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Scenari per una risposta palestinese a seguito dell’annuncio del “piano Trump”

Finalmente il piano di Trump è stato annunciato e, come previsto, si è rivelato essere una cospirazione volta a liquidare completamente la causa palestinese. Sebbene il piano faccia riferimento a quello che definisce uno “Stato palestinese”, lo fa in modo da renderne la realizzazione praticamente impossibile, poiché subordinata ad un lungo elenco di condizioni inaccettabili per i palestinesi, cosicché tale riferimento non è nient’altro che una cortina di fumo per mascherare l’accordo avvelenato.

Il contenuto dell’accordo divenne chiaro quando gli Stati Uniti riconobbero Gerusalemme capitale di Israele, trasferirono l’ambasciata americana nella città, interruppero il sostegno finanziario all’Autorità Palestinese (AP) e all’Agenzia delle Nazioni Unite per i soccorsi per i rifugiati palestinesi (UNRWA), chiedendo di cambiare la definizione di rifugiato, adottare la narrativa sionista del conflitto, considerare “libera” la terra occupata e legali gli insediamenti israeliani e dare priorità alla sicurezza israeliana su tutto il resto.

La domanda che si pone ora è: quali sono i possibili scenari? E alla luce di ciò, quali sono le migliori politiche che i palestinesi potrebbero adottare al fine di proteggere la causa, i diritti, l’esistenza e la fermezza dei palestinesi stessi nella terra di Palestina?

Possibili scenari

Primo scenario: persistenza della situazione attuale

Secondo questo scenario, la situazione attuale persiste – leggermente migliore o peggiore – mentre continua il lento deterioramento generale, i palestinesi mantengono una posizione di rifiuto del piano USA-Israele, ignorandone l’esistenza e rendendolo così inapplicabile perché non può essere attuato senza un partner palestinese ed è stato rigettato della maggior parte degli arabi e del resto del mondo, inclusa la maggioranza della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti. Tuttavia, tale posizione non sarà efficace senza la formulazione di una nuova strategia in grado di raggiungere gli obiettivi palestinesi.

In questo scenario non vedremo cambiamenti drammatici, come il ritiro del riconoscimento di Israele, la fine del coordinamento della sicurezza e della sottomissione economica, o uno scioglimento dell’AP o il suo crollo. Ci sarà semplicemente un limitato tentativo di modificare le funzioni dell’Autorità Palestinese come parte di una formula vaga senza strategia pratica, un’escalation moderata della reazione delle mosse popolari che porti avanti una strategia di internazionalizzazione e attivi la Corte penale internazionale e la Corte internazionale di giustizia e le risoluzioni delle Nazioni Unite a sostegno dei diritti dei palestinesi.

Questo scenario includerà anche un nuovo dialogo inter-palestinese nella speranza di raggiungere l’unificazione. L’annuncio di un imminente incontro delle organizzazioni a Gaza senza un dialogo nazionale completo e la partecipazione dei leader e dei segretari generali delle organizzazioni riflette un modello nel trattare la questione dell’unità; un modello che non porterà la fine della spaccatura e al recupero dell’unità nazionale.

In questo scenario non è prevedibile lo scoppio di un’Intifada o l’attuazione di un vero boicottaggio di Israele e degli insediamenti, poiché Israele potrebbe sfruttare qualsiasi reazione palestinese per completare la trasformazione dell’Autorità Palestinese in un’autorità civile e amministrativa che fornisce servizi e che non rappresenta le aspirazioni e gli obiettivi del popolo palestinese, non aspira a porre fine all’occupazione, non incarna la lotta per l’indipendenza e non svolge un ruolo politico. Consentirebbe inoltre ad Israele di accelerare l’annessione della Valle del Giordano e degli insediamenti. Il massimo che potremmo vedere è un’attivazione tattica della resistenza popolare, simile a quanto accaduto il giorno in cui fu annunciato l’accordo di Trump.

I sostenitori di questo scenario sostengono che il piano Trump potrebbe non essere attuato rapidamente e che il suo obiettivo è rovesciare e cambiare l’AP e attirare i palestinesi in uno scontro armato o violento per raggiungere tale obiettivo. Citano anche le imminenti elezioni israeliane e le elezioni presidenziali statunitensi una delle quali, o tutte e due, potrebbe portare a cambiamenti radicali come la caduta di Benjamin Netanyahu e della sua coalizione di estrema destra, una vittoria di Benny Gantz e del suo partito di destra, la caduta di Donald Trump e la vittoria di un candidato del partito democratico.

