I “sacrilegi” compiuti ieri nel nostro tempio della democrazia – oh, la povera città profanata e stuprata sulla collina, ecc. ecc. – hanno rappresentato una “insurrezione” solo in senso tragicomico.
Quella che essenzialmente era una grossa banda di motociclisti vestiti come se fossero artisti da circo e guerrieri barbari – incluso il tipo con la faccia dipinta, travestito da bisonte cornuto impellicciato – ha preso d’assalto l’ultimo Country Club rimasto, occupando il trono del vicepresidente Pence, inseguendo i senatori fin dentro la rete fognaria, scaccolandosi e strappando documenti e, soprattutto, scattando un numero infinito di selfie da mandare ai ragazzi che erano rimasti a casa. Diversamente, non avrebbero potuto nemmeno farsene neppure lontanamente un’idea. (L’estetica era in puro stile Buñuel & Dali: «Una sola ed unica regola, assai semplice: non sarebbe stata accettata alcuna immagine che avrebbe potuto contribuire ad una qualche spiegazione razionale di qualsiasi tipo.»)
Ma era successo qualcosa di inaspettatamente profondo: era come se un deus ex machina avesse sciolto l’incantesimo che teneva Trump legato alle carriere dei falchi di guerra conservatori e ai giovani leoni di destra, di modo che loro ambizioni fino al giorno prima erano state frenate dal culto presidenziale.
E ora, era come se fosse stato dato il segnale di fuga dalla prigione, lungamente atteso. Il termine «surreale» è stato usato esageratamente, ma descrive accuratamente quella che è stata l’orgia bipartisan di ieri sera, che ha visto metà dei senatori negazionisti delle elezioni sostenere e far proprio l’appello di Biden per il «ritorno alla decenza», vomitando un’enorme quantità di nauseabonda pietà.
Per essere chiari: il Partito Repubblicano ha appena subito una scissione insanabile. Secondo gli standard del Fuhrerprinzip della Casa Bianca, Pence, Tom Cotton, Chuck Grassley, Mike Lee, Ben Sasse, Jim Lankford, Jim Lankford e persino Kelly Loeffler sono ora dei traditori al di là di ogni immaginazione. Ironicamente, tutto questo permette loro di poter diventare dei possibili e validi candidati alla presidenza in un partito di estrema destra, però post-Trump.
Da quando ci sono state le elezioni, dietro le quinte si sono viste molte grandi imprese e molti mega finanziatori repubblicani tagliare i ponti con la Casa Bianca, come in quello che è stato il caso più sensazionale, nel quale l’istituzione repubblicana per eccellenza – la National Association of Manufacturers – ieri ha chiesto a Pence di usare il 25° Emendamento per deporre Trump.
Di certo, sono stati abbastanza felici durante i primi tre anni del regime, con il colossale taglio alle tasse, con il completo smantellamento della regolamentazione ambientale e del lavoro, e con un mercato azionario alimentato ad anfetamine. Ma l’ultimo anno li ha portati inevitabilmente a riconoscere che la Casa Bianca era assolutamente incapace di gestire la più grande crisi nazionale e di assicurare stabilità politica ed economica.
L’obiettivo è un riallineamento del potere all’interno del Partito insieme ai gruppi di interesse capitalisti più tradizionali, come il NAM (National Association of Manufacturers) e il Business Roundtable, o come la famiglia Koch, che si trova da tempo a disagio con Trump. Ma questo non dovrebbe illudere circa il fatto che i “Repubblicani moderati” siano improvvisamente risorti dalla tomba; il progetto emergente servirà a mantenere l’alleanza di base tra i Cristiani evangelici e i conservatori economici, e presumibilmente si schiererà a difesa della maggior parte della legislazione dell’era Trump.
Dal punto di vista istituzionale, il Senato Repubblicano, con la sua nutrita schiera di giovani talenti, dominerà il campo post Trump e, attraverso una feroce competizione darwiniana – soprattutto, la battaglia per rimpiazzare McConnell – porterà ad una successione generazionale, e questo probabilmente avverrà prima che l’ottuagenaria oligarchia dei Democratici abbia lasciato la scena. (Nei prossimi anni, la più grande battaglia interna sul fronte del post Trump sarà incentrata probabilmente sulla politica estera e sulla nuova guerra fredda con la Cina).
Questo è uno dei lati della frattura. L’altro è più drammatico: i Veri Trumpisti sono diventati, di fatto, un terzo partito, asserragliato come in un bunker nella Camera dei Rappresentanti. Nella misura in cui Trump si auto-imbalsama nelle sue amare fantasie di vendetta, la riconciliazione tra i due schieramenti diverrà probabilmente impossibile, anche se potrebbero verificarsi delle defezioni individuali.
Mar-a-Lago [Residenza di Trump in Florida] diventerà il campo base per il culto della morte di Trump, il quale continuerà a mobilitare i suoi seguaci più irriducibili al fine di terrorizzare le primarie repubblicane e garantire la sopravvivenza di un grosso contingente di irriducibili, tanto alla Camera quanto nelle legislature degli Stati a maggioranza repubblicana. (I repubblicani al Senato, che hanno accesso ad ingenti donazioni da parte delle corporazioni, sono assai meno vulnerabili a simili questioni).
Un domani, gli opinionisti liberali potrebbero tranquillizzarci circa il fatto che, avendo i repubblicani commesso suicidio, l’era di Trump ora sarebbe arrivata alla fine e i democratici sono sul punto di rivendicare la loro egemonia. Naturalmente, dichiarazioni simili erano state fatte anche durante le feroci primarie repubblicane del 2015. C’è da dire che all’epoca sembrarono davvero convincenti.
Ma una guerra civile aperta tra i repubblicani, può servire solo a dare un vantaggio a breve termine ai democratici, le cui divisioni sono state cancellate dal rifiuto da parte di Biden di condividere il potere con i progressisti. Inoltre, sbarazzatisi dalla fatwa elettronica di Trump, alcuni dei senatori repubblicani più giovani potrebbero finire per rivelarsi dei concorrenti ben più formidabili di quanto i centristi democratici non si rendano conto, al fine di accaparrarsi il voto suburbano dei bianchi formatisi nei college.
In ogni caso, l’unico futuro che possiamo essere in grado di prevedere in maniera affidabile, è quello che parla del proseguimento di un’estrema turbolenza socio-economica che rende inutilizzabili tutte le sfere di cristallo politiche.
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