Sempre più analisti che hanno conservato un briciolo di lucidità e autonomia di giudizio, nonostante l’enorme pressione dell’establishment bellicista, si interrogano con crescente chiarezza su quali dovrebbero essere gli obiettivi dell’Occidente neoliberista (Usa, Nato, UE) rispetto alla guerra in Ucraina.
E invitano in genere a scegliere tra un approccio “giustizialista” (secondo cui la guerra dovrebbe continuare fino alla sconfitta del “mostro” russo) e un approccio “razionale” o realistico, che tiene insomma presenti gli interessi immediati e di lungo periodo dello stesso Occidente.
Il cuore della differenza è chiaro: o si va ad una escalation militare (coinvolgimento sempre più diretto, a partire dall’invio di armi, addestratori, specialisti di intelligence e guerra elettronica, ecc), oppure si spinge – anche sul gruppo dirigente ucraino – per aprire una trattativa al più presto, ridando così fiato ad economie sull’orlo della recessione o della stagflazione (zero crescita e alta inflazione).
La domanda si è posta indirettamente, anche ai redattori di Politico – testata Usa in prima fila, qualche tempo fa, nel cercare di dimostrare l’esistenza di forti legami tra Donand Trump e Vladimir Putin – che cominciano a traballare davanti alla palese assenza di realismo degli “alleati” ucraini.
Questo articolo di Sarah Anne Aarup, seppur sintetico, mostra tutto lo sconcerto davanti a discorsi privi di logica, come quello del ministro dell’economia di Kiev, Taras Kachka.
Parlando a Ginevra, Kachka ha riconosciuto che le sanzioni imposte da UE e Stati Uniti non stanno funzionando. La Russia si è dimostrata “più resiliente delle attese”, la sua economia regge, le entrate garantite da gas e petrolio aumentano grazie alla corsa dei prezzi invece di diminuire per effetto delle sanzioni.
Si omette, per pudore, di ricordare che seppure l’Unione Europea – a costo di inchiodare la sua economia rinunciando in parte agli idrocarburi di Mosca – sta programmando la riduzione della dipendenza energetica dalla Russia, il resto del mondo sta facendo a gara per sostituirsi alla Ue. C’è la Cina, certo, ma anche l’India, il Pakistan e molti altri paesi che certo non possono essere sospettati di amore per Mosca.
Tanto che il rublo, che sembrava in punto di morte, risulta oggi la moneta che si è apprezzata di più al mondo.
Davanti a una cura che non funziona, qualsiasi essere umano pensante arriva a chiedersi se vale la pena insistere oppure se cambiare terapia.
E qui casca l’asino. Spalleggiato da qualche piccolo paese baltico, Taras Kachka e il governo ucraino chiedono… “più sanzioni”, più dure, ecc.
Sembra di trovarsi di fronte a quei tossicodipendenti che scoprono di essersi assuefatti ad una certa dose, perdendo così gli “effetti” desiderati. E subito corrono ad aumentare il dosaggio, peggiorando anche la dipendenza e il quadro clinico.
In questo caso, però, la “dose maggiore di droga” dovrebbe essere fornita (o assunta?) dai paesi dell’Occidente neoliberista, visto che Kiev ormai non ha alcuna autonomia, né economica né strategica. Il che – per gli analisti di cui sopra – è un problema che rischia di affossare le speranze di “ripresa” e di stabilità dei mercati.
Mentre, proprio per la “scoperta” fatta anche da Taras Kachka, questa ipotetiche sanzioni maggiormente aggressive potrebbero risultare altrettanto “superficiali” nel danneggiare l’economia russa.
E’ il dilemma degli euro-atlantici: escalation o robusti colpi di freno? In entrambi i casi, il governo ucraino non ha possibilità di scelta. E quel popolo dovrà comunque pagare il prezzo più alto…
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L’Ucraina dice che la Russia “resiste” alle sanzioni più del previsto
di Sarah Anne Aarup, da “Politico”
Le sanzioni occidentali non stanno danneggiando l’economia russa come ci si aspettava, ha dichiarato a POLITICO il vice ministro dell’Economia ucraino Taras Kachka.
“La Russia sembra essere più resistente alle sanzioni rispetto a quanto stimato all’inizio”, ha dichiarato Kachka. “Inizialmente si pensava che l’impatto [delle] sanzioni sarebbe stato sempre più visibile”, ha aggiunto.
“Ma sembra che i ricavi delle materie prime garantiscano la stabilità delle finanze pubbliche russe”, ha detto Kachka, sottolineando che la banca centrale russa ha abbassato il tasso di interesse al 9,5% venerdì scorso, tornando così a quello che era prima del 28 febbraio.
Pochi giorni dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca, a fine febbraio, la banca centrale russa ha aumentato il tasso d’interesse fino al 20% per sostenere il crollo del rublo, ma ora ha rivalutato il tasso al ribasso perché “il calo dell’attività economica è di entità minore rispetto a quanto previsto dalla Banca di Russia ad aprile”, ha scritto la banca in un comunicato stampa.
Secondo Kachka, ciò significa che l’Occidente deve intensificare l’embargo sulle materie prime e sui servizi russi.
“È necessario andare oltre e aumentare le sanzioni contro la Russia“, ha dichiarato il viceministro ucraino. “Dobbiamo sbarazzarci del petrolio e, infine, del gas: sono questi i beni che portano entrate dirette al bilancio russo“. Ha aggiunto che l’Ucraina sarebbe anche favorevole ad ampliare i divieti settoriali, ad esempio aggiungendo prodotti come le bramme all’embargo sull’acciaio.
Oltre alle materie prime, l’Occidente deve tornare a colpire i servizi russi. “I servizi finanziari e di trasporto, l’esclusione più ampia delle istituzioni finanziarie russe dallo SWIFT, l’assicurazione delle navi: tutto ciò costringerà la Russia in un modo più efficiente“, ha detto Kachka.
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Mauro
Mmmh…ma non è che Zelensky e Putin siano segretamente alleati? Così, è un’idea dal sen fuggita…
Redazione Contropiano
Azzardare ipotesi è sempre lecito, ma senza esagerare… C’è una guerra vera, in corso.
Bernardino Marconi
Pensavano di decretare la morte del rublo, invece la moneta si valuta ed i paesi come la Polonia, la Bulgaria e la Lituania che si sono rifiutate di pagare il gas in rubli hanno subito lo stop, anche se poi hanno trovato altre vie per comprare lo stesso gas russo dai paesi confinanti.