Il punto debole di tale scenario è che tradisce una mancanza di comprensione del fatto che l’essenza del piano Trump è il rafforzamento dell’occupazione, l’accettazione di quanto ha già creato e una spinta a nuovi atti che porteranno ad una realtà che nessun governo israeliano o nuova amministrazione statunitense potranno ignorare. Questo potrebbe non accadere per ogni aspetto, ma accadrà sicuramente per le questioni di base come dimostra il fatto che Gantz ha accettato il piano americano durante l’incontro con Trump e ha anticipato Netanyahu chiedendo che venga sottoposto alla Knesset per la ratifica. Inoltre, la formazione di un governo israeliano di unità è diventato più probabile di prima.

Il Congresso degli Stati Uniti ha ratificato la delocalizzazione dell’ambasciata a Gerusalemme quasi all’unanimità già nel 1995 e si è impegnato a dare la priorità alla sicurezza israeliana, liquidando la questione dei rifugiati e autorizzando l’annessione israeliana di alcune aree occupate. I democratici, tuttavia, vogliono che ciò avvenga nell’ambito di un processo politico che prevede la partecipazione internazionale.

Le reazioni palestinesi finora indicano chiaramente che questo è lo scenario più probabile, nonostante la maggiore incidenza della crisi e scontri israelo-palestinesi entro limiti che non saranno superati. Se Israele intraprende rapidamente un nuovo attacco su larga scala a Gaza, annette contemporaneamente, o in un breve lasso di tempo, la Valle del Giordano e gli insediamenti, le probabilità di questo scenario diminuiranno.

Il secondo scenario: un cambiamento nell’attuale politica palestinese

Questo scenario si basa su un sostanziale cambiamento nelle politiche che i palestinesi hanno seguito, arrivando così ad un confronto israelo-palestinese. Vedremo crescere la forza dei movimenti palestinesi, popolari e politici, e questo potrebbe portare ad un’intifada che potrebbe essere preceduta o accompagnata da progressi nei tentativi di raggiungere l’unità nell’AP e nell’OLP. In alternativa, un accordo inter-palestinese potrebbe essere limitato a una strategia unificata per affrontare i rischi senza porre fine alla frattura. In entrambi i casi, ciò susciterà una reazione israeliana che potrebbe portare alla liquidazione e al collasso dell’AP e all’azione militare contro Gaza. Tuttavia, in tale eventualità, un OLP unificato fornirebbe un’alternativa all’AP.

In questo scenario, vedremo una riattivazione dell’OLP, alla quale saranno ammesse le fazioni che, ad oggi, rimangono al di fuori di essa. Ci sarà un arresto al coordinamento della sicurezza con Israele, il riconoscimento di Israele verrà ritirato e verranno prese misure per porre fine alle relazioni subordinate con Israele.

Questo scenario è quello preferito dai palestinesi, ma è improbabile, perché il presidente e la leadership non ci credono o sono impreparati a pagare il prezzo che comporterebbe. Inoltre, Hamas e, in una certa misura, il movimento di al-Jihad, mancano di un’alternativa pratica integrata a tutto ciò che il presidente dell’AP rappresenta perché sono imprigionati nella Striscia di Gaza, e bloccati dalle alleanze e aspettative regionali di cambiamenti che potrebbero verificarsi o meno o che potrebbero arrivare troppo tardi. Inoltre, Hamas spera nel successo dei colloqui indiretti con Israele, volti a raggiungere un’intesa sulla riduzione dell’escalation in cambio di una mitigazione del blocco, nella speranza di arrivare ad una tregua a lungo termine e alla fine del blocco.

Decenni di vita sotto occupazione, l’accordo di Oslo e la spaccatura politica palestinese hanno creato un ambiente politico, economico, sociale e culturale che rende difficile per la parte palestinese ribaltare la situazione attuale e cambiare rotta. Pertanto resisterà con forza al verificarsi di tale scenario fintanto che una politica di attesa rimarrà il quadro principale che disciplina le politiche e il comportamento della leadership, dell’AP e delle forze palestinesi di base.

Le possibilità che tale scenario non si verifichi sono rese maggiori dal fatto che la sinistra palestinese è debole e frammentata, priva di un’alternativa pratica e con un ruolo secondario e non ci sono nuovi gruppi abbastanza forti da cambiare direttamente la struttura di potere palestinese esistente.

