C’è un paese europeo che sta messo peggio dell’Italia quanto a crisi economica, ed è la Germania. La produzione industriale in Germania è crollata nell’ultimo mese del 2019 del 3,5% rispetto a novembre e del 6,8% rispetto a dicembre 2018. Nel settore delle costruzioni il calo è stato dell’8,7%. Stessimo parlando del nostro Paese, si griderebbe al disastro (e lo è).
E c’è un paese europeo in cui la crescita della destra neofascista viene “accolta e accompagnata” dal partito dominante, che arriva a stringerci alleanze di governo. E’ sempre la Germania, non a caso.
Ha fatto in un attimo il giro del mondo la notizia che, nel land orientale della Turingia, Thomas Kemmerich, del partito liberale Fdp, è stato eletto presidente con i voti del suo partito e della Cdu, ma con l’aiuto determinante di Alternative fur Deutschland (AfD), partito xenofobo e parafascista.
E’ infatti la prima volta nella storia delle Repubblica Federale del dopoguerra che viene infranta la regola dell’esclusione dei gruppi “nostalgici” da qualsiasi accordo di governo, a qualunque livello (dallo Stato entrale alle amministrazioni comunali).
In più, proprio in Turingia domina l’ala più dichiaratamente neonazista dell’Afd, capeggiata da Bjorn Hoecke, definito “fascista” con una pronuncia della Corte suprema.
Proprio questo soggetto infame era il capolista dell’Afd, primo degli eletti, e dunque qualsiasi “accordo” è stato secondo logica fatto stringendogli la mano.
Peggio ancora. In Turingia questo “accrocco” è stato possibile solo perché il partito di maggioranza – Die Linke, con il 31% – non ha trovato alleati per formare un governo regionale guidato dal premier uscente Bodo Ramelow.
Inevitabilmente, questo “scivolone” è stato interpretato come un cedimento alle ragioni della “tattica locale” (eleggere un presidente) come prevalente sulle ragioni di principio e costituzionali.
Angela Merkel, premier e vero leader dei democristiani della Cdu (anche se ha lasciato la carica di presidente del partito), ha immediatamente risolto l’”incidente” sconfessando l’operato dei suoi consiglieri in Turingia e costringendo perciò Kemmerich alle dimissioni.
Il Land si avvia quindi a nuove elezioni, ma la crisi politica nazionale che si è aperta rivela tutta la fragilità attuale dell’assetto politico in Germania. Se fa di queste cose la Cdu, infatti, cade il pilastro che regge la retorica – e solo quella – della “lotta ai populismi sovranisti”, che sarebbe ora chiamare con il loro vero nome: nazionalismo revanscista (la “sovranità”, come detto altre volte, è insopprimibile; si tratta “solo” di vedere se è “del Popolo”, dei “monarchi” o “dei mercati”).
Sia tra i liberali che nella Cdu c’è praticamente il caos. Nessuno, ai vertici nazionali dei due partiti, si vuol assumere la responsabuilità pubblica di un accordo poi bocciato dalla Merkel (in quel momento in Sudafrica): “E’ stato un brutto giorno per la democrazia. La Cdu non può far parte di un governo che ha l’appoggio esterno della Afd”, questo “ha infranto i valori e i principi” del partito.
Ma la vicenda mette in crisi anche i “socialdemocratici” della Spd, che fanno parte del governo di coalizione (GrossKo) proprio con la Cdu. All’interno della Spd l’ala sinistra preme per l’uscita dal governo, o comunque prova a scalzare ciò che resta del gruppo dirigente “realos” e subordinato alla Cdu.
In fibrillazione anche i Verdi, che sembrano sempre sul punto di aderire a una coalizione di governo con la stessa Cdu, sostituendo proprio i socialdemocratici. Nei sondaggi, addirittura, i Verdi vengono dati vicinissimi al partito della Merkel (21% contro il 25% della Cdu), ma è chiaro che “lo scandalo Turingia” rende molto più difficile e impopolare questa operazione. Come si fa a fare un governo “più progressista e ambientalista” insieme ad un partito che non ha più la forza di mantenere il “cordone sanitario” antifascista?
Al di là delle considerazioni puramente tattiche, infatti, appare evidente che la crisi sociale e politica tedesca stia giungendo a un punto di rottura. La cosa grave del “patto scellerato” nel Land ex Ddr è proprio che sia stato considerato “possibile”, anche se è durato soltanto un giorno.
Vuol dire che c’è una fetta considerevole dell’establishment conservatore tedesco ormai pronto a fare ciò che iun Italia è stato fatto dai tempi dell’apparizione di Berlusconi: sdoganare il fascismo e i suoi eredi.
Solo che l’Italia è un paese in declino e con una “classe politica” da avanspettacolo, ormai. La Germania, ahinoi, non proprio…
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prowall
Intanto dividiamo i risultati economici da quel voto. Quello è stato il tentativo riuscito di vedere sul campo i veri rapporti di forza. Nessun movimento popolare ma soltanto una lotta di fazioni del vertice borghese ha fatto fare un passo indietro. Che comunque si tradurrà in un diverso posizionamento delle suddette fazioni di vertice. Mentre l’economia comincia a fare i conti con la struttura marxiana.
Mi aspetto soltanto che devino la ‘colpa’ai pigrioperaidelleurooadelsud’.