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Uno sguardo “oltre il Giardino”. Non solo Jungla

Resocontare due intensissimi giorni di analisi e discussione con dieci relazioni e dodici interventi è impresa difficile anche per le penne più navigate. Il Forum “Il Giardino e la Jungla” organizzato dalla Rete dei Comunisti, svoltosi sabato e domenica a Roma, ha segnato indubbiamente un contributo di qualità, raro di questi tempi, nel cercare di capire la nuova fase storica in cui siamo entrati e le linee di tendenza della nuova geografia economica, politica e mondiale che si va delineando.

In tal senso sono d’aiuto i video dei lavori –andati in diretta con centinaia di persone che li hanno seguiti da remoto – e la pubblicazione dei materiali sul prossimo numero della rivista Contropiano. (Prima giornataSeconda giornata )

La ricchezza dei dati e degli spunti è partita però da un presupposto enunciato dall’introduzione: la crisi e le faglie di rottura non attengono tanto ai “capitalismi” ma al Modo di produzione capitalistico in quanto tale e ai limiti che sta incontrando nel suo sviluppo.

Discendono da qui le crisi, la rottura del mercato mondiale e la guerra che è tornata a manifestarsi come punto più alto della contraddizione.

Il tentativo è stato quello di cominciare a indagare sul come i vari attori – sia che agiscano nel “Giardino occidentale” o nella “Jungla del resto del mondo” – cercheranno di misurarsi con quella che appare ormai come una crisi del sistema e non solo delle sue cadute settoriali o militari.

La divisione del mercato mondiale in nuovi blocchi geo-economici e politici, non è evidentemente omogenea ma è altrettanto evidente.

Una crisi di egemonia attanaglia l’Occidente capitalista sia nella sua proiezione esterna che sul fronte interno. La sollevazione popolare in Francia e il clima di “guerra civile latente” negli Usa o in Israele, la delegittimazione delle classi dirigenti in molti paesi europei, sono lì a dimostrarlo.

Ma il blocco dei Brics – in crescita rispetto ai paesi de G7 e in via di allargamento (vedi il grafico qui sotto) – converge per ora solo sui fattori economici (sganciamento dal dominio del dollaro, cooperazione economica, qui e lì collaborazione militare) mentre stenta ad affermarsi una identità politica comune speculare e apertamente antagonista a quella del capitalismo occidentale.

La crisi globale e le crisi interne di Usa e Unione Europea le costringono ad una maggiore cooperazione riconoscendosi nel blocco euroatlantico, una convergenza che rinvia – ma non liquida – le ambizioni di autonomia strategica della Ue e non esclude la competizione interna (vedi il protezionismo Usa verso la concorrenza europea). Ancora una volta è la guerra contro le potenze rivali (Russia e Cina soprattutto) a cementare una alleanza che di questa e su questa fa il suo punto di sintesi e proiezione condivisa ma assai critica quanto contraddittoria.

L’occidente capitalistico non può avanzare ma non può neanche ritirarsi. Il mercato mondiale – unificato e sottomesso dal 1991 si è rotto –  il suo Giardino non è più sufficiente all’accumulazione capitalistica necessaria, ma i suoi “cortili di casa” (America Latina e Africa) sono oggetto di contesa e spingono sempre più fortemente verso la sganciamento dalla subalternità alle potenze degli imperialismi “storici” mentre guardano alle potenze economiche e militari emergenti (Cina e Russia). Per ora senza un modello politico comune ed ancora dentro i meccanismi del Modo di Produzione Capitalistico. Ma la rottura c’è.

Una vignetta di Bob Minor, comparsa sul Daily Worker del 1925 rende l’idea di come questo sia un incubo “di ritorno” dei vecchi imperialismi.

Infine è importante comprendere anche come questo sconquasso nelle relazioni economiche e politiche internazionali si ripercuote sulle condizioni e sulla composizione di classe nei paesi a capitalismo avanzato. In particolare, come dovuto, nella situazione del nostro paese, perchè da questo deriveranno anche le scelte da fare sul piano del conflitto sindacale, sociale, politico.

Il vecchio mondo dunque sta morendo e il nuovo sta nascendo in mezzo a molti chiaroscuri.

In tal senso la Rete dei Comunisti ha chiarito sia in apertura che nelle conclusioni che con il Forum è stato avviato un percorso di ricerca, analisi, discussione al quale sono chiamati a collaborare tutti gli studiosi marxisti e i militanti comunisti che vorranno dare un contributo.

Ma se la nuova fase storica rimette in movimento la storia – inclusi i suoi punti di caduta più drammatici come la guerra – e vede manifestarsi una crisi di egemonia nei punti alti del capitalismo, per i comunisti e i rivoluzionari nel mondo – e quindi anche nel nostro paese e in Europa – la situazione diventa estremamente interessante e ricca di nuove occasioni per rimettere in campo quel processo di trasformazione sociale che la storia ha definito come socialismo.

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1 Commento


  • antonio

    …senza esagerazioni – ma – penso che sia il: “CHE FARE” del III° millennio.
    Non si danno esclusivamente risposte; bensì si pongono domande e si tracciano LIMITI ben precisi e definiti.
    LIMITI nei e sui quali penso che sia doveroso intervenire, praticarne organizzazione politica e adeguata strategia economica, sociale e di classe. Amen …ho detto tutto. Olé

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