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Disobbedienze e divieti nel Sahel e in altre parti del mondo

La manifestazione dell’opposizione, annunciata da due settimane e prevista per il sabato 20 marzo, è stata vietata da un’ordinanza un paio di giorni prima della data. Troppo tardi per reagire e organizzarsi in altro modo. A giustificazione del divieto il timore di disordini in città, dopo quanto accaduto alla rapida e anticipata pubblicazione dei risultati delle elezioni presidenziali.

L’uso del net è stato sospeso nel Paese per una decina di giorni, vietando il diritto alla comunicazione. Profittando dell’epidemia, la cui diffusione è stata qui e in genere nel Sahel estremamente ridotta, sono state vietate manifestazioni, assemblee numerose e chiuse a tratti scuole, moschee e chiese.

E’ stata vietata la circolazione perché si son chiuse le frontiere tra i Paesi dell’Africa Occidentale. Per chi viaggia in aereo non ci sono divieti se si passa il test di controllo Covid alla partenza e all’arrivo. Quanto al passaggio delle frontiere tra questi Paesi, pur ufficialmente vietato, con un poco di incoscienza e di soldi a doganieri e altri addetti ai lavori, si transita.

E’ vietata la mobilità verso il nord dell’Africa perché, com’è risaputo, le frontiere dell’Europa hanno migrato fin qui e c’è da giurare che scenderanno ancora, verso la costa e fino all’Atlantico.

Anche la mobilità sociale, seppur insinuata dalla Costituzione delle Settima Repubblica è, a tutti gli effetti, vietata. I figli dei possidenti studiano nei licei e nelle università private, possono persino andare all’estero e godere delle migliori condizioni di soggiorno. Saranno le ‘élite’ al potere la prossima tornata. Di padre in figlio e di madre in figlia, secondo la dinastia e le mutevoli alleanze politiche.

I contadini contadini, gli allevatori allevatori, i mendicanti mendicanti e i politici, c’è da giurarlo, politici. Il conto torna sempre per chi si trova in cima alla classifica dei redditi. Pierre-Joseph Proudhon, filosofo e economista anarchico, diceva che la proprietà è un furto ma oggi si fa del furto la proprietà e chi è povero, dicono gli economisti d’oggi, se lo merita o se lo è cercato.

Si vieta il futuro per la categoria sociale più numerosa nel Sahel: i giovani, che rappresentano lo specchio di ciò che saremo, un giorno, senza neppure accorgercene. Vietato sognare un mondo nuovo che non sia già sotto controllo dei poteri dominanti del sistema. Vietato credere in un Dio altro che non corrisponda a quello che la maggioranza ha deciso quello che debba essere. Potente tra i potenti e comunque in grado di regolare le cose in modo che tutto cambi perché nulla cambi.

C’è il divieto formale di dire e raccontare ciò che ad uno sembri essere la verità delle cose, il divieto di dire e usare le parole di quanto si vede e si sperimenta, il divieto di evidenziare la realtà del tempo, il divieto formale di riconoscere e gridare, come nella nota fiaba di Hans Christian Andersen, ‘I vestiti dell’imperatore’, che il re è nudo.

Vietato mostrare il viso, il cuore, i pensieri e le mani, vietato protestare, pubblicare, difendere i poveri dai soprusi della giustizia, vietato provare a cambiare la rotta della storia, vietato immaginare un mondo libero e trasparente, vietato trasgredire il disordine stabilito e garantito dalla continuità della violenza legittima di chi ne possiede il monopolio.

E’ vietato sovvertire ciò che è politicamente corretto, vietato dissentire, se non nelle condizioni e le modalità previste dalla legge e purchè ciò non vada a discapito della quiete pubblica. Vietato fare silenzio, meditare, contemplare, ascoltare, camminare e perdere il sentiero battuto.

E’ formalmente vietato cantare e giocare senza voler vincere, zufolare e passeggiare sotto la pioggia, sedersi sulla panchina davanti al mare, rincorrere una nuvola con il pensiero e immaginare di trovarsi come il guardiano del faro prima della tempesta e del naufragio delle promesse della vita.

Per fortuna nel Sahel non ci mancano le occasioni per disobbedire. La sabbia, per cominciare, è disobbediente per natura e da lei abbiamo imparato a non lasciarci facilmente organizzare dal potere costituito. Come lei ci spostiamo a piacimento del vento e delle situazioni.

Arriviamo tardi perché nel frattempo c’è stato un decesso, una crisi di malaria, la visita imprevista di uno straniero, l’elettricità che manca senza preavviso, la maestra ancora in congedo di maternità, l’impiegato statale appena uscito a cercare i figli, la signora della banca assente per fare acquisti , il meccanico che non trova gli utensili giusti e tutto aggiusta con la preghiera finale per riparare la macchina, i semafori che non funzionano e il traffico è più scorrevole, le elezioni che diventano battaglie campali, i bambini che scrivono il loro nome col gesso e sono orgogliosi di indossare il vestito che la mamma ha regalato per il compleanno che hanno dimenticato.

 Niamey, 21 marzo 2021

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