Lettera di un infermiere francese
Pubblichiamo la lettera di un anonimo infermiere, anestetista di un ospedale pubblico francese. Una risposta chiara e diretta al Presidente Macron e alla sua retorica militare, a quel lessico e a quell’impostazione militare nei suoi discorsi pubblici che fanno appello all’Union Sacrée del popolo francese per far fronte all’epidemia da Coronavirus.
L’enfasi morbosa con la quale autorità pubbliche e politiche si riferiscono al personale sanitario “in prima linea”, per cui medici ed infermieri sono tutti “eroi” o “bravi soldati”, contrasta visibilmente e concretamente con la realtà in molti ospedali pubblici, in particolare nei reparti di terapia intensiva: mancanza di medicinali, scarsità di attrezzature, penuria di camici e mascherine.
Tutto ciò a causa delle politiche di austerità e per responsabilità di quei politici che le hanno professate ed attuate senza scrupoli, senza contezza dei danni sociali per milioni di persone.
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Sono un infermiere anestesista dell’ospedale pubblico e da diverse settimane mi trovo a dover affrontare la nostra disastrosa gestione del Covid-19. Ma quello che mi affatica, mi irrita di più non è il cambiamento permanente dell’organizzazione, gli orari, non è il fatto di ritrovarsi con dei pazienti in uno stato di sofferenza e prossimi alla morte. Tutto ciò, lo vivo da diversi anni. Quello che mi esaurisce è tornare a casa e sentire le autorità, il nostro presidente, ricordarsi che noi esistiamo e fare un discorso che non ha nulla a che fare con quello che stiamo passando.
Voglio dire al Presidente che no,
Sono un operatore sanitario ma non in guerra, perché non avrei mai accettato di andare in guerra con un presidente che, come i suoi predecessori e da anni ormai, ha ridotto la nostra capacità di assistenza: abbiamo meno letti per i pazienti, meno personale sanitario per assisterli. Le nostre attrezzature sono obsolete, la nostra formazione si è deteriorata a livello pratico, perché non abbiamo personale per formare alla pratica gli studenti-infermieri che vengono nei nostri ospedali.
Sono un operatore sanitario ma non in guerra, perché non avrei mai accettato di andare in guerra senza armi; niente o poche maschere chirurgiche, ancora meno maschere FFP2, pochi gel idroalcolici, pochi test, niente tute, niente respiratori per tutti.
Sono un operatore sanitario ma non in guerra, perché non avrei mai accettato di andare in guerra con una tale inferiorità numerica. C’è carenza di operatori sanitari, di quelli veri, di infermieri, di inservienti, di ASH, di medici. Capi, vice-capi e grandi capi, ce ne sono tantissimi, confinati in uffici, che certamente lavorano in riunioni interminabili, per elaborare nuovi protocolli. Ma questi sono impossibili da realizzare perché tutte queste persone sono scollegate dalla realtà del lavoro degli operatori sanitari.
Sono un operatore sanitario ma non in guerra, perché non avrei accettato di andare in guerra senza alleati. Dov’è questa bellissima intesa europea? Abbiamo lasciato morire gli italiani, li abbiamo guardati morire con profondo sgomento e abbiamo pregato che non accadesse a noi. E ora i paesi europei sono arrivati a rubarsi gli ordini di attrezzature dagli altri paesi. E anche a livello francese, la regione di Parigi e il Grand-Est sono alla saturazione da 3 settimane, mentre gli ospedali altrove sono pieni al 40%.
Appena una settimana fa, molti del mio ospedale si giravano i pollici in attesa dell'”ondata”, mentre guardavamo impotenti i nostri colleghi di queste regioni allo stremo. (E anche così, non siamo nemmeno al 50% della nostra capacità massima).
D’altra parte, signor Presidente,
Sono un operatore sanitario ma ho paura, paura di andare al lavoro, paura di rischiare di contaminare me stesso, mia moglie, i miei figli e gli altri pazienti. Di immaginare che la persona che ha difficoltà a respirare, la persona che può respirare solo grazie ad un ventilatore, possa essere io o mia moglie, che è anche infermiera e ha ancora meno accesso ai dispositivi di protezione di me.
