L’edizione speciale della Televisione Cubana dello scorso 28 novembre ha segnato un cambiamento in merito all’esposizione pubblica, da parte del sistema di mezzi di comunicazione dello Stato Cubano, riguardo al progetto statunitense di finanziamento e organizzazione di una nuova controrivoluzione, con il fine di provocare un colpo di Stato “soft” a Cuba.
L’edizione speciale è stata seguita da trasmissioni della Mesa Redonda1, da frammenti del NTV2, programmi di informazione, articoli sul Granma e Cubadebate, come anche ha avuto copertura su diversi mezzi di comunicazione istituzionali. Mai in precedenza le dinamiche di funzionamento di questa nuova controrivoluzione, l’uso organizzato di social network e mezzi di “informazione” digitali, così come gli atti di vandalismo e terrorismo e i retroscena dei loro legami, articolati per la destabilizzazione della società cubana, erano stati sottoposti all’attenzione del popolo in questa forma.
La creazione di una neo-controrivoluzione cubana si rifà agli inizi del decennio del 2000. Esattamente il 14 maggio del 2004, in una riunione tra alcuni agenti della CIA che ebbe luogo nella residenza di uno dei funzionari di quella che all’epoca era l’Ufficio di Interessi degli Stati Uniti a l’Avana, quando si presentò per la prima volta l’idea di dare alla controrivoluzione tradizionale, fino a quel momento finanziata e organizzata a Cuba, un ruolo secondario, tenendo in considerazione il suo ormai noto discredito, e di creare una seconda controrivoluzione con un volto e un discorso nuovo.
Il contenuto di quella riunione e i piani della Central Intelligence Agency lì presentati si conoscono grazie alle testimonianze dello scrittore e giornalista Raúl Capote, che era presente, il quale era stato reclutato dalla CIA per dare impulso alla guerra culturale a Cuba, e che più tardi si rivelerà essere in realtà un agente dei Servizi di Sicurezza dello Stato Cubano.
Questa nuova controrivoluzione avrebbe dovuto trovare le sue risorse umane tra persone, principalmente giovani, che avessero vincoli professionali e sociali con le stesse istituzioni cubane che si pretendeva e si pretende di abbattere. Questo avrebbe garantito un determinato “prestigio” e affinità con settori che, per quanto siano demograficamente minoritari nella popolazione cubana, esercitano una importante influenza sociale per essere creatori di ideologia: giornalisti, accademici e artisti.
Allo stesso modo, reclutare, dare formazione e mettere all’opera su obiettivi specifici alcuni bloggers, che furono identificati a Cuba a partire da una “mappa” della “blogosfera” cubana, come si definiscono l’universo di pagine web personali o di gruppo in internet. Un lavoro di identificazione realizzato nell’anno 2011 da Ted Henken, “studioso” della tematica digitale cubana inviato appositamente dagli Stati Uniti, e che ovviamente non includeva i bloggers che realmente sostengono la Rivoluzione. Henken concentrò il suo lavoro su quei bloggers la cui ambiguità poteva farli ritenere essere propensi all’accettazione ripetuta di inviti a eventi in ambasciate e all’estero. Inviti ed eventi che sempre più rivelavano col tempo i loro evidenti propositi. Inizialmente in Europa, poi direttamente negli Stati Uniti, si fornivano borse di studio in università europee o statunitensi, come quelle di Harvard o della Columbia, per creare o mantenere progetti politico-mediatici su internet a Cuba a partire da fondi ricevuti come parte delle stesse borse di studio.
Parallelamente si lavorava per convertire in figure mediatiche un piccolo gruppo di persone nei settori accademici e intellettuali che rispondessero agli interessi menzionati. Questi si sarebbero fatti carico di essere gli ideologi per l’organizzazione di una controrivoluzione di “sinistra” a Cuba, essendo in realtà una destra mascherata, con una piattaforma socialdemocratica, anticomunista e antifidelista, che però inizialmente non avrebbe dovuto agire apertamente contro il socialismo o contro la Rivoluzione, né contro lo Stato, né contro il Partito Comunista di Cuba e le altre organizzazioni politiche rivoluzionarie.
