Come era prevedibile, la notizia lanciata poche ore fa dalla CNN secondo la quale l’amministrazione statunitense sarebbe in procinto di inviare in Ucraina i famosi sistemi di difesa antiaerea MIM-104 Patriot (https://edition.cnn.com/…/us-patriot-missile…/index.html) ha sovreccitato i nostri NAFO (North Altlantic Friends Organization, ndr), sempre in cerca di nuove superarmi, rigorosamente “occidentali”, grazie alle quali il conflitto terminerà in pochissimo tempo e in maniera soddisfacente.
In realtà la spedizione, se avverrà davvero, obbliga a una serie di considerazioni. la prima, è più ovvia, è che l’Ucraina sta evidentemente terminando le sue scorte di S-300 o, se vogliamo dar credito alle dichiarazioni del Ministero della Difesa russo (e a qualche evidenza fotografica), direttamente i lanciatori, che sappiamo essere stato oggetto di una serie abbastanza capillare di missioni SEAD da parte delle forze aeree e soprattutto missilistiche russe.
Altri S-300 in giro non ce ne sono, e il fritto misto di NASAMS, Hawk, Crotale, Gepard eccetera, che sono arrivati alla spicciolata nei mesi precedente non è in grado di fermare le campagne missilistiche russe. Urge dunque un correttivo, e la scelta dei Patriot è logica e direi quasi obbligata. Ma sempre in tema di considerazioni, vanno valutati i tempi di spedizione e l’efficacia.
Secondo l’articolo della CNN i sistemi, una volta ottenute le firme del Segretario della Difesa e di Biden, verranno spediti “in the coming days” alla base NATO di Grafenwöhr in Germania, dove il personale ucraino verrà addestrato al loro uso – e questa non sarà certamente opera di poco tempo.
Il sistema Patriot è strutturato intorno a una serie di lanciatori mobili (8 al massimo) ognuno dotato di quattro missili, una stazione radar, una stazione di controllo del tiro, i generatori necessari al funzionamento di questi apparati e ovviamente (ma nell’articolo della CNN non se ne parla), un sistema SHORAD per proteggere l’installazione.
Addestrare tutto questo personale richiederà parecchio tempo, alcuni mesi – e già sui canali russi più oltranzisti si sono scatenate le illazioni sul fatto che in realtà il personale sarà NATO mascherato da personale ucraino, eccetera.
Il numero dei lanciatori non viene quantificato dalla CNN, ma ci pensa l’Associated Press qualche ora dopo (https://apnews.com/…/russia-ukraine-zelenskyy…): verrà inviata UNA batteria di Patriot – una.
Non si sa con quanti lanciatori, ma fossero pure otto servirebbero a proteggere un solo bersaglio (probabilmente Kiev, o qualcosa di altrettanto importante).
Ma lo proteggerebbero poi davvero?
La fama dei Patriot, ricordo, si deve alla guerra del Golfo del 1991, quando vennero utilizzati contro gli SS-1 Scud iracheni, missili balistici tattici a corto raggio (300 km per la versione Scud-B, di cui erano dotate le FFAA irachene) la cui entrata in esercizio risale al 1964.
Secondo Bush senior la percentuale di successo dei Patriot era del 97%, ma analisi un po’ meno partigiane condotte dagli USA e da Israele la abbassano al 50% – sempre contro gli Scud, ricordiamo.
Da allora, come si suol dire, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, e negli ultimi anni l’utilizzatore principale, l’Arabia saudita, ha inanellato una serie di insuccessi spettacolari contro i droni e i missili huthi nel 2017, 2018 e, soprattutto, 2019 (qui un preoccupato Times of Israel copre il fiasco del 2017 con molta diplomazia: https://www.timesofisrael.com/us-patriot-missiles-may…/; qui il NYT sull’attacco del 2019: https://www.nytimes.com/…/saudi-arabia-refineries-drone…).
