Il procuratore del distretto meridionale di New York, in un documento presentato negli Stati Uniti, ha rivelato che Juan Orlando Hernández è arrivato alla presidenza dell’Honduras attraverso campagne elettorali finanziate con il traffico di droga.
Nelle prove inviate dal Procuratore al Giudice, è illustrato un “piano criminale più ampio degli accusati (Tony), CC-3 (Pepe) e CC-4 (JOH) per utilizzare il traffico di droga per aiutare a affermare potere e controllo dell’Honduras.“
La cospirazione mirava ad ottenere sostegno dal traffico di stupefacenti per ottenere potere in cambio della fornitura del passaggio sicuro e della protezione ai leader del cartello della droga. Il documento specifica che CC4 (JOH), CC3 (Pepe Lobo) e Tony, si sono basati sui proventi del traffico di droga per finanziare la campagna elettorale del Partito Nazionale.
Il documento del procuratore sostiene che, intorno al 2013, Juan Orlando Hernández (identificato come CC-4 nel documento) si instaurò un rapporto organico tra il Partito Nazionale dell’Honduras e i gruppi di trafficanti di droga del paese.
Una delle testimonianze prese in considerazione dal Procuratore è quella di Alexander Ardon (CW-3), ex sindaco del Partito Nazionale. Secondo le prove, Juan Orlando Hernández si è alleato con Tony Hernández, fratello del presidente considerato dagli Stati Uniti come “trafficante di droga su larga scala”. Alexander non ha più partecipato al processo elettorale, dopo dieci anni di rielezione continua, su richiesta di Juan Orlando Hernández. Le informazioni descritte dal procuratore sono state confermate dallo stesso Juan Orlando Hernández, nelle sue recenti dichiarazioni alla stampa.
La richiesta di Hernández all’ex sindaco, di frenare le sue aspirazioni politiche, era dovuta al fatto che il suo legame con il traffico di droga era stato reso noto dai media e questo era soggetto a controllo pubblico. Tuttavia, ciò non ha causato alcun tipo di indagine contro Tony Hernàndez in quale è anzi riuscito a ottenere protezione ai sensi di un accordo di negoziazione tra Ardon e Juan Orlando Hernandez.
Secondo il documento presentato nei tribunali del distretto meridionale di New York dalla Procura degli Stati Uniti “per garantire tale protezione, CW-3 ha speso altri $ 1,5 milioni in profitti da droghe, al fine di ottenere il sostegno per la campagna presidenziale del CC-4 nella parte occidentale del paese. Dopo il sostegno finanziario del traffico di droga, CC4, come il CC-3 prima di lui, è stato eletto presidente in base, almeno in parte, alle entrate del traffico di droga”.
Successivamente, nel 2014, CC-4 ha restituito il favore a CW-3, licenziando un alto ufficiale di polizia nazionale, a causa delle critiche e delle accuse che l’agente aveva rivolto contro CC-4 e CW-3.
Dati i vari indizi sui legami tra il Partito Nazionale e i gruppi di trafficanti di droga in Honduras, la Procura degli Stati Uniti ha confermato che, “le prove di corruzione politica di alto livello che coinvolgono l’imputato (Juan Antonio Hernández), CC-3 (identificato come Porfirio Lobo Sosa nel documento), il CC-4 e altri trafficanti sono a mmissibili come prova diretta perché sono indissolubilmente intrecciati con i crimini accusati“.
Il documento presentato alla Procura di New York è propedeutico al processo che Tony Hernández, fratello del presidente dell’Honduras, dovrà affrontare per presunti affari e per la produzione e il trasporto di droghe che sono entrate negli Stati Uniti.
Un ex membro delle forze speciali dell’esercito honduregno: fu Hernandez ad ordinare l’assassinio di Berta Cacères.
Un ex membro delle forze speciali dell’esercito honduregno arrivato con la carovana di rifugiati honduregni negli Stati Uniti aveva dichiarato che il processo nel suo paese contro i presunti responsabili dell’omicidio di Berta Cáceres, la nota attivista dei diritti umani e dell’ambiente, assassinata a marzo 2016, è una farsa, perché tra gli imputati non c’è Herzog Arriaga, che apparteneva anche alle forze speciali ma riuscì ad accreditarsi vicino alla leader sociale honduregna per poi ucciderla.