Quello che fece anni dopo il presidente statunitense Barack Obama nel suo discorso per l’annuncio del ristabilimento delle relazioni diplomatiche con Cuba del dicembre 2014, fu semplicemente esprimere quello che era già stato assunto dalla stessa CIA nella riunione del maggio del 2004: l’utilizzo di una linea dura e aggressiva contro Cuba aveva fallito, ed era necessario ricercare il raggiungimento degli stessi obiettivi con altri mezzi.
Questo progetto ritornerà a mostrarsi in forma esplicita nella Direttiva Presidenziale che sarà firmata tempo dopo dal presidente Obama nella quale si renderà nota l’intenzione di lavorare con la società civile cubana. L’uso, per la prima volta, del termine da parte di un presidente statunitense suggerisce una domanda: con quale società civile? Ovviamente non si trattava delle organizzazioni e delle istituzioni pubbliche esistenti a Cuba, ma invece della società civile virtuale, intendendosi per questa la neo-controrivoluzione che si andava promuovendo su internet e i social network, inizialmente in forma parallela alle organizzazioni sociali cubane, successivamente poi in forma apertamente contrapposta a queste, come parte della strategia in marcia dal 2004.
Per questo, i piani statunitensi, oltre ai finanziamenti della National Endowment for Democracy (NED) e della USAID, fa rientrare Cuba nella lista dei paesi dove opera la struttura finanziaria della Open Society Foundations. Creata dal multimilionario George Soros, questa ha come scopo l’organizzazione di gruppi che sviluppano progetti, utilizzando cause sociali e sui diritti umani, con il fine di lavorare all’abbattimento di governi scomodi, e a operazioni di regime change che portano il romantico nome di “rivoluzioni colorate”. Con una vasta esperienza in paesi dell’Europa dell’Est, come Serbia, Georgia, Ucraina e Bielorussia, e che ha allo stesso modo ha operato nelle cosiddette “primavere arabe”, così come contro processi di sinistra in America Latina. Open Society non agisce sola, lo fa come parte del programma di ingerenza internazionale degli Stati Uniti.
Allo stesso modo si sarebbe lavorato con la controrivoluzione venezuelana, dove fu creato il progetto PROVEA, che rapidamente e con lucidità fu denunciato dai mezzi di informazione Bolivariani.
Nel caso di Cuba fu organizzato nel 2014 quello che chiamarono “Laboratorio di idee Cuba Posible” (Cuba Possibile, n.d.t.), una pagina web con finanziamento della Open Society e altre strutture statunitensi, che si mimetizzava dietro il dibattito e l’esercizio della critica popolare sostenuta dallo stesso Governo Cubano come parte della stesura e implementazione dei Lineamenti3 e l’aggiornamento del modello economico. Approfittando allo stesso modo dell’ambiente di distensione e avvicinamento in quell’epoca tra l’Isola e gli Stati Uniti, furono organizzati vari eventi dentro e fuori Cuba.
Cuba Posible fu strutturata attraverso “programmi” per gruppi tematici, come i così chiamati Ágora y Fraternidad, i quali si sarebbero dedicati ad attrarre intellettuali cubani interessati a temi storici, legislativi e diplomatici, come, allo stesso tempo, persone affini a cause sociali quali l’antirazzismo, il femminismo, l’eguaglianza di genere, i diritti sessuali, la protezione degli animali, con l’intenzione di generare in questi settori un moto di opinione che fosse contrario al PCC, favorevole al multipartitismo e conveniente agli interessi degli Stati Uniti. Uno dei dirigenti di Cuba Posible dichiarò all’agenzia Reuters che il loro obiettivo era spingere per “un cambiamento e una transizione a una Cuba pluripartitica”.
I suoi membri, tanto nelle loro relazioni personali quanto nelle loro argomentazioni retoriche, dovevano mantenersi distanziati dalla controrivoluzione più aggressiva, e allo stesso tempo proiettare un’immagine di separazione dall’“ufficialismo” delle istituzioni e delle organizzazioni affini all’ideologia della Rivoluzione. Rispetto a questa, sono andati dedicandosi a diffondere l’idea dell’esistenza di settori “stalinisti” e “conservatori”, che ostacolerebbero le trasformazioni dall’interno della stessa direzione del Partito e del Governo, così come la normalizzazione delle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti. Dovevano quindi rafforzare la narrativa su “un settore timoroso di perdere il potere” e mischiarla con la critica che a Cuba si esprime legittimamente alla burocrazia, alla tecnocrazia e alla corruzione. Fissare questo nelle menti delle persone come argomento contro qualsiasi tipo di difesa ideologica della Rivoluzione, criminalizzare l’antimperialismo e lo stesso menzionare Fidel e il suo pensiero, per creare nei confronti di questi elementi un’avversione, specie in un pubblico giovane.