Inoltre non sono mai stati testati contro missili russi o iraniani moderni, e soprattutto contro i droni di ultima generazione, cosa che solleva più di un dubbio sull’efficacia reale del sistema.
Ma si sa, beggars can’t be choosers, come dice il proverbio: e una batteria di Patriot è meglio di nessuna batteria di Patriot.
Lo stesso discorso vale anche per gli altri armamenti di cui si sta parlando in questi giorni, alcuni già arrivati (ma non ancora sul campo) e altri in procinto di arrivare. Stavolta non si tratta delle prodigiose superarmi occidentali, ma di materiale ex-sovietico: caccia MiG-29A e MiG-29UB dalla Slovacchia e carri M-55S dalla Slovenia.
I MiG-29 non sono ancora arrivati, non si sa quando arriveranno e non si sa, soprattutto, quanti saranno (secondo Wikipedia sono stati consegnati a settembre. Non è vero, il Ministero della Difesa slovacco ha dichiarato ieri che sono pronti a consegnarli).
Dovrebbero essere 11, tutti aggiornati allo standard NATO visto che sono stati mantenuti in servizio fino al 27 agosto di quest’anno. Non è dato sapere in che condizioni siano, volare certo voleranno – si deve vedere per quanto.
Nell’ultima settimana l’aviazione ucraina ha perso due dei suoi MiG-29, che sembra non siano in grado di opporsi né ai Sukhoi dell’aviazione russa né, soprattutto, all’antiaerea.
In entrambi i casi gli abbattimenti hanno portato alla perdita dei piloti, cosa purtroppo comune quando i caccia sono obbligati a volare bassissimi per evitare la contraerea e il seggiolino eiettabile, anche se tecnicamente “zero-zero”, non sempre riesce nello scopo ad altezze così basse (in questo video Anatoly Kvochur, ironia della sorte nato nella RSS Ucraina ma poi cittadino russo dopo la dissoluzione dell’URSS, si lancia a 2.5 secondi dall’impatto al suolo del suo Mig-29 – notare che il paracadute non fa in tempo ad aprirsi. Ma si trattava, appunto, di Kvochur, che dall’incidente è uscito indenne: https://www.youtube.com/watch?v=EXtlxa41mNc).
Il pezzo forte, ad ogni modo, sono i carri M-55S, di cui discute qui Forbes (https://www.forbes.com/…/super-upgraded-m-55s-tanks…/…) e di cui allego la foto, che Forbes prende da un video che circolava la settimana scorsa sui canali ucraini.
Gli M-55S non sono altro che una versione modernizzata, che Forbes chiama “super-upgraded” (la nota pagina Twitter Ukraine Weapons Tracker li chiama invece “deep modernization“), del T-55 sovietico, la cui prima versione è entrata in servizio nel 1958.
Ora credo abbiate capito che io sono un fan dei sistemi d’arma un po’ vecchiotti, o che perlomeno non condivido in pieno l’ossessione per la modernità ad ogni costo: però stiamo parlando di un carro armato degli anni ’50, per quanto super-upgraded.
E lo è, upgraded (super, insomma…): corazzatura reattiva (quelle nella foto non sono piastre d’acciaio, che essendo imbullonate in caso di detonazione esploderebbero in giro come shrapnel, ma appunto reattiva, sebbene di prima generazione), nuovi sistemi di puntamento, nuove ottiche, nuova trasmissione e soprattutto – ed è questa la cosa che manda in visibilio l’articolista di Forbes – un cannone da 105 inglese in luogo del vecchio cannone da 100 sovietico.
Eccola, la superarma occidentale! Il carro sarà anche degli anni ’50, ma usa il bastone di fuoco dell’uomo bianco contro cui la magia dei nativi non può nulla: “The M-55S’s hull is Soviet. Its weaponry is Western”!!!!!”
Peccato che gli sloveni, dopo aver speso un bel po’ di soldi per rimodernarli, all’inizio degli anni 2000 li hanno sostituiti con gli M-84s, cioè la versione jugoslava del T-72, e li hanno mandati in magazzino.
