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La Spagna rimane in stallo, ma avanza l’estrema destra

Ore 21.20. Con un quarto delle schede scrutinate, il quadro sembra confermare le indicazioni dei sondaggi all’uscita dei seggi. IL Psoe è proiettato verso i 121 seggi, i popolari verso gli 81, mentre i neofascisti di Vox sembrano per ora meno “travolgenti” di quanto previsto (46 seggi, invece che quasi 60). Podemos sembra limitare le perdite, con 32 seggi (sui 34 precedenti), mentre appare buona la prestazione delle forze indipendentiste catalane, con l’Erc a 13, JxCat a 8 e la Cup a 3. I baschi del Pnv viaggiano verso i 7 seggi, mentre Euskal Herria Bildu verso i 5.

Ore 20.30. Non c’è soluzione alla crisi politica spagnola, pare. Le quarte elezioni politiche in appena due anni non avrebbero individuato neanche stavolta una maggioranza parlamentare.

I primi exit poll – da prendere come sempre con le molle – assegnano ai “socialisti” del Psoe una maggioranza relativa che li lascia primo partito, ma con un numero di deputati oscillante (secondo le stime) tra i 114 e i 119 (ne aveva 123).

Al secondo posto restano i “popolari”, ossia la destra ex franchista che nell’arco di oltre 30 anni è voluta apparire “moderata”. L’affossamento dell’ex premier Marano Rajoy le ha fatto bene, pare, visto che recupera credibilitò e conquistere tra gli 85 e i 90 seggi (ne aveva 66).

Ma si conferma anche la prepotente avanzata dell’ultradestra parafascista di Vox, che ddovrebbe avere tra i 55 e i 59 seggi (era a 24).

Tracollano i centristi di Ciudadanos, che dovrebbero mantenere solo 14-15 dei 57 seggi fino ad oggi controllati.

In caduta secca Unidos Podemos, che l’incertezza (“ci alleiamo con i socialisti oppure tiriamo un po’ la corda?”) ha allontanato definitivamente dalle pretese anti-sistema dei tempi in cui aveva raccolto politicamente la domanda di cambiamento degli indignados. Forse avranno tra i 30 e i 34 seggi, invece dei 42 attuali.

I catalani di Esquerra republicana (Erc) dovrebbero avere 13 o 14 parlamentari; quelli di JxCat (Junts per Catalunya) 6 o 7, la sinistra radicale della Cup 3 o 4. I baschi moderati del Pnv 6-7, mentre la sinistra di EH Bildu 3 -4. Il CC-Pnc (delle Isole Canarie) 1 o 2.

Stabili gli “altri”, ovvero i partiti che rappresentano le varie nazionalità etnolinguistiche della Spagna.

Se il quadro verrà confermato dallo scrutinio concreto delle schede, la Spagna resta anche stavolta senza maggioranza parlamentare certa. Neanche una di estrema destra (unendo popolari, Ciudadanos e Vox). E da quelle parti, almeno, ancora non conoscono le trasmigrazioni bibliche dei “responsabili” pronti a cambiar casacca, come da noi.

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1 Commento


  • Roberto

    La sciagurata scelta dei conservatori (PP) nel 2006 di impugnare lo statuto di autonomía catalano, poi invalidato dal Tribunale Costituzionale da loro controllato, ha fatto saltare l’equilibrio sorto negli anni della transizione. Questo si basava sull’esistenza di due blocchi, il PSOE ed il PP, appoggiati, a seconda della convenienza, e laddove questi non raggiungessero la maggioranza assoluta, dagli autonomisti catalani e baschi. Rompendo questo equilibrio (ed in conseguenza anche dell’entrata nella scena politica di Podemos, Ciudadano e Vox) si sono venuti a creare due schieramenti non più in grado di dar vita ad una maggioranza di governo. Oggi, a meno non vengano fatte considerevoli concessioni agli indipendentisti catalani (che sono cresciuti anche se di poco), la Spagna è ingovernabile e la possibilità che si vada a nueve elezioni tra qualche mese è molto concreta.

    Bisogna ancora aggiungere, per fare più chiarezza che Vox non è la Lega o l’UKIP ma un partito nostalgico del franchismo, contrario all’aborto, alle politiche di uguaglianza di genere, xenofobo, sostenitore di una ricentralizzazione statale e nemico di quel pluralismo linguistico, che piaccia o no, distingue la Spagna di oggi.

    Vorrei fare una precisazione: Ciudadanos non è precisamente un partito centrista. È un partito che è nato in Catalogna cavalcando il malcontento di quella parte della popolazione contraria al nazionalismo catalano ed all’uso, sempre più diffuso nelle istituzioni, della lingua catalana. Successivamente il grande balzo lo fece nelle elezioni amministrative del 2015 e poi a alle politiche quando conquistò 40 seggi (su 351) ed il 14% dei voti. Da quel momento tuttavia il partito si spostato sempre più a destra facendo del tema catalano l’asse portante del suo discorso politico. Ieri è passato dai 57 seggi delle precedenti elezioni (28 aprile 2019) a 10.

    Infine non è corretto dire che Podemos sia in caduta libera. Ha perso circa l’1.5% dei voti recuperati da Màs paìs di Errejon, ex membro di Podemos. Iglesias ha richiesto giustamente di formare una coalizione con il PSOE e questi ha rifiutato chiedendo un appoggio esterno senza alcuna possibilità di controllo. Farlo sarebbe stato il suo suicidio politico e di Podemos.

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