Tutto ciò gli avrebbe permesso di essere promossi a un ruolo di “terza opzione”, una zona ideologica di centro, distanziandosi tanto dalla “estrema destra” aggressiva di Miami, quanto dal pensiero fidelista della Rivoluzione Cubana che veniva etichettato di “estrema sinistra”. I principali mezzi di informazione internazionali, – oltre che Radio e TV Martí4 – li avrebbero appoggiati, come fecero, chiamandoli una “nuova forza politica”, e sostenendo il loro sviluppo.
In questo senso, l’aggressività del periodo di Donald Trump, e la messa in campo di un discorso contro la Rivoluzione da parte di attori mediatici intenzionalmente ripugnanti, hanno fatto parte di questi piani e non sono stati un incidente di percorso. Potenziando una controrivoluzione che si presenti come irrazionale e ributtante, rispetto alla quale la neo-controrivoluzione potrebbe essere presentata come alternativa, con l’obiettivo che quest’ultima venga vista dai cubani come qualcosa di preferibile. I piani prefigurano che a Cuba si finisca per accettare, di fronte all’aggressività dell’altra, questa controrivoluzione che parla di “dialogo” e “tolleranza”, e che gli si dia maggiore spazio di fronte alle istituzioni. Non si tratta di due strategie differenti, si tratta di una sola strategia che utilizza una controrivoluzione più tetra, per far brillare l’altra. Le agenzie statunitensi funzionano in modo indipendente dai cambiamenti dovuti alla politica elettorale del paese, anzi ne approfittano.
Il presidente Díaz-Canel lo ha dichiarato di fronte all’Assemblea Nazionale5: “I ‘leaders del laboratorio’ fingono di prendere le distanze dai violenti, si travestiranno da pacifici negoziatori politici e proveranno a imporre i loro progetti, puntando poi sull’esplosione sociale se le loro richieste non saranno ottemperate”.
Per dare articolazione alla nuova controrivoluzione e fornirle capacità mediatica su internet, si è organizzato un sistema di mezzi di “informazione” digitali, – presentati falsamente come “indipendenti” – diretti a questi settori, approfittando delle lacune su questi argomenti dei mezzi d’informazione pubblici. In questo modo, questo sistema di pubblicazioni digitali cubano-statunitensi (personale cubano – finanziamenti statunitensi), ha potuto dominare e distorcere contenuti, attraverso un sistematico avvelenamento del pubblico, su temi come il processo per arrivare a una legislazione per il cinema indipendente, o sul decreto 349 per la cultura. Su questi obiettivi, la quasi inesistente comunicazione pubblica e istituzionale ha permesso che questi temi risultassero per loro una passeggiata mediatica.
Ciononostante, non hanno potuto fare lo stesso con la riforma Costituzionale, alla quale si dette una forte copertura informativa da parte della stampa cubana, e per la quale oltretutto questi mezzi di “informazione” digitali avrebbero avuto bisogno di capacità di impatto su gran parte della popolazione. Di fronte a un bottino che gli risultava troppo grande, si limitarono a dire che c’era apatia da parte della popolazione, il che si dimostrò falso, per l’alto indice di affluenza alle urne e di approvazione della Costituzione.
In questo periodo il lavoro degli appartenenti a Cuba Posible incluse la stesura e la presentazione nel loro sito web di un testo “costituzionale” che eliminava il PCC e il socialismo. L’approvazione elettorale del referendum con un 86 per cento dei voti ha spazzato via questi piani.