Manco loro li volevano più, con tutto che la loro weaponry era Western.
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Maurizio polverini
Ottimo onnicomprensivo
E Sem
L’ importante e’ continuare con la tragica rappresentazione sino a quando per otan si apre una finestra per un’ uscita dignitosa, puntando su vecchi cimeli non si rischia di essere presi sul serio dai russi &c. Per ora la guerra per procura puo’ continuare. Gli altri scenari (iran per cominciare) presentano qualche difficoltà imprevista. Ancora tre anni di screlotiche strategie suicide dem (interessante rileggere per quanto riguarda i rapporti attuali usa e alleati nato quanto pubblicato da national interest di circa dieci giorni fa, rivista difficilmente classificabile come filo russa). Forse abbiamo (quasi) tutti “preso un granchio” quando abbiamo pensato che russia e cina fossero i reali obbiettivi prioritari.
Gianni Sartori
DOPO WASHINGTON ANCHE PARIGI SGRIDA KIGALI (RUANDA) PER IL SOSTEGNO A M23
Gianni Sartori
Il 20 dicembre due comunicati, rispettivamente uno del Quai d’Orsay e l’altro delle Nazioni Unite, hanno portato un “aggiornamento” sulla drammatica situazione nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo (Rd C).
Dal governo francese un forte richiamo al governo ruandese affinché si adegui e rispetti le consegne degli accordi di Luanda e di Nairobi. Accordi con cui si sarebbe dovuto porre termine agli scontri armati (ripresi circa un anno fa) nel Nord Kiwu.
In sostanza il Ruanda dovrebbe “smettere di fornire sostegno ai ribelli di M23”, il movimento armato i cui legami con Kigali vengono – forse per la prima volta – esplicitamente denunciati da Parigi.
Sicuramente quella di Macron è una presa di posizione differente rispetto alle politiche (più “morbide”) adottate dai suoi predecessori.
Come del resto si era intuito dalla costituzione della Commissione Duclert per fare luce sul ruolo e sulle responsabilitàdella Francia all’epoca del genocidio dei Tutsi (1994). Nel rapporto finale si prende atto di “un insieme di responsabilità pesanti e di grandi dimissioni” da parte di Parigi.
Inoltre va ricordato che il problema di M23, se pur in maniera meno formale, era già stato affrontato l’anno scorso in occasione del viaggio in Ruanda del presidente francese.
Nella dichiarazione del 20 dicembre, per voce di Chrysoula Zacharopoulou, si afferma decisamente che “la Francia condanna il sostegno fornito dal Ruanda al gruppo armato M23”.
Con qualche ulteriore considerazione, meno polemica, sulla presenza militare ruandese nella zona di Capo Delgado (in Mozambico, per contrastare le milizie jihadiste). Dove si va realizzando un progetto di sfruttamento dei giacimenti di gas da parte dell’azienda francese Total.
In qualche modo la dichiarazione francese rappresentava l’anticipo di un rapporto – annunciato da tempo – degli esperti delle Nazioni Unite in merito alla situazione nella Rd C.
Un rapporto da cui emergono “prove schiaccianti” dei legami tra M23 e Kigali.
Permangono invece molti dubbi su quale posizione prenderà Londra. Soprattutto pensando ai controversi accordi con Kigali in base ai quali il Ruanda dovrebbe “accogliere” i migranti sbarcati in Gran Bretagna illegalmente. Ospitandoli in attesa della verifica delle loro domande d’asilo.
Pur rammaricandosi di quanto fosse tardiva, tale dichiarazione è stata accolta con favore dal governo della Rd C (così come era stata apprezzata anche quella più morbida, non di aperta condanna,emessa in novembre dal Parlamento europeo). Spingendosi tuttavia – attraverso un intervento di Patrick Muyaya (ministro congolese della Comunicazione) – ben oltre e chiedendo “condanna, sanzioni, giustizia e riparazione” per quanto è avvenuto e avviene in questa parte del territorio nazionale.
