Helen Yaffe, economista esperta di Cuba, ci racconta l’internazionalismo medico di ieri e di oggi ispirato dalle idee di Fidel Castro
“Medici e non bombe”. Questa è la filosofia internazionalista dichiarata da Fidel Castro nel 2003 in un discorso a Buenos Aires; e certamente, mentre a Cuba non si può accreditare nessun intervento militare all’estero da almeno tre decenni (e comunque quelli compiuti non sono mai stati della magnitudine che si sono potute permettere le grandi potenze), per altri Paesi non si può dire altrettanto.
Da ormai parecchio tempo gli unici interventi all’estero che Cuba si permette di fare hanno lo scopo di curare malattie, e anche durante la pandemia da Covid19 non è stata da meno.
Ce lo spiega bene Helen Yaffe, economista presso l’Università di Glasgow ed esperta di temi cubani, già autrice del libro We Are Cuba! How a Revolutionary People Have Survived in a Post-Soviet World (Yale Press, 2020), che narra di come Cuba ha affrontato il periodo post-sovietico, e del documentario Cuba & COVID 19 Public Health, Science and Solidarity, che racconta invece la risposta dell’isola alla pandemia.
In questa intervista ci illustra come l’internazionalismo medico cubano ha aiutato molte persone nel mondo sia prima che dopo la pandemia, e di come oggi i vaccini cubani anti-Covid19 in via di sviluppo possono aiutare i Paesi in difficoltà di approvvigionamento (magari anche l’Italia, come già suggerito da Gino Strada) ad ottenere l’immunizzazione. E come purtroppo l’embargo Usa metta in difficoltà tutto questo.
Perché tre dei cinque vaccini cubani in via di sviluppo si chiamano Soberana (in italiano: Sovrana)?
«Il nome riflette ciò che i vaccini significano per Cuba in termini politici ed economici: ovvero l’importanza della sua indipendenza e della sua sovranità nazionale. Nel contesto delle sanzioni statunitensi, è difficile accedere ai vaccini per l’isola acquistandoli presso Big Pharma.
Ci sono anche ragioni tecniche, comunque. I tre vaccini Soberana sono prodotti dallo stesso istituto statale, il Finlay; Soberana 01 e SoberanaPlus usano la stessa base proteica, Soberana 02 una leggermente diversa ma comunque molto simile. Una tecnologia già utilizzata per altri vaccini prodotti da Cuba».
Ci sono problemi molto seri nel fare arrivare ai Paesi del Terzo e Quarto Mondo un ammontare di vaccini adeguato. Come possono i vaccini cubani far sì che alle persone più povere arrivi l’immunizzazione anti-Covid19?
«I vaccini in circolazione sono molto costosi per i Paesi poveri (tra i 10 e i 30 dollari) e talvolta molto costosa è anche la catena del freddo che occorre per trasportarli (ad esempio, il vaccino Pfizer deve essere mantenuto a -70°C). Ci sono Paesi, come quelli caraibici, che sono stati molto duramente colpiti dalla crisi economica dovuta al virus e avrebbero serie difficoltà a permetterseli.
I vaccini cubani saranno sicuramente molto più economici e possono essere tenuti alla normale temperatura da frigorifero (2-8 °C), quindi i Paesi poveri possono permettersi questo tipo di infrastruttura. Certo, da Cuba fanno sapere che non si discuteranno le condizioni di vendita finché i vaccini non saranno approvati.
Ma probabilmente accadrà quello che già avviene con i servizi medici che il governo esportava al 2019 in ben 49 Paesi, tra cui molti del Sud del mondo: Cuba copre i costi della sua assistenza medica per i Paesi più poveri.
Ad esempio le centinaia di medici che sono stati inviati ad Haiti non sono stati pagati da questo Paese. Questo grazie al fatto che i Paesi che se lo possono permettere, come il Qatar, pagano invece molto per i dottori cubani e finiscono perciò per sussidiare la solidarietà cubana verso i Paesi poveri. In alcune occasioni, poi, c’è il contributo di organismi internazionali.
Perciò è molto probabile che i vaccini cubani saranno pagati secondo le possibilità economiche di chi li vorrà».
L’Italia sta avendo spesso difficoltà ad ottenere le dosi, visto che le grandi imprese farmaceutiche ce ne consegnano meno di quanto promesse. Suggerirebbe al governo italiano di acquistare vaccini cubani quando sarà possibile?
«Consiglierei senz’altro al governo italiano l’acquisto dei vaccini cubani. L’Italia è stato il primo Paese europeo a ricevere assistenza medica da Cuba durante l’emergenza Covid19 e i 52 specialisti cubani inviati in Lombardia sono stati ampiamente apprezzati per il loro duro lavoro; mi sembra quindi che ad oggi si sia costruito un alto grado di fiducia tra i sistemi di salute pubblici italiani e cubani. Sarebbe perciò davvero bello vedere un ulteriore sviluppo di questa collaborazione.
Gli scienziati cubani hanno ricevuto 10 premi dall’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale; la medicina cubana è apprezzata e usata ovunque nel mondo; la vaccinologia e l’immunoterapia cubane hanno già ottenuto importanti successi. Dunque la scelta di guardare ai vaccini cubani sarebbe senz’altro saggia.
Del resto, pur non essendo stati ancora approvati, le notizie rispetto ai vaccini cubani anti-Covid19 sono incoraggianti, perché nessuno dei volontari ha finora riportato effetti avversi preoccupanti. Cuba vanta un’esperienza decennale nella produzione di vaccini; i bambini cubani ricevono 11 vaccini per 13 malattie, 8 dei quali prodotti a Cuba e tutti sicuri ed efficaci.
Ricordiamoci che Soberana 01 e 02 sono stati approvati per i test clinici dalla stessa Oms, i cui protocolli sono molto stringenti [Qui. Una volta scaricato il file excel, cercare “Finlay”. ndr]».
Non pensa che lo sviluppo dei vaccini cubani possa essere ostacolato da altri Paesi?
«Un ostacolo politico è certamente causato dall’embargo. Il problema è che spesso i Paesi più poveri che non dispongono di enti regolatori particolarmente forti si affidano al parere della Fda, l’ente che regola la circolazione dei farmaci negli Usa, il quale a sua volta non prende mai in considerazione i farmaci e i vaccini cubani per via dell’embargo. Dunque alcuni Paesi potrebbero perciò rigettare i vaccini cubani. Comunque, dato che adesso gli enti regolatori stanno approvando molto velocemente i vaccini anti-Covid, è possibile che quelli cubani siano introdotti con pochi problemi.
Ma non solo; noi sappiamo dal dipartimento cubano per gli affari statunitensi che l’amministrazione Trump ha fatto pressione su altri Paesi perché non accettino gli aiuti cubani. Ci aspettiamo che Biden cambi queste posizioni, ma al momento nessuna mossa è stata fatta in proposito».
Lei ha di recente realizzato un documentario su come Cuba ha affrontato l’emergenza Covid19. Ne emerge che l’isola è riuscita a contenere l’epidemia in maniera molto migliore di altri Paesi latinoamericani e del mondo. Quali sono gli elementi di questo successo?
«Il sistema pubblico sanitario cubano è molto preparato. Le strutture mediche hanno una base comunitaria con un sistema di medici di famiglia che permette l’accesso generalizzato alla sanità. I dottori hanno a disposizione un catalogo di persone dalla salute già delicata, perciò possono focalizzarsi prontamente su di loro.
Inoltre Il governo cubano aveva cominciato a muoversi rispetto al virus già a gennaio, prima che ci fosse il primo caso di Sars-Cov2. Già in quel periodo squadre di medici cubani erano stati inviati in Cina a studiarlo. Tutti nella popolazione generale, persino i tassisti, erano pronti a far fronte ad un’eventuale emergenza grazie al training fornito dal governo. Appena è arrivata, l’11 marzo 2020, sono stati mobilitati tutti i dottori possibili, anche gli studenti universitari, per cercare i malati porta a porta e spostarli eventualmente negli ospedali o nei centri di isolamento, come mostra anche il nostro documentario.
Tutti i farmaci antivirali e antinfiammatori a disposizione sono stati adattati per l’emergenza. Inoltre i medici cubani hanno sviluppato un farmaco, Jusvinza, per fermare l’ingresso nei polmoni del liquido maligno prodotto dal Covid, e che ha permesso un tasso di sopravvivenza del 90% fra chi lo ha assunto».
L’internazionalismo medico di Cuba è ben noto, e ne ha scritto anche lei nel suo libro We are Cuba!. Ci può dire quali sono i successi più grandi realizzati durante la pandemia da Covid19 e prima?
«Prima della pandemia Cuba aveva già inviato 400.000 medici verso 160 Paesi in tutto il mondo, in particolare in Africa dove ci sono malattie da tempo eliminate a Cuba. I programmi sviluppati in 60 anni di esperienza sono tanti: ad esempio c’è la Brigata per la Risposta alle Emergenze, la Henry Reeve, inviata in 40 Paesi tra cui l’Italia, composta da 300 specialisti nelle emergenze. Un’altra forma di assistenza prevede la cooperazione nel mettere su strutture sanitarie complete; ad esempio ciò è stato fatto per Haiti.
Ricordiamo anche il programma di assistenza medica che c’era in Brasile prima della pandemia, nel nord dell’Amazzonia, sospeso dal governo di Bolsonaro il quale poi non è riuscito a rimpiazzare il personale cubano in quella zona. E non è un caso che in quella regione ci sia stata poi una diffusione incontrollata della Sars-Cov2. Per molti di quei brasiliani i medici cubani sono stati i primi che abbiano mai conosciuto. Storie simili sono purtroppo accadute anche in Ecuador e in Bolivia.
E ancora, c’è stato un importante intervento nell’Africa dell’Ovest per combattere l’ebola, in cui hanno avuto un grande impatto nei 6 mesi di permanenza salvando migliaia di vite. Alcuni medici di quella missione sono gli stessi che sono stati inviati poi in Lombardia contro il Covid19.»
Esistono anche denunce di alcuni medici cubani secondo i quali il loro sarebbe spesso un lavoro forzato…
«I medici cubani vanno all’estero volontariamente, non sono certo costretti. Nonostante restituiscano il 70% del salario ricevuto nei Paesi che li ospitano al sistema sanitario cubano, ricevono comunque salari più alti di quelli che ottengono a casa (e in aggiunta anche il salario che percepirebbero rimanendo a Cuba) e in più viene loro fornito l’alloggio. Non lavorano certo da schiavi.
Non dimentichiamo che l’educazione è gratuita a Cuba proprio grazie a quanto viene prelevato dai salari percepiti all’estero.
Questo è in realtà un tema politico, perché l’export di servizi medici è la maggiore risorsa di denaro dall’estero per lo stato cubano. Gli Stati Uniti in realtà cercano di sostenere l’argomento dello sfruttamento dei medici per danneggiare l’isola. Per esempio, in passato c’era il programma Medical Parole Program attraverso il quale i medici cubani potevano abbandonare i programmi di aiuto per chiedere asilo politico nelle loro ambasciate.
Ma solo il 2% degli aventi diritto ne ha fatto uso, anche perché non è così conveniente visto che gli Usa non riconoscono i titoli universitari cubani. Fu cancellato da Obama poco prima di lasciare la presidenza; in seguito gli Usa hanno fatto pressioni perché la medicina cubana non sia accettata nel mondo».
Quanto sono indebolite dall’embargo statunitense le prestazioni mediche cubane, e perché?
«Cuba ha finora prodotto il 70% del proprio fabbisogno medico, stando a dati precedenti la pandemia; anche per via delle sanzioni statunitensi l’isola è stata costretta a sviluppare una propria produzione sanitaria. Ciononostante la stretta di Trump sull’embargo (più di 200 nuove sanzioni e azioni contro Cuba, tra cui la pressione sui Paesi alleati per non accettare la medicina cubana) ha messo l’isola nella condizione di avere difficoltà a reperire materie prime per la produzione domestica, come i reagenti e l’attrezzatura medica.
Al momento Cuba potrà comunque produrre 100 milioni di dosi di Soberana 2, ma ci sono difficoltà ad ottenere le necessarie siringhe. Qui nel Regno Unito è stata messa su una campagna di raccolta fondi a questo scopo, ma la compagnia di fundraising coinvolta, Crowdfunder Uk, l’ha chiusa per via delle sanzioni, perché usano un sistema di pagamento statunitense! La stessa cosa è successa a un secondo tentativo con un’altra compagnia. Hanno molta paura di essere multati per via delle sanzioni».
Come si sta muovendo il governo cubano per affrontare i problemi economici dovuti alla pandemia?
«Cuba aveva problemi economici da prima della pandemia, per esempio nel rifornimento del petrolio, sempre per via dell’embargo. Con l’arrivo del virus e delle misure di emergenza, il Pil è crollato dell’11%; un effetto ovviamente devastante.
Questo è coinciso con un periodo di grandi ristrutturazioni economiche: l’unificazione del peso e le liberalizzazioni. Ciononostante, proprio nel periodo della pandemia i salari pubblici sono stati aumentati di quattro volte. Ricordiamoci poi che il 96% dei cubani possiede la propria casa, quindi non sono a rischio di sfratto come in un Paese capitalista.
Il problema è semmai la scarsità di beni disponibili al momento. Ciononostante Cuba non sta subendo gli stessi problemi socioeconomici che hanno altri Paesi latinoamericani».
Ringraziamo la dott.ssa Yaffe per il suo contributo.
Ricordiamo qui che è proprio di ieri la notizia che è in corso di sviluppo un nuovo vaccino contro il coronavirus in una joint venture Cina-Cuba.
Qui la petizione per chiedere al governo italiano di prendere in considerazione i vaccini cubani anti-Covid19.
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