Dal primo momento vari intellettuali cubani rivoluzionari misero in allerta sull’intenzione controrivoluzionaria del “centrismo”, e i veri obiettivi della nuova stampa digitale che si dedicava a coltivarlo, che include mezzi di informazione statunitensi accreditati come stampa estera a Cuba. Questi stessi mezzi di informazione però si affrettarono a presentare lo stesso semplice uso del termine “centrismo” come una “paranoia”, demonizzando la parola, e quelli che si azzardarono a usarla furono rapidamente criminalizzati attraverso un linciaggio mediatico sulla rete. Gli obiettivi di questi linciaggi, che continuano ad avvenire – e che si sono fatti sistematici in questi giorni contro giornalisti del Sistema Informativo della Televisione Cubana – continuano a essere che nessuno si azzardi a denunciare la strategia imperialista che sostiene la controrivoluzione.
Nel 2019 gli stessi aderenti a Cuba Posible annunciarono la disintegrazione del loro progetto, adducendo che il contesto di arretramento diplomatico del governo di Trump rendeva assai difficile il suo funzionamento. In realtà, durante gli anni 2017 e 2018 le attività di Cuba Posible non sono riuscite mai a cooptare intellettuali cubani di rilievo. Non sono riuscite a costruire un ambiente contrario alla Riforma Costituzionale, e la loro natura di destra mascherata è stata denunciata intensamente sulla rete da rivoluzionari che non si sono fatti intimorire dal linciaggio mediatico.
Già dal 2017 vari dei suoi appartenenti si separarono da Cuba Posible, e questo, che sia avvenuto per iniziativa personale o per istruzioni ricevute per non “bruciarli”, quando il finanziamento straniero e i loro piani si fecero sempre più evidenti. Gli statunitensi apprendono rapidamente e sanno trarre le loro lezioni, per questo motivo non c’è da dubitare che abbiano deciso di ridispiegare le forze della neo-controrivoluzione per preservare i “quadri ideologici” che avevano formato, in un progetto che già iniziava a essere soggetto a un discredito pubblico ogni volta maggiore, all’emergere dei suoi legami con la Open Society. Successivamente alla sua dissoluzione formale, i propri appartenenti continuarono a lavorare in forma coordinata tra loro. Oggi sono gli ideologi e quelli che articolano il tentativo di mantenere attivo il progetto di colpo di Stato “soft” del passato novembre.
Se c’è una caratteristica della mentalità pragmatica anglosassone, è il senso della produttività esercitata nel tempo. Ancor più quando si tratta di investimenti. Nella menzionata riunione del 2004, il termine di tempo per la maturazione perché questa neo-rivoluzione fosse funzionale, fu calcolato approssimativamente in 15 anni. Esattamente il momento nel quale ci troviamo.
Questa maturazione si sarebbe dovuta tradurre nel far sì che questa nuova controrivoluzione, coltivata intensamente in forma di divisione in settori, o “bolle” isolate nei social network, potesse iniziare a realizzare azioni di convocazione fuori dalla spazio virtuale, ossia per le strade, sotto forma di manifestazione. Doveva essere pronta per approfittare di qualsiasi occasione si rendesse propizia e riuscire a far sì che ne facessero parte, in modo inconsapevole, persone veramente oneste che non condividono per nulla i loro veri propositi, mosse dalla propria sensibilità e per insoddisfazione su temi quali la censura nell’arte, la tolleranza verso un differente pensiero, i diritti della comunità LGBTIQ+, la protezione al benessere degli animali, la violenza di genere.
I mezzi di “informazione” digitali “indipendenti”, allo stesso tempo, sarebbero dovuti stare pronti per creare le condizioni di accumulazione e manipolazione, esaltare le convocazioni a manifestare, e dare promozione in forma mediatica a quanto sarebbe avvenuto.
In gran misura, la maturità alla quale aspiravano gli agenti della CIA riuniti nella lontana riunione del 2004, consiste nel momento in cui una parte significativa di questi settori, ancora oggi senza collegamenti gli uni con gli altri, possano essere mobilitati, non già su eventi tematici loro propri, ma invece su una concentrazione comune di massa. Un contesto, con una sufficiente particolarità specifica atta a invogliarli a mobilitarsi, però allo stesso tempo sufficientemente generale e astratto per far sì che possa essere promosso come una difesa del diritto a “un pensiero differente” o alla “libertà di pensiero” la tolleranza ecc… In questo modo, creare un ambiente inizialmente pacifico e attrattivo, da promuovere come un mix tra il festoso e il contestatario, che raggiunga lo scopo di unire la maggior quantità di persone diverse, non importa se lontane dagli scopi reali.