TOLTE LE SANZIONI SULLE ARMI PER LA Rd C
Sempre il 20 dicembre all’ONU si è votato per il rinnovo del mandato della missione di mantenimento della pace, la Monusco. Contemporaneamente, a sorpresa,venivano tolte le sanzioni sull’invio di armi nella Rd C. Una decisione ben accolta a Kinshasa in quanto cancella la regola in vigore dal 2003 per cui ogni invio di armi avveniva solo previa autorizzazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Qualche mese fa, in giugno, la Rd C aveva chiesto la soppressione di tale norma, percepita come indebita ingerenza, in quanto avrebbe impedito a Kinshasa di agire efficacemente nel nord Kiwu contro le milizie ribelli.
Richiesta appoggiata da Francia, Cina, Russia e diversi paesi africani, ma – all’epoca – bocciata da Londra e Washington.
E’ facile prevedere che i nuovi scenari non contribuiranno a migliorare le relazioni tra Kinshasa e Kigali, già alquanto deteriorate.Alla fine di ottobre veniva espulso l’ambasciatore ruandese, Vincent Karega, in quanto il presidente congolese (Félix Tshisekedi) voleva mostrare all’opinione pubblica quali fossero i veri “responsabili dell’instabilità del nord est”. Nel comunicato ufficiale tale drastica decisione si giustificava con “la persistenza del suo paese ad aggredire la Rd Congo, con l’invio massiccio di elementi dell’esercito ruandese a sostegno del gruppo ribelle M23»Una mossa quella di Tshisekedi forse non del tutto interessata, in vista delle prossime elezioni (previste per dicembre 2023)
Da parte sua il Ruanda rispondeva per le rime: “È deplorevole che il governo della Rd Congo continui ad addossare al Ruanda la responsabilità dei propri fallimenti in termini di governance e di sicurezza”.
In realtà se ormai da decenni persistono contenziosi e conflitti tra il Ruanda e la Rd C questo dipende soprattutto dalla irrisolta questione delle tre regioni contese: Ituri, Nord Kivu e Sud Kivu. Con le loro cospicue risorse minerarie e forestali (su cui vorrebbero allungare le mani anche l’Uganda e in parte la Cina). Alimentando la presenza di quasi un centinaio di gruppi armati, alcuni apertamente criminali, altri ricoperti di qualche giustificazione identitaria o ideologica.
Gianni Sartori
Lollo73
bell’ articolo. analisi che condivido. viviamo in tempi di finte pandemie e propagande. Il vero problema per gli Usa e per i loro lacchè della nato, e che lo scontro oriente Occidente è appena scoppiato, ed il fronte Ucraino presto non sarà più il solo. Grosse tensioni sul punto d’ esplodere sono a Taiwan, risaputo anche quello, e di nuovo in Serbia. Che nessuno calcola. Per gli sceriffi yankee è l’ ora di ricacare soprusi e prepotenze, oltre che ingerenze politiche d’ ogni tipo. E gli farà male. Ma peggio farà a noi poveri vassalli stelle e strisce!
Redazione Contropiano
Magari le pandemie fossero finte…
Antonio Genovese
e quindi? ma ci siete o ci fate cosa dovrebbero fare gli ucraini arrendersi? state fuori di testa ma grave…. fatevi curare …. mi spiegate perché cavolo di motivo gli ucraini devono stare alle pretese di un PAZZOIDE ASSASSINO DI PUTIN? chi cazzo ha invaso l’ucraina la NATO o la Russia? voi avete i paraocchi ideologici avete il cervello bacato la NATO avrà le sue colpe ma gli ucraini saranno liberi di allenarsi con chi cavolo gli pare o no?
Redazione Roma
Si certo, anche liberi di diventare carne da macello per gli interessi Usa e Nato. L’invasione russa di febbraio è solo l’ultimo atto di una guerra voluta e cominciata in Ucraina nel 2014…dalla Nato
Piero Cacciabue
it’s North Atlantic FELLA Organization