In un’intervista, Benito Juárez de Zapopan, riconosciuto come rifugiato politico negli USA, ha mostrato documenti che lo hanno identificato come ex membro dell’esercito honduregno ed ha affermato che l’omicidio fu ordinato dal presidente del suo paese a quel tempo, Juan Orlando Hernández, prima che Berta Cáceres annunciasse pubblicamente la sua intenzione di fermare il progetto idroelettrico di Agua Zarca. Berta Cáceres, da leader riconosciuta dai contadini, era nel mirino del presidente Hernández da quando quest’ultimo salì al potere nel 2014, e la fece spiare non solo per la sua opposizione all’energia idroelettrica, ma anche per quella ai progetti minerari.
Benito Juárez de Zapopan dichiarò di essere stato imprigionato per ordine di Hernandez insieme ad altri 18 ex militari delle forze speciali perché conoscevano la vera storia e che, dopo essere stato liberato, riuscì ad ottenere l’esenzione dall’esercito e ad approfittò così della” carovana” per fuggire dal suo paese.
L’ex ufficiale militare ha affermato che Arriaga si spacciò come attivista fino a quando non ottenne la piena fiducia di Berta Cáceres. Lo fece insieme ad un altro uomo, di cui non si conoscono i dati, riuscendo così ad entrare nella casa di Berta, situata nella sua città natale di La Esperanza, nel dipartimento di Intibucá ed in cui le sparò sparato i sei colpi d’arma da fuoco che la uccisero.
A causa delle pressioni internazionali, l’Honduras avviò un processo contro otto sospetti coinvolti, ma Arriaga non figurò mai tra gli imputati.
Bertha Zuniga Cáceres, Bertita, figlia delle leader indigena lenca del COPINH e Goldman Prize 2015, assassinata nella sua casa a La Esperanza nella notta tra il 2 e il 3 marzo del 2016 è stata recentemente in Italia con la sorella Laura, per partecipare a una serie di iniziative pubbliche promosse dal Collettivo Italia Centro America (Bolzano, Padova, Mestre, Milano e Calabria).
Il fantasma di Berta turba i sonni dell’establishment hondureño e le richieste della famiglia e del COPINH, a tre anni e tre mesi dall’omicidio, continuano a spaventare il potere: chiedono giustizia, rivendicano l’esigenza di individuare i reali mandanti del crimine, sottolineano come a sei mesi dalla sentenza di condanna nei confronti dei sette autori dell’omicidio non sia stata ancora depositato la sentenza.
“Una sentenza che non potrebbe che evidenziare e mettere nero su bianco il legame tra coloro che sono stati condannati e la DESA, l’impresa che sta costruendo la centrale idroelettrica ‘Agua Zarca’ sul rio Gualquarque, vicino alla comunità lenca di Rio Blanco, associata al COPINH”.
In una delle tappe della sua visita in Italia, “Bertinha” è stata intervistata dalla rivista Altra Economia. Ecco il testo dell’intervista:
Perché questa condanna non basta?
BZ È solo una cortina di fumo: il problema, per noi, è che coloro che hanno pianificato e finanziato il suo omicidio e gli attacchi permanenti nei confronti del COPINH sono ancora impuniti. Berta Cáceres e tutto il popolo lenca lottavano per una causa, ma a oggi non si è preso alcun provvedimento per cancellare la concessione idroelettrica del progetto “ Agua Zarca”, anche se ci sono elementi chiari e azioni giudiziarie in corso da cui emerge che quell’atto è figlio della corruzione. Per questo, riteniamo che non ci sia stato alcun passo in avanti, nonostante un processo che ha avuto grande eco: per questo non possiamo abbassare le braccia, smettere di protestare in questo momento.
Perché il progetto “Agua Zarca” non viene fermato?
BZ Perché nonostante le azioni legali, e le denunce anche a livello internazionale, questa concessione a Rio Blanco è diventata una battaglia emblematica. Rinunciarvi creerebbe un precedente per il governo e per tutto il sistema di potere che regge l’Honduras. Perché il tema non è solo la concessione, ma anche la violenza, la guerra che si manifesta contro i popoli indigeni per interesse economico, anche quando si parla di energie rinnovabili.