Il successivo obiettivo sarebbe stato organizzare intenzionalmente gli episodi di violenza indotti sul luogo, tra i soggetti riuniti e le autorità di polizia presenti che avrebbero potuto perdere il controllo della situazione. Ci sono i video, diffusi dagli stessi mezzi di “informazione” digitali, che si sono incaricati di esacerbare in diretta la tensione, con la voce di un individuo di fronte al Ministero della Cultura che incita a oltrepassare a ogni costo la polizia gridando: “Le armi le hanno loro, non noi”. I tragici episodi che sarebbero potuti avvenire, e che fortunatamente non sono riusciti a produrre, sarebbero serviti a indire successive manifestazioni, non più per la motivazione originale, ma invece per “la repressione avvenuta”, e dopo, un’altra “contro la violenza”, e così un’altra e un’altra ancora. Fino a quando gli stessi manifestanti avrebbero perso il significato originale della loro protesta, e le autorità la chiarezza del perché essi protestavano – e questo non è avvenuto, come avrebbe potuto accadere fin dall’inizio – in un processo simile a quello avvenuto nelle manifestazioni di Piazza Maidan in Ucraina. È la sceneggiatura delle “rivoluzioni colorate”. La pubblicazione di quel video da parte di uno di quei mezzi di “informazione” digitali è stato, senza dubbio, una negligenza da parte dei redattori, forse inebriati dall’atmosfera del momento.
È stato grazie all’informazione fornita dai media pubblici che molte persone, le quali inizialmente condividevano un certo appoggio alle richieste del cosiddetto Movimento San Isidro file:///etiqueta/movimiento-san-isidro/ – la cui funzione nella sceneggiatura del caso cubano è di generare la narrazione sotto l’influenza di idee quali: “chi si lamenta non è controrivoluzionario”, oppure, “c’è bisogno di dialogo” – successivamente si sono spaventate nel vedere chi erano realmente gli autori che se ne avvantaggiavano. Durante la manifestazione della Tangana6 nel Parco Trillo7, come anche via chat, ho potuto conversare con alcune di queste persone in buona fede che sono andate al Ministero della Cultura spinti da quelle idee. Successivamente alla luce delle informazioni emerse immediatamente dopo, hanno sentito che il loro vero luogo di appartenenza come persone coscienti e critiche, era il Parco Trillo dove si difendeva la Rivoluzione, e non davanti al Ministero della Cultura dove invece, con gli avvenimenti che lì si svolsero, si pretendeva di legittimare la controrivoluzione di fronte alla società cubana. Quanto avvenuto di fronte al Ministero aveva la funzione di sostenere la farsa del finto sciopero della fame e della sete, che è risultato chiarissimo essere uno show promosso e diretto dal governo degli Stati Uniti e dalla sua ambasciata a Cuba.
Più di dieci pubblicazioni sulla pagina ufficiale di Facebook di quella ambasciata, più i video su di essa pubblicati, lo confermano.8
Senza una copertura informativa sui media pubblici, questa presa di coscienza non sarebbe stata possibile. È stato questo far emergere la verità su quanto avvenuto, in televisione e sulla stampa cubana, che ha fatto sì che a difendere la farsa di San Isidro rimangano solo i controrivoluzionari incalliti e i mercenari senza vergogna.
La nuova controrivoluzione si era abituata al fatto che i media pubblici cubani non parlassero mai di lei.
Ed è per questo motivo che quando si è iniziato a diffondere informazioni sui legami e l’agire di questi individui, sui progetti finanziati dei mezzi di “informazione” digitali controrivoluzionari, questi si siano molto allarmati. Specialmente quelli che hanno lavorato per anni per articolare questa neo-controrivoluzione. Dicono di essere e si presentano come vittime, perché il telegiornale ha mostrato la vera fisionomia, allo scoperto e senza maschera, di un ex professore universitario proclamato da essi stessi come loro rappresentante legale, e il quotidiano Granma ha pubblicato i volti sorridenti di alcuni di loro durante un evento di Cuba Posible, nella sede di New York di Open Society.