Inoltre, influenti poteri regionali e internazionali stanno esercitando pressioni per evitare il realizzarsi di tale scenario. Alcuni paesi arabi hanno persino partecipato alla conferenza di Washington tenuta per annunciare l’accordo, e altri influenti paesi arabi hanno invitato la leadership palestinese a riprendere i negoziati sotto la sponsorizzazione dell’amministrazione Trump e nel contesto del suo piano per liquidare la causa palestinese.

Le strategie politiche palestinesi prima dell’accordo di Oslo e in seguito, in particolare quelle a seguito dell’assassinio del presidente Yasser Arafat, hanno trasformato i palestinesi in facili prede per i loro nemici e li hanno privati ​​di tutti i punti di forza che avrebbero potuto essere usati come tattiche di pressione contro i loro nemici. Non ci sono alternative, perché le alternative possono essere costruite solo sul lungo periodo e non arrivano dal cielo. Pertanto, la strada per la salvezza sarà un processo relativamente difficile, complesso e lungo.

Terzo scenario: gruppi e singoli individui si occupano del piano Trump

In questo scenario, gruppi e individui iniziano a interagire con l’accordo di Trump con il pretesto che è l’unica attuale prospettiva e l’unico modo per beneficiare dei miliardi che sono stati stanziati per la sua attuazione. Ciò potrebbe portare fino ad un colpo di stato contro il presidente e la sua posizione, a rovesciarlo o contenerlo o costringerlo ad accettare il piano, o alcuni dei suoi punti, senza necessariamente approvarlo nella sua interezza. Probabilmente, il periodo di quattro anni indicato dal piano come periodo di tempo per la creazione di uno stato palestinese potrebbe trasformarsi in una tentazione, una volta che l’assenza di alternative all’accordo diventerà chiara.

La probabilità che si verifichi questo scenario aumenterà se i paesi arabi sosterranno il piano con il pretesto della necessità di vedere il bicchiere mezzo pieno, prendere ciò che viene offerto e chiedere il resto. Le possibilità che si verifichi questo scenario saranno rafforzate se Netanyahu e Trump vinceranno le prossime elezioni e si formerà un governo di unità nazionale in Israele. Se entrambi perdono le elezioni, le sue probabilità si indeboliranno.

La debolezza di questo scenario è che comporta la legittimazione palestinese del piano di liquidazione di tutti i diritti palestinesi in cambio del raggiungimento di interessi individuali, settari, tribali e regionali. Inoltre, la stragrande maggioranza del popolo palestinese, le sue forze politiche e le strutture popolari si rifiutano di accettare il piano Trump.

Conclusione:

Sebbene i tre scenari di cui sopra siano quelli che hanno una probabilità di presentarsi del 90% date le circostanze attuali, potrebbero entrare in gioco altri fattori e sviluppi e alterare la probabilità di ogni scenario. Potrebbero anche emergerne di nuovi, come un’enorme crisi economica globale seguita da una guerra mondiale, in particolare tra Cina e Stati Uniti, come molti ricercatori e centri di ricerca si aspettano. Oppure potrebbe scoppiare una guerra della coalizione USA-Israele, una guerra USA o una guerra israeliana contro l’Iran e i suoi alleati. Oppure il presidente Mahmoud Abbas potrebbe essere rovesciato, morire improvvisamente o contrarre una malattia incurabile.

Nonostante tutte le difficoltà e le deboli aspettative, è necessario giungere al secondo scenario. Se ciò non può avvenire, deve essere fatto tutto in possibile per impedire il verificarsi del terzo scenario che può essere descritto solo come una resa mascherata da slogan come “salvare ciò che può essere salvato”, “qualcosa è meglio di niente” e “niente di meglio di ciò che esisteva è possibile. “

* Comitato Politiche presso il Centro Masarat 30 gennaio 2020

Traduzione a cura di Bassam Saleh

Note del traduttore:

1)      L’articolo è stato scritto prima della riunione dei ministri degli esteri arabi che hanno rifiutato il piano Trump. Idem per i ministri degli esteri dei paesi islamici e per l’Unione Africana.

2)      Va ricordato anche la posizione della commissione dell’Unione europea che ha rifiutato il piano indicando la legge internazionale e le risoluzioni Onu come base per un dialogo tra le parti.

3)      Idem la posizione della Russia.

4)      All’articolo manca la proposta palestinese di un conferenza di pace, che veda la partecipazione di tutti i componenti del consiglio di sicurezza e dei rappresentanti Arabi ed europei, per l’attuazione delle risoluzioni dell’Onu e del consiglio di sicurezza in merito alla questione palestinese.

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