Sara Reginella ha una vasta esperienza di “mondo russo”, conosce la lingua, ha assorbito la cultura, ha viaggiato spesso in quelle terre, osservandole da una prospettiva duplice: quella di regista e quella di psicologa. Ciò le consente di avere un approccio molto particolare, in cui si combina abilmente la testimonianza e la percezione di ciò che è sotteso. Unendo sensibilità e competenze Sara riesce a cogliere quello che a molti sfugge.
Sarebbe tuttavia fuorviante pensare che tutto ciò sia confinato alla sfera del reale, alla razionalità, Sara è riuscita a calarsi appieno nel “mondo russo” tanto da poterne cogliere l’essenza più profonda; si tratta di un mondo in cui reale e misticismo si fondono di continuo, così come fanno il progresso e le tradizioni più ancestrali.
Un qualcosa di veramente ostico da cogliere per noi occidentali, un mondo su cui Sara ha aperto una finestra a cui molti si sono affacciati.
Tuttavia le doti summenzionate da sole non bastano a fare un reportage di guerra, serve anche molto coraggio. Sara è stata tra i primi occidentali a recarsi in Donbass dopo lo scoppio del conflitto. Ha raccontato gli eventi quando da noi ancora non se ne parlava o al più lo si faceva in un modo distorto.
Una testimonianza preziosa. Con i suoi video Sara ha lanciato un urlo che ha risvegliato molte coscienze. Al successo di pubblico si è accompagnato il trionfo in numerosi e prestigiosi festival internazionali.
Sebbene Sara scriva articoli che spaziano in diversi campi, per la prima volta si è cimentata nella narrazione e lo ha fatto con il libro “Donbass, la guerra fantasma nel cuore d’Europa” (edizioni Exorma).
Inquadrare il libro in un genere letterario è assai difficile, è un po di tante cose: un reportage, un testo di storia, un libro di viaggio, un racconto, un trattato di estetica, un saggio di antropologia e molto altro. Sara descrive il proprio percorso di avvicinamento e come si è immersa dentro a dei fatti che (nel bene e nel male) hanno segnato la storia.
Il libro è diviso in capitoli, ognuno è una sorta di viaggio, la proiezione verso un qualcosa che agli occhi di un occidentale senza alcuna esperienza bellica potrebbe sembrare surreale. Invece, è solo la descrizione del vero volto della guerra, quello che non si vuole guardare.
Gli (ormai pochi) anziani che hanno memoria della Seconda Guerra Mondiale troveranno il racconto perfettamente razionale e lineare, mentre gli altri potrebbero essere destabilizzati nella ricerca di una logicità in quello che potrebbe apparire kaos. Ovviamente “apparire”, perché in realtà è la forma classica della guerra, quella vissuta da persone in carne ed ossa, persone che vivono e che muoiono, persone che combattono.
In guerra ci sono tanti modi di combattere, non c’è solo chi imbraccia le armi, Sara fa una panoramica su quelli che ritiene più rappresentativi, ne esce fuori una descrizione chiarissima sul perché il popolo del Donbass non potrà essere sconfitto.
Nel libro Sara si prende più libertà narrative rispetto ai rigidi paletti imposti dai doveri di testimonianza video. Si trova un racconto che è anche molto introspettivo, che appassiona e incuriosisce.
La mano del regista emerge tuttavia anche tra le pagine del libro, infatti Sara accompagna la narrazione con una colonna sonora e lo scritto è arricchito da numerose fotografie per lo più scattate da lei. Il racconto riesce a stimolare i cinque sensi, attraverso Sara si riescono a percepire anche gli odori, i gusti e la concretezza della materia.
Il libro esce a sette anni dai primi fatti narrati, molti dei protagonisti di quegli eventi non ci sono più: martiri antifascisti che continuano a vivere nelle lotte ma anche nei racconti. La conoscenza e la memoria sono il miglior argine al riemergere del fascismo.
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