La popolazione di Rio Blanco continua a ricevere minacce e nelle ultime settimana il COPINH ha denunciato l’omicidio di due giovani della comunità: l’interesse è anche sulle terre comunitarie, privatizzate per garantire l’installazione dei macchinari necessari a DESA per la realizzazione del progetto. La violenza nella comunità di Rio Blanco e in quelle vicine non potrà essere fermata finché non ci sarà giustizia reale, per mia madre ma anche per tutte le altre persone uccise e minacciate.
Sono passati dieci anni dal colpo di Stato del 28 giugno 2009, che rovesciò il presidente Manuel “Mel” Zelaya. Che cosa è successo nel Paese da quel giorno?
BZ Emergono due grandi temi. Da una parte, c’è tutto il processo antidemocratico, legato alla cooptazione di tutte le istituzioni a interessi di natura privatistica, con l’aumento dell’estrattivismo, la repressione, la militarizzazione sociale.
Questo processo caratterizza questi dieci anni: l’oligarchia è sempre più evidente, più potente, ha una maggiore influenza sulla politica.
Dall’altra parte, però, abbiamo assistito ad una crescita continua della coscienza nazionale per la difesa dei diritti fondamentali di tutte la popolazione hondureña. Il potere non ha incontrato la passività della popolazione, ma una condizione di mobilitazione permanente, inaugurata dieci anni fa, che ha creato un processo di presa di coscienza sul potere, che non è solo quello economico e politico, ma anche quello legato al controllo dei media e alla crescita del narcotraffico, un nuovo potere che è determinante per il tema della violenza.
Percepisco un sentimento che non so se definire anti-imperialista o anti Stati Uniti d’America. Tutto questo, nei giorni in cui siamo in Italia, si esprime in una mobilitazione e in uno sciopero nazionale per la difesa della salute e dell’istruzione pubblica, ultimo fuoco di una lotta popolare che ha avuto altri momenti chiave, come quello successivo alla frode elettorale che ha visto la conferenza di Juan Orlando Hernandez alla presidente nell’autunno del 2017.
Abbiamo attraversato dieci anni di forte crisi sociale, il cui emblema è la sottoccupazione (il 62% della popolazione, nel 2018, pur lavorando non guadagna a sufficienza per vivere, ndr). Questa condizione, insieme alla violenza generalizzata, sono le cause principali dei movimenti migratori.
Le “carovane migranti” dell’autunno 2018, dirette al confine tra Messico e Stati Uniti, hanno conquistato l’attenzione dell’opinione pubblica. I media in Europa hanno identificato nelle maras, le bande criminali, il problema principale della fuga di migliaia di hondureñi dal Paese. È davvero così?
BZ Il fenomeno ha molteplici ragioni. La principale è una crisi sociale senza precedenti. La violenza delle bande criminali c’è, ma oggi questi soggetti sono controllati e guidati da militari e paramilitari, soggetti che fanno parte dell’esercito e che si dedicano alla violenza e al crimine.
Un altro elemento, poi, è quello della violenza di Stato e del despojo, il furto di risorse, che ha reso necessario questo allontanamento di massa: un problema che tocca l’ambito urbano e anche quello periurbano, nei centri più piccoli in cui comunque le persone non vivono più della terra. Per questo, di fronte alla disoccupazione o al subempleo (il lavoro malpagato, ndr) la gente è costretto a fuggire al Nord.
Per questo, noi del COPINH continuiamo a batterci perché le comunità contadine possano continuare a vivere e a lavorare le proprie terre. In questi contesti rurali uno può sopravvivere, in condizioni marginali, in una casa di argilla, ma coltivando la terra. Ovvio che in queste zone del Paese non ci sono, oggi, condizioni adeguate di salute ed educazione. Per questo, però, lottiamo per il riconoscimento dei diritti essenziali.
Fonti:
1) LibertadDigitalNews del 18/11/2018;
2) LibertadDigitalNews del 16/11/2019 ;
3) Altra Economia del 19/06/2019.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa