Nei giorni scorsi ha lasciato questo mondo Giorgio Bertani.
La sua scomparsa ha trovato spazio sul quotidiano “il Manifesto” e in alcuni post attraverso i Social condivisi da compagni vintage come chi scrive questa. Una morte, sostanzialmente, passata sotto silenzio sintpmatica della colossale opera di rimozione di un patrimonio culturale e teorico che andrebbe salvaguardato, difeso ed utilizzato creativamente e fuori da ogni astratta mummificazione ideologica e dogmatica.
Eppure Giorgio – attraverso la sua casa editrice – occupa un posto di rilievo nella storia dell’editoria indipendente, della ricerca critica collettiva e nell’attenzione, mai banale, alle novità culturali, politiche e pratiche che in un particolare scorcio del Novecento hanno segnato l’epopea della trasformazione rivoluzionaria in Italia e nello scenario internazionale,
La Bertani editore ha pubblicato migliaia di titoli: da tutte le opere teatrali di Dario Fo, ai manuali di controinformazione e lotta di Medicina Democratica, di Psichiatria Democratica fino alla diffusione dei testi dei movimenti rivoluzionari del Terzo Mondo che, in Italia, erano noti solo grazie all’impegno ed alla passione di un altro grande compagno/editore, Giangiacomo Feltrinelli, morto, però, nel 1972.
Le sue collane sono state lette e diffuse ampiamente non solo negli ambienti politicizzati ma trovarono adeguato posto anche nelle librerie ufficiali. Ancora oggi – a distanza di circa 40 anni – diversi libri, editi da Giorgio, sono delle autentiche gemme utili ed ancora spendibili nella indispensabile battaglia delle idee contro la disinformazione deviante del capitale e le sue narrazioni tossiche.
Giorgio pubblicò inediti di Marx, di Rosa Luxemburg, di Mao ma anche imponenti lavori di controinformazione a proposito di istituzioni totali, processi produttivi e le prime trasformazioni urbane che iniziavano a delinearsi in quel periodo. Il suo fiuto editoriale non disdegnò testi che spaziavano nel campo delle arti e della letteratura che fecondavano in quello snodo della storia politica italiana particolarmente stimolante e foriero di innovazioni e rotture.
Nel ’77 – diciotto anni compiuti da poco – ricordo nitidamente l’acquisto del libro “Bologna ’77: Fatti nostri” il quale – a fronte dell’indecente opera di mistificazione ed opacizzazione politica di quello straordinario movimento condotta prevalentemente dall’allora PCI e dai suoi dirigenti piegati alla logica del compromesso storico e delle leggi emergenziali in materia di ordine pubblico – avviò una articolata campagna di verità e giustizia in omaggio alla memoria di Francesco Lorusso caduto sotto i colpi di pistola dei carabinieri.
Quel libro – con il linguaggio di oggi l’avremmo definito un instant book – diffuso a migliaia di copie divenne una sorta di simbolo di una generazione, che iniziava a conoscere i primi effetti della crisi capitalistica, alla quale lo stato rispose prima con una feroce repressione e, poco dopo, con alcune misure di “politiche attive per il lavoro” (il preavviamento al lavoro, la Legge 285).
Interpretare, però, la figura di Giorgio Bertani solo come editore, anche se coraggioso e compagno, sarebbe riduttivo. In una Verona – negli anni ’60 e ’70 – che non si era ancora trasformata in quell’autentico buco nero della reazione che segna – purtroppo – la sua odierna cifra politica e sociale Giorgio Bertani incarnava quella attitudine militante che legava, costantemente, il piano della teoria con quello della prassi.
Infatti Giorgio fu il protagonista, assieme ad alcuni altri compagni, del rapimento, a Milano nel 1962, per quattro giorni, del viceconsole di Spagna per protestare contro la decisione del regime franchista di passare per le armi alcuni antifascisti iberici. Quell’azione – nel tumultuoso contesto di quegli anni – contribuì a determinare le condizioni per fermare l’esecuzione della condanna a morte contro i prigionieri del regime di Francisco Franco. In seguito, Giorgio, anche dopo la chiusura della sua casa editrice, è continuato ad essere una presenza attiva (e simpatica) nei momenti politici della sua città con una particolare attenzione ai temi ambientali.
Chiudendo questo, doveroso, ricordo di Giorgio Bertani pubblico le copertine di alcuni suoi testi, tra le migliaia di lavori editoriali che andrebbero tutti conosciuti, specie dalle giovani generazioni di compagni ed attivisti, i quali sono carichi di un personale valore affettivo che, nonostante i decenni trascorsi, non è andato affievolendosi.
Che la terra sia lieve a Giorgio Bertani ed a tutti gli uomini giusti!
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