La recente rimozione, a Praga, del monumento al maresciallo sovietico Ivan Konev, liberatore della città nel 1945, proprio alla vigilia del 75° anniversario della vittoria sul nazismo, ha offerto lo spunto al compagno Andrej Kočetov, della direzione dei Sindacati di Lugansk, per una riflessione sul tema dell’atteggiamento di varie capitali europee nei confronti della storia.
In due parole, il merito di Ivan Konev – reparti del 1° Fronte ucraino al suo comando avevano liberato il campo di Auschwitz il 27 gennaio 1945 – nei confronti di Praga, fu quello di averne impedito la distruzione da parte delle truppe naziste.
Oggi, si tenta di presentare la liberazione di Praga come opera di piccoli gruppi di insorti male armati e dei collaborazionisti russi del generale Andrej Vlasov (i vlasovisti, che prima avevano tradito l’URSS, poi, tradendo i tedeschi, cercavano il perdono sovietico). In realtà, essi avrebbero potuto fare ben poco contro il raggruppamento tedesco, forte di quasi un milione di uomini. Grazie alle truppe di Konev, invece, Praga, ultima capitale europea liberata, il 9 maggio 1945, rimase intatta.
Nel 1980 i praghesi eressero un monumento a Konev. Se un monumento è difficile da demolire, scriveva lo scorso 8 aprile Aleksandr Šeffner sul sito israelperson.co.il, “entrano in azione i vandali, che lo sporcano di vernice, cercano di romperlo e danneggiarlo. I vandali non vengono mai arrestati, perché le loro azioni fanno comodo alle autorità, che possono così nascondere il monumento danneggiato, coprendolo per molto tempo con teloni, prima di ripulirlo. Un altro modo di schernire i monumenti, è quello di apporvi targhe, con ‘informazioni’ che rivedono le valutazioni storiche. Ad esempio, nella targa collocata vicino al monumento praghese, Konev era definito ‘soffocatore della rivoluzione ungherese del 1956’ e uno di coloro che repressero la ‘primavera di Praga’ nel 1968. È curioso notare come, accanto a nessuno dei monumenti dedicati agli americani ci siano informazioni che ricordino come il generale Eisenhower, comandante delle forze statunitensi in Europa, avesse poi inondato di sangue la penisola coreana, massacrando centinaia di migliaia di civili”.
I rapporti di militanza e di amicizia che legano Andrej Kočetov a tanti compagni italiani, che anche in altre occasioni hanno letto i suoi contributi su Contropiano, ci spingono a presentare la sua riflessione sul tema.
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La demolizione dei monumenti ai soldati sovietici liberatori rappresenta un segno di “amnesia storica” da parte degli europei
La negazione dei risultati della Seconda guerra mondiale e la mancanza di rispetto per la memoria dei soldati-liberatori sovietici in una serie di paesi europei provoca, quantomeno, perplessità. È facile rimodellare la storia; ma la domanda è: a cosa porterà tutto ciò? I politici russi hanno ripetutamente mostrato un atteggiamento negativo nei confronti della mancanza di memoria storica da parte degli europei, ma tutte le note di protesta rimangono inascoltate: il processo di smantellamento dei monumenti non si ferma.
Un tentativo di far sentire la propria voce all’opinione pubblica mondiale è stato fatto dal Presidente del sindacato dei lavoratori delle piccole imprese innovative della Repubblica popolare di Lugansk, Andrej Kočetov. La sua opinione è stata pubblicata in lingua inglese da un sito web australiano, ha scritto Olesja Zimina su Gazeta Respublica nel presentare l’intervento di Andrej.
Negli ultimi anni, un’epidemia di “disattenzione” si è diffusa tra le élite pro-governative dei paesi dell’Europa orientale: un’epidemia di “amnesia storica”. Già da molto tempo, i Paesi baltici hanno trasformato l’odio per il proprio passato sovietico in una merce di scambio, per la quale la Vecchia Europa ha pagato molto generosamente, e continua a versare i famosi “trenta pezzi d’argento” ai governi di quei paesi. Bulgaria e Polonia sono state colpite da questa malattia relativamente di recente.
Abbiamo seguito tutti la massiccia demolizione di monumenti. È stato questo il risultato del lungo e minuzioso lavoro della propaganda occidentale, volto a cancellare completamente dalla memoria degli uomini le gesta del soldato sovietico. Quel soldato che non aveva risparmiato la vita per la liberazione dei popoli d’Europa.
Ci sono dati ben noti a tutti, sulle perdite dell’Esercito Rosso sui campi di battaglia dell’Europa orientale:
Polonia: 600.212 uomini;
Cecoslovacchia: 139.918;
Ungheria: 140.004;
Germania: 101.961;
Romania: 68.993;
Austria: 26.006;
Jugoslavia: 7.995;
Norvegia: 3.436;
Bulgaria: 977.
Le ceneri dei nostri combattenti riposano nei territori di questi paesi. E noi, eredi dei soldati della Vittoria, ci attendiamo a ragione rispetto e dignità per le tombe e i monumenti degli eroi caduti, come presuppongono i dettami universalmente accolti della morale umana. Purtroppo, la realtà è diversa…
Per un cinismo particolare si sono distinte le autorità di Praga, che hanno atteso il momento del clamore informativo attorno al coronavirus, per smantellare il monumento al Maresciallo dell’Unione Sovietica, due volte Eroe dell’Unione Sovietica, Ivan Stepanovič Konev.
E se il grado militare e i riconoscimenti sovietici possono non significare nulla per l’odierno filisteo ceco, egli è però comunque tenuto a ricordare quantomeno il fatto che proprio il maresciallo Konev avesse comandato l’operazione offensiva su Praga nel maggio 1945, durante la quale la città fu non solo liberata, ma anche salvata.
All’epoca, gli abitanti della Praga liberata apprezzarono in maniera dignitosa i meriti del Maresciallo, conferendogli il titolo di “Cittadino onorario di Praga”. Com’è che i discendenti di quegli abitanti, a suo tempo liberati, hanno permesso alle odierne autorità di demolire il monumento al comandante-liberatore, proprio alla vigilia del 75° anniversario della Grande Vittoria?
Come può valutarsi l’azione del borgomastro del rione Praga-6, Ondrzej Kolář, che ha diretto la demolizione del monumento? “Degno” di attenzione il particolare cinismo delle sue parole: “L’abbiamo smantellato, perché il maresciallo non aveva la mascherina“. Degrado completo della morale!
Piace credere che le autorità della Federazione Russa non trascureranno il fatto di un così palese vandalismo. Dopotutto, i russi non abbandonano i propri eroi. E lo slogan “Nessuno è dimenticato, nulla è dimenticato“, rimane tuttora patrimonio della memoria di tutto il nostro popolo.
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