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Trump vieta a Corte Penale Internazionale indagini sui crimini di guerra Usa

La questione è grave, non sorprende ma conferma il doppio standard con cui gli Stati Uniti vedono e gestiscono la giustizia internazionale e pretendono l’impunità. E non deve sorprendere che in questo caso ci sia Trump. La stessa linea è stata adottata da tutte le amministrazioni Usa.

Ma in questo è stato un ordine esecutivo quello con cui il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato sanzioni contro le persone coinvolte in un’indagine della Corte Penale Internazionale (Cpi) dell’Aja sui presunti crimini di guerra statunitensi commessi in Afghanistan. Una decisione grave e che ha sollevato polemiche e preoccupazioni in seno alla comunità internazionale circa le possibili ripercussioni che la decisione potrebbe avere.

Il provvedimento, è stato annunciato giovedi dalla Casa Bianca e autorizza in particolare il segretario di Stato, Mike Pompeo, in consultazione con il segretario al Tesoro Steven Mnuchin, a bloccare le attività negli Stati Uniti dei dipendenti della Cpi coinvolti nell’inchiesta avviata nel marzo scorso e ad impedire loro l’ingresso nel paese.

La Casa Bianca ha giustificato la decisione di Trump come parte del suo impegno “per proteggere i militari americani e la sovranità nazionale”, accusando la Cpi di essere “manipolata da paesi avversari” ed evocando, come di consueto e con una strumentalità ormai logorata,  il sospetto di corruzione per la sua procura.

“Gli Stati Uniti – afferma una nota della Casa Bianca – non sono uno Stato membro dello Statuto di Roma ed hanno ripetutamente rifiutato la rivendicazione di giurisdizione della Corte Penale Internazionale sul personale americano. La Cpi fu stabilita per accertare responsabilità in crimini di guerra ma in pratica è un organismo burocratico internazionale, inefficace e che non deve rendere conto a nessuno, che prende di mira e minaccia il personale americano e quello dei nostri alleati e partner”.  Il riferimento è a Israele che, come gli Stati Uniti, rivendica la propria impunità rispetto alle indagini della Corte Penale Internazionale.
La Casa Bianca, afferma che gli Stati Uniti “sono preoccupati dal fatto che nazioni avversarie stanno manipolando la corte penale internazionale incoraggiando queste accuse contro personale Usa. Inoltre abbiamo forti motivi di credere che ci siano corruzione e cattiva condotta ai più alti livelli nell’ufficio del procuratore della corte, mettendo in discussione l’integrità delle sue indagini sui militari americani”.

A rincarare la dose è arrivato anche il segretario di Stato, Mike Pompeo, il quale ha ribadito che gli Stati Uniti non accettano di essere minacciati da una “corte di canguri” e ha definito “una crociata ideologica” e una “persecuzione” quella portata avanti dai procuratori della Cpi.

E’ imbarazzante la replica del tutto inadeguata del portavoce delle Nazioni Unite, Stephane Dujarric, che nel “prendere atto” del provvedimento ha aggiunto che “continueremo a seguire da vicino gli sviluppi su questa vicenda”. La Corte dell’Aja ha espresso “profondo rammarico” per l’annuncio del governo, parlando di “un tentativo inaccettabile d’interferire con lo stato di diritto e con i procedimenti della Corte” e sottolineando che “un attacco contro la Cpi è anche un attacco contro gli interessi delle vittime di crimini atroci, per molte delle quali la Corte rappresenta l’ultima speranza di avere giustizia”.

Si è fatto sentire anche l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea, Josep Borrell, il quale ha dichiarato che la Cpi deve essere “rispettata e sostenuta da tutti”, ribadendo che come Ue “siamo decisi sostenitori” della Corte che gioca “un ruolo chiave nel perseguire i crimini di guerra”. La Corte “deve essere rispettata e sostenuta da tutti.

Viene da chiedersi se una posizione come quella ratificata da un ordine esecutivo della Casa Bianca fosse stata presa da un altro Stato (il pensiero va a Russia o Cina) che gazzarra si sarebbe scatenata. In questo caso invece assistiamo a proteste di estrema debolezza e subalternità sia degli organismi che degli Stati che avocano sempre a se stessi la rappresentazione della comunità internazionale.

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1 Commento


  • Luigi

    Gli Stati Uniti credono di essere la legge e non ritengono di doverla subire. Già si era visto nella tracotanza dell’inabissamento del presunto cadavere di Bin laden. Neanche i più temuti mafiosi possono fare una cosa del genere, ma loro si, garantiscono la loro impunità, sempre e comunque.

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