Sono un operatore sanitario ma sono coraggioso, coraggioso nell’affrontare le mie paure, per uscire e per occuparmi dei pazienti che non stanno bene, che soffrono e che temono il peggio. Per chiamare le famiglie per dare loro notizie del proprio parente ricoverato in ospedale.
Sono un operatore sanitario ma sono umile, perché venendo trasferito in servizi di rianimazione o in unità di terapia intensiva che non conosco, anche con un livello di istruzione superiore a quello degli infermieri già in servizio, mi trovo in grande difficoltà quasi come quando ero studente. Imparo dai miei nuovi colleghi.
Sono un operatore sanitario ma sono stanco. Mi si accumula la fatica fisica e psicologica del mio lavoro. Lavoro intere ore, giorni e notti, e poi torno a casa dai miei figli. Mi ridanno energia, con la loro gioia e la loro spensieratezza, ma quello che vorrei anche è potermi riposare di più.
Sono un operatore sanitario e sono felice. Felice di vedere la solidarietà tra il personale dell’ospedale. Questi colleghi, amici che si dedicano a dare sollievo a chi sta male. Questa solidarietà anche con la popolazione, che ci applaude, che ci fa arrivare anche cibo al lavoro.
Sono un operatore sanitario ma lo relativizzo, ho un giardino e un salario che arriva ogni mese. Per quanto la mia vita sia difficile in questo momento, non cambierei il mio posto con quello di un negoziante, di un lavoratore autonomo, di un artigiano… Tutte queste persone che vivono con il reddito del loro lavoro che non hanno più. Né scambierei il mio posto con chi è confinato in un appartamento di 40 m2 con moglie e figli. La mia stanchezza e le mie paure, non sono nulla in confronto a quello che loro stanno passando.
Sono un operatore sanitario ma non dimentico. Solo pochi mesi fa ero in sciopero. L’intero personale sanitario dava l’allarme sul declino del sistema ospedaliero. Ma non siamo stati ascoltati. Naturalmente vorrei uno stipendio più alto, ho 20 anni di anzianità, un diploma di istruzione superiore di 5 anni e guadagno 2.300 euro al mese.
Ma le nostre richieste sono molto più che uno stipendio, sono per un maggior numero di infermieri e medici. Personale sanitario, non manager, vice-capi e grandi capi, non personale amministrativo con i loro fogli di calcolo Excel che ci dicono come lavorare.
Ma il personale sanitario che è a contatto con i pazienti. Quelli che sono là quando il paziente soffre, fa domande, ha bisogno di essere lavato, cambiato, rasato, accompagnato, rassicurato, ascoltato e non solo medicato. Tutto questo tempo di lavoro che non viene preso in considerazione nelle tabelle Excel, perché per loro è necessario “ottimizzare le cure”.
Tutti questi scioperi, noi del personale sanitario, ma anche gli altri movimenti di sciopero, dei trasporti, dei Gilets, hanno avuto come risposta solo una fin de non-recevoir, perché lo Stato deve risparmiare… austerità ed ancora austerità. Vorrei sapere quanto lo Stato avrà “risparmiato” dopo tutto questo.
Quindi, signor Presidente, se lei volesse rendere tutti consapevoli dell’importanza di rimanere confinati, piuttosto che usare un questo lessico militare, avrebbe fatto meglio a presentare le previsioni dei decessi con e senza confinamento. Avreste fatto meglio a presentarvi in pubblico con una maschera protettiva e a dare l’esempio. Avreste fatto meglio a rimandare le elezioni comunali. Il vostro discorso non può essere ascoltato se è incoerente.
Infine, signor Presidente, la ringrazio per essersi finalmente preso cura del popolo francese, perché dopo più di un anno di manifestazioni dei Gilets Jaunes, di scioperi, un tasso di disoccupazione vicino al 9%, un numero sempre crescente di lavoratori poveri, pensavo che lei fosse diventato sordo al popolo francese.
Sono un operatore sanitario.
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Marco
2300 euro al mese! Non credo che da noi gli infermieri abbiano uno stipendio simile! È oltre a ciò , la nostra sanità è messa sicurament peggio di quella francese, come tutto il cosiddetto welfare. state.