Giorni fa hanno provato a dare inizio a un’azione legale, provando a utilizzare la Costituzione, contro la quale si erano mobilitati, per richiedere di fronte alle istituzioni di giustizia che la Televisione Cubana e il telegiornale cessino di fare informazione. Che il quotidiano Granma e gli altri mezzi della carta stampata, così come le pagine e i canali video delle istituzioni cubane, ritirino da internet gli articoli, i commenti e programmi dove loro si vedono esposti. C’è da immaginare che includano nello stesso reclamo anche Telesur. Motivano tutto ciò con una presunta violazione della loro dignità personale, e che la presentazione di documenti e immagini prodotti e diffusi da loro stessi, che li mettono in stretta relazione con eventi della controrivoluzione, siano una “diffamazione”.
Ma che pensavano? Che i mezzi di informazione della Rivoluzione sarebbero rimasti eternamente con le braccia incrociate, a beneficio loro e dei loro mandanti statunitensi?
Non è la prima volta che dimostrano l’intenzione di annullare le capacità di funzionamento dei mezzi di comunicazione della Rivoluzione. Già nel 2018, nel testo “costituzionale” che pretendevano di presentare, parlavano di proibire alle organizzazioni politiche cubane di avere mezzi di informazione pubblici. Sarebbe a dire che il Partito Comunista di Cuba dovrebbe chiudere il Granma, la UJC9 cancellare Juventud Rebelde, la CTC10 il quotidiano Trabajadores. Nella loro Cuba ideale, alla FMC11, alla AHS12, alla FEU13 sarebbe proibito avere pubblicazioni. In definitiva questo alla fine non sarebbe neanche necessario, nella loro Cuba ideale, queste organizzazioni neanche potrebbero esistere.
Non è la prima volta che come parte del copione importato dall’estero che tentano di riprodurre a Cuba, si utilizzano documenti che, apparentemente in favore della giustizia, provano ad attrarre firme di sottoscrittori. Questo avviene anche con persone che possano credere che si agisca in buona fede e non per innescare una strategia di colpo di Stato “soft”, che come ha confermato il Presidente della Repubblica “continua a essere in atto”.
Il proposito di un ricorso legale e la costruzione, che abbiamo visto in questi giorni, di un discorso contro i mezzi di informazione cubani, ricorda quella che all’epoca fu chiamata Carta 77. Documento che fu sottoscritto e promosso da un gruppo di anticomunisti cecoslovacchi, nella decade degli anni Ottanta, ed esigeva dal Partito Comunista Cecoslovacco che si “rispettassero i diritti umani” e che si desse spazio di agibilità alle attività del proprio gruppo. Una ricerca del giornalista statunitense Wayne Madsen, pubblicata da Russia Today, indica che George Soros, fondatore di Open Society, fu finanziatore del gruppo che creò Carta 77. Questo si dava l’immagine di una aggregazione di intellettuali contro il governo Cecoslovacco, molto simile a quella di Cuba Posible oggi. Successivamente il gruppo si convertì in Fondazione Carta 77, sempre con finanziamenti di Open Society ai quali si aggiunsero fondi della NED e altre strutture di copertura della CIA per il suo finanziamento. Parallelamente gli stessi fondi sovvenzionarono azioni terroristiche, quali attentati alle sedi del Partito Comunista Ceco, situazione di fronte la quale gli aderenti a Carta 77 si candidarono a presentarsi come l’alternativa “preferibile”. Troppo simile allo schema che provano a riprodurre oggi a Cuba?
La raccolta di firme contro i mezzi di informazione pubblici potrebbe trarre in inganno e far credere a qualche persona in buona fede che si tratti solamente di un semplice appello per il diritto al rispetto dell’immagine della persona. Nulla di più lontano dalla verità, promuovono questa operazione gli stessi che hanno mantenuto il silenzio, quando non se ne sono rallegrati e hanno anche partecipato, ai quotidiani linciaggi dell’apparato mediatico di Miami contro intellettuali, artisti e giornalisti cubani che non condividono le sue opinioni. In realtà, si tratta della continuazione, con travestimento intellettuale, del linciaggio mediatico contro giornalisti della Televisione Cubana, al quale abbiamo assistito in questi giorni.
