senegal, Capo Verde, Costa D’Avorio, Albania, sono alcuni dei Paesi fortunati sui quali l’ente MCC ha piantato la bandiera dei suoi progetti di lotta alla povertà, ingabbiando i governi in partenariati così sbilanciati da non lasciare spazio ad ipotesi di riscatto.
L’ultimo obiettivo, in questo frangente, è lo Sri Lanka e in questi giorni il Parlamento è in fibrillazione per le pressioni che arrivano dagli USA.
La MCC vuole vincolare il governo di Colombo ad un accordo con il quale si prevede l’erogazione di 480 milioni di dollari con lo scopo dichiarato di ridurre la povertà e migliorare le condizioni economiche dei cingalesi, ma ovviamente le reali finalità vanno cercate altrove e le accuse degli oppositori interni al progetto hanno disvelato che gli Usa vogliono mettere le mani sul porto di Trincomalee.
Il porto di Trincomalee, che affaccia sull’Oceano Pacifico in posizione strategica unica, ha anche la caratteristica di essere accessibile da tutte le imbarcazioni e in tutte le condizioni atmosferiche possibili.
Gli inglesi, che avevano assoggettato lo Sri Lanka a loro colonia, lo avevano definito come “il porto più bello del mondo … il più prezioso possedimento coloniale del mondo, dando al nostro impero indiano una sicurezza che non aveva goduto altrove”.
Ora quel porto lo vogliono gli americani, e 480 milioni per gli Usa sono un prezzo irrisorio mentre per i cingalesi sono una cifra irrinunciabile.
Nei piani di sviluppo presentati al Governo cingalese si prevede che il MCC abbia potestà esclusiva su un corridoio economico che collega la capitale Colombo con il porto Trincomalee, un area di 1,2 milioni di acri che dividerà in due parti l’isola, lasciando fuori dal corridoio economico i distretti a nord e a sud, creando ulteriori disparità e acuendo le tensioni sociali nel Paese.
Eppure il reddito pro-capite dei cingalesi è tra i migliori dell’Asia minore, negli ultimi anni il turismo è cresciuto in maniera esponenziale, e a ben vedere i distretti destinatari del progetto MCC di contrasto alla povertà, sono i distretti meno poveri del Paese, mentre i distretti più disastrati sono esclusi dal progetto di sviluppo.
Assistiamo al solito copione: attentati contro la popolazione civile ad opera di terroristi locali finanziati dall’estero, disordini istituzionali, classe politica locale in scontro frontale, insomma tutti gli ingredienti necessari affinché il controllo del Paese possa essere preso da una potenza straniera.
Le mire sullo Sri Lanka sono cinesi, indiane e statunitensi.
Ora è la volta degli Usa che per prendere il dominio di un Paese o lo bombardano o lo comprano.
Ai cingalesi è andata bene, si sono evitati i bombardamenti.
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