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Anche Johnson&Johnson taglia le forniture di vaccino alla UE

Neanche il tempo di firmare i contratti con l’Unione Europea e ricevere il via libera dell’agenzia comunitaria del farmaco (prevista per l’11 marzo), ed ecco che la scatta la speculazione sui vaccini anche da parte di Johnson & Johnson, ultima arrivata della lista.

Johnson&Johnson ha comunicato all’Unione Europea di avere problemi di approvvigionamento che potrebbero complicare i piani per fornire 55 milioni di dosi del suo vaccino contro il coronavirus nel secondo trimestre dell’anno.

La notizia è ufficiale, visto che è stata data poche ore fa da un funzionario dell’Unione Europea.

Grazie alla stupidità monumentale dei tecnoburocrati della UE, inchiodati al dogma dell’intoccabilità del “privato” e al soffocamento programmatico dell’iniziativa “pubblica” (cioè degli Stati, e dunque anche della stessa Ue), 27 Paesi e mezzo miliardo di cittadini dell’area più sviluppata del mondo (o ex, dopo questa prova) restano appesi alle strategia commerciali di poche multinazionali occidentali di Big Pharma.

Come le sue “colleghe” – Pfizer, Moderna, AstraZeneca – anche Johnson & Johnson procede sulla linea del promettere, firmare contratti e poi disattenderli aprendo aste internazionali sottobanco per ottenere il massimo prezzo.

Nelle attese dei servi al governo, anche italiano, il vaccino di Johnson & Johnson avrebbe dovuto rappresentare i pilastro decisivo della strategia vaccinale, visto che può essere inoculato con una sola dose e senza richiedere una impegnativa “catena del freddo” per mantenerlo vitale.

A questo punto tutte le chiacchiere sull’”accellerare le vaccinazioni” vengono dimostrate, per l’appunto, chiacchiere. Nonostante la “grande credibilità e autorevolezza” attribuita – evidentemente solo dai media locali – sia alla UE che allo stesso Draghi.

Trattati come boccaloni che si presentano con il cappello in mano, i governanti europei cominciano ora a sperare che almeno il vaccino russo Sputnik – anche questo in via di approvazione da parte dell’Ema – possa riuscire là dove gli altri hanno fallito: garantire una quantità di dosi tale da far raggiungere agli europei l’immunità di gregge (sopra il 90% di vaccinati).

Ma bisognerà attendere a lungo, e intanto la lista delle vittime – appena superata la soglia dei 100.000 – si allungherà a dismisura.

Il primo accordo firmato con la società russa Gamaleya, infatti, prevede la produzione delle dosi riservate all’Italia in uno stabilimento brianzolo, a Monza, di proprietà della società Adienne Pharma&Biotech. Una multinazionale svizzera, con sede a Lugano.

La “promessa”, anche in questo caso, è per 10 milioni di dosi, ma entro la fine dell’anno. A meno che anche gli svizzeri della Brianza non trovino più conveniente destinare altrove la loro preziosissima merce…

Il livello di “sorveglianza” del potere pubblico su questa produzione è infatti praticamente nullo. Basti pensare che Regione Lombardia ha fatto sapere di essere estranea ai fatti, perché riguarderebbe “due società private” e “di aver appreso la notizia dai media”. Evidentemente in quella presunta istituzione si ritiene che la salute e la vita dei cittadini non sia un affare di loro competenza…

Il meno dotato dei presidenti di Regione italiani, in mattinata, non aveva comunque mancato di lanciare un tweet entusiasta sulla “lombardità” della notizia, salvo poi essere costretto a una velocissima cancellazione.

In queste mani stiamo. Sarebbe il caso di cominciare a toglierseli dai piedi….

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1 Commento


  • Pasquale

    Non sono stupidi i burocrati europei. Fanno solo il loro dovere e lo fanno bene. Gli interessi dell’alta finanza mondiale. Sono servi dei poteri forti anche a costo della salute pubblica che è un diritto sancito dalle varie costituzioni. Spero che l’uragano della Rivoluzione arrivi presto a spazzare l’aria ammorbata che soffoca tutta l’Europa, Italia compresa.

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