È importante che si conoscano questi avvenimenti perché le persone non possano essere né ingannate né manipolate. Questa è l’articolazione14, e non un’altra che abbiamo visto in questi giorni. Quella di un vecchio copione importato con nuovi attori, in questa occasione, in uno scenario tropicale contro la Rivoluzione Cubana, approfittando del momento sanitario ed economico estremamente difficile, con una messa in scena di cui si ha già l’elenco completo degli attori. Quello che stanno ricercando ora per difendere e legittimare la loro opera di teatro, la cui scenografia gli si smonta sempre di più, è una lista extra di figuranti e comparse che mantengano al coperto i veri protagonisti.
1Trasmissione di analisi e approfondimento informativo della Televisione Cubana (n.d.t.).
2Noticiero de Televisión, telegiornale cubano (n.d.t.).
3Lineamientos de la Política económica y social del Partido y de la Revolución, insieme alla Conceptualización del Modelo Económico y Social Cubano de Desarrollo Socialista costituisce uno dei due documenti che compongono l’impianto strategico dello sviluppo del paese per i prossimi anni. Furono sottoposti a un elaborazione collettiva, discussi ed emendati in un esercizio di democrazia diretta in assemblee popolari nei luoghi di lavoro, quartieri, scuole e università, oltre a essere discussi e approvati durante il 6° e 7° Congresso del Partito Comunista di Cuba (n.d.t.).
4Radio e televisione organizzata, diretta e finanziata dal governo degli Stati Uniti per diffondere propaganda controrivoluzionaria a Cuba, bisogna aggiungere inutilmente perché il segnale dell’emittente non si capta sull’isola.
5Asamblea Nacional del Poder Popular, Parlamento Cubano (n.d.t.).
6Termine cubano che significa “clamore, baccano chiasso”, che si rifà alle manifestazioni studentesche e operaie della Cuba degli anni Venti di Julio Antonio Mella, Rubén Martinez Villena e molti altri.
7A poche ore della provocazione del gruppo di controrivoluzionari dell’autodefinito Movimento San Isidro in congiunto con quella di fronte al Ministero della Cultura, è stata organizzata in forma spontanea e autogestita, elemento innovativo ed estremamente interessante, una manifestazione con migliaia di partecipanti, per la maggior parte giovani, in difesa della rivoluzione e del socialismo a Cuba (n.d.t.).
8C’è da aggiungere che oltre alle dichiarazioni dell’ambasciata USA all’Avana si sono sommate le dichiarazioni di Marco Rubio e Luis Almagro, quelle di Mike Pompeo e con alcuni tweet quelle di Donald Trump, che solidarizzavano con i mercenari del “movimento” San Isidro. L’incaricato d’affari, attualmente il diplomatico più alto in grado dell’ambasciata USA a L’Avana, in violazione di tutti i protocolli diplomatici inclusa la convenzione di Vienna, si è presentato nella casa dove aveva luogo la provocazione, ha raccolto due dei mercenari e si è allontanato con loro a bordo della macchina dell’ambasciata. Successivamente il Minrex, Ministero degli Esteri di Cuba, lo ha convocato per esprimere una ferma protesta ufficiale per il suo comportamento e per l’ingerenza negli affari interni di Cuba da parte del governo e del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America (n.d.t.).
9Unión de Jóvenes Comunistas, la gioventù del partito (n.d.t.).
10Central de Trabajadores de Cuba, il sindacato dei lavoratori cubani (n.d.t.).
11Federación Mujeres Cubana, l’organizzazione delle donne.
12Asociación Hermanos Saiz, associazione di giovani artisti cubani (n.d.t.).
13Federación Estudiantil Universitaria, federazione degli studenti universitari (n.d.t.).
14Si riferisce a una dichiarazione che ha per titolo “Articolazione plebea” firmata da alcuni soggetti che si rifanno all’impianto di questa neo-controrivoluzione, e ai mezzi di “informazione” digitali finanziati e guidati dal governo degli Stati Uniti e dalle sue agenzie (n.d.t.).
*da Cubadebate.cu
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