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Congo. Uccisi l’ambasciatore italiano e un carabiniere, nel regno del Coltan

L’ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio, è stato ucciso assieme al carabiniere in servizio all’ambasciata, Vittorio Iacovacci, in un attacco armato contro un convoglio delle Nazioni Unite (Pam) nei pressi del villaggio di Kanyamahoro, nel nord-est del Paese. La morte dei due è stata confermata in una nota dalla Farnesina. Il convoglio era partito da Goma, capitale provinciale del Nord Kivu, ed era diretto a Rutshuru, circa 66 chilometri a nord, per una visita di monitoraggio a un programma di alimentazione scolastica del Pam
Le circostanze dell’attacco di questa mattina restano al momento tutte da chiarire: secondo quanto appreso da “Agenzia Nova”, un gruppo armato di cui non è nota l’identità avrebbe attaccato a scopo di rapimento il convoglio, del quale facevano parte almeno due mezzi del Pam. Dopo l’intervento dei rangers congolesi di scorta sarebbe scoppiato un duro scontro a fuoco, durante il quale Attanasio e Iacovacci sarebbero stati colpiti a morte, così come un autista locale.

Secondo quanto riporta il quotidiano tedesco “Frankfurter Allgemeine Zeitung” la polizia congolese si è detta “sorpresa” dalla presenza nell’area dell’ambasciatore Attanasio “senza la protezione della polizia”. Fonti del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite hanno precisato che il convoglio attaccato viaggiava su una strada in cui era stato autorizzato il transito senza scorta.

Una squadra di carabinieri del Ros, coordinati dalla procura della repubblica di Roma, è in partenza per il Congo. La procura capitolina che ha aperto un fascicolo d’indagine sulla vicenda, ha disposto l’invio in Congo degli investigatori per raccogliere elementi e tentare di far chiarezza su quanto accaduto alle 9 di questa mattina nel paese africano.

Impossibile non sottolineare come un materiale prezioso come il Coltan sia presente proprio nella zona del Nord Kivu del Congo e facilmente reperibile poco sotto la superficie del terreno. La larga disponibilità di coltan – il Congo detiene tra il 60 e l’80% delle intere riserve mondiali – non è affatto estraneo ai conflitti sviluppatisi nella regione per il controllo dell’estrazione e la vendita del Coltan. Le milizie si contendono i giacimenti seminando il terrore.

A gennaio, nella stessa area, sei guardaparco erano rimasti uccisi. I guardaparco hanno incrementato di recente la propria collaborazione con l’esercito congolese, promuovendo anche operazioni congiunte e condividendo informazioni d’intelligence contro le milizie e le bande locali. La rinnovata attenzione delle autorità locali verso il Parco nazionale dei Virunga mette inoltre a rischio una delle principali fonti di guadagno delle milizie, ovvero i rapimenti di turisti: secondo le organizzazioni per i diritti umani, soltanto negli ultimi tre anni all’interno dell’area sono state sequestrate almeno 170 persone.
Secondo l’agenzia Nova va rilevato come i rapporti tra i dirigenti del Parco nazionale dei Virunga e le popolazioni dell’area si siano fortemente incrinati negli ultimi tempi. Gli autoctoni contestano i confini del parco, denunciano appropriazioni indebite di terreno e criticano le regole sull’uso delle risorse naturali. I gruppi armati, spesso molto vicini alle più potenti famiglie locali, sfruttano tali conflitti per garantirsi sostegno nelle aree in cui operano. Le forti tensioni hanno portato anche le autorità a erigere una barriera elettrica a protezione del Parco, misura duramente contestata dalla popolazione locale.

E’ bene ricordare che il conflitto nel Nord Kivu, è un conflitto piuttosto articolato e complicato, con la presenza di oltre 130 milizie armate e l’ingerenza di Paesi vicini quali Ruanda e Uganda. E’ una regione che è stata pesantemente coinvolta nella lunga “guerra dei Grandi Laghi” divampata dagli anni Novanta in poi con stragi inererrabili, esodi di massa e migliaia di morti e profughi.

Gli Stati della Regione dei grandi laghi utilizzano storicamente le milizie per danneggiare gli interessi rivali e negli ultimi anni le tensioni si sono intensificate.
Dalla fine del 2019 le forze armate congolesi hanno avviato un’operazione su vasta scala contro il gruppo islamista Forze alleate democratiche (Adf) nelle province del Nord Kivu e dell’Ituri, più a nord.

Il giornale britannico The Guardian, ricorda come nel 2017 furono uccisi altri due funzionari dell’Onu – uno statunitense, l’altra svedese –  nella stessa zona. Da allora, nonostante le dichiarazioni del governo congolese, l’esecuzione è rimasta senza colpevoli. Inoltre rammenta come quello italiano sia il secondo ambasciatore europeo ad essere ucciso mentre prestava servizio nella Repubblica Democratica del Congo. Nel gennaio 1993, l’ambasciatore francese Philippe Bernard fu ucciso durante le rivolte a Kinshasa innescate dalle truppe che si opponevano al dittatore Mobutu Sese Seko.

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1 Commento


  • E Sem

    Mi chiedo come sia possibile che il nostro ministero degli esteri e nostri servizi non abbiano suggerito prudenza ai nostri rappresentanti in territori chiave per strategie di sopravvivenza economica del nostro paese. Sono ben note le tecniche di eliminazione di avversari scomodi messe in atto da competitori economici “amici e/o alleati”, per citarne una Il caso Regeni e il presunto coinvolgimento di amici intetessati.. Avere un ministro degli esteri considerato debole in campo internazionale potrebbe essere un ostacolo alla nostra politica vitale neoliberista, o cambiamo rotta o cambiamo ministro.

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