L’attacco missilistico sulla base temporanea dell’esercito russo a Makiivka, che alloggiava soldati mobilitati dalla regione di Saratov, è confermato dal Ministero della difesa russo: 63 morti e (probabilmente) un centinaio di feriti.
Le cifre stratosferiche (400, 600 morti eccetera) che i nostri giornali all’inizio hanno dato per buone sono ovviamente esagerazioni da Telegram: nell’edificio era alloggiata una compagnia, quindi meno di 200 persone, e persino Anatoliy Shariy, famoso per le sue dichiarazioni – diciamo – estemporanee, aveva immediatamente detto che il numero non poteva essere così alto.
L’attacco è grave non solo per il numero di vittime, ma perché pareva che leggerezze del genere fossero ormai state abbandonate da parte dei comandi locali russi.
Del resto, il problema dell’alloggiamento delle truppe in zona di guerra resta complesso: non puoi mettere due soldati per casa, perché la situazione diventerebbe immediatamente un incubo logistico, e non puoi alloggiarli tutti sotto lo stesso tetto perché rischi conseguenze del genere (ricordo che, poche ore dopo, la stessa sorte dei russi a Makiivka è toccata agli ucraini dell’ottavo reggimento operazioni speciali a Khmelnitsky, la cui base è stata centrata in pieno da un missile russo).
Il modo in cui l’attacco, che è stato ovviamente pianificato o grazie all’intelligence NATO o a fonti locali, viene riportato e discusso va a negare tutta una serie di preconcetti abbastanza diffusi riguardo la gestione della guerra in Russia.
Il Ministero della Difesa ha ammesso l’attacco e le perdite (a differenza di ciò che fa il Ministero della difesa ucraino, che non comunica mai il numero delle proprie perdite né autorizza la diffusione di foto o filmati delle conseguenze degli attacchi missilistici russi), che ora sono diffuse da tutti i media, ufficiali e non.
E’ stata creata una commissione d’inchiesta per accertare eventuali negligenze e organizzata l’assistenza per le famiglie dei caduti; ancora una volta sui canali social russi (e non solo su quello di Strelkov…) si è scatenato un dibattito serratissimo sulle inefficienze dell’organizzazione e sulla necessità di procedere nella riorganizzazione radicale della gestione delle operazioni cominciata da Surovikin.
Infine, nessuno chiama in causa Putin se non per rimproverargli, come al solito, di essere troppo “tenero” con i negligenti.
Infine, se la morte di una sessantina di soldati è in assoluto la peggiore fin qui patita dalle FFAA russe (e lo è) e viene come tale celebrata da parte ucraina (più occidentale che ucraina, in realtà, come sempre; il tifo lo si fa da queste parti, da quelle provano a sopravvivere), la cosa ci obbliga a riconsiderare la veridicità delle cifre fornite dal Ministero della Difesa ucraino, riprese acriticamente dai nostri media, sulle perdite russe che oscillano tra i 300 e i 400 morti al giorno.
Con queste cifre dovrebbe essere occorrenza quotidiana, e invece non lo è affatto.
Per quanto riguarda la situazione sul campo, pare che la notizia data con grande risalto dell’abbandono di Kreminna da parte dei russi sia finalmente rientrata – non perché ci fosse il minimo sospetto che fosse vera, ma perché non se ne parla più.
Al momento si combatte, come ormai da due mesi, sulla linea Dibrova-Nevs’ke, e il comando russo è stato spostato da Kreminna proprio per evitare che facesse la fine dei riservisti a Makiivka e non perché si avesse intenzione di abbandonare il saliente.
La situazione da quelle parti, ad ogni modo, per i russi resta tesa e molto lontana dall’essere ideale. Più dinamica la situazione intorno a Bahmut e, soprattutto, Soledar, di cui pare non interessi a nessuno per motivi che mi sfuggono.
Le truppe russe e Wagner continuano a muoversi intorno alle città, evitando di impelagarsi in combattimenti urbani che le vedrebbero ovviamente sfavorite. A nord-est di Soledar la presa di Yakovliivka (avvenuta proprio nel momento in cui si batteva la notizia dell’abbandono di Kreminna…) consente agli attaccanti non solo di muovere verso Vesele, a nord, e di sviluppare un braccio di tenaglia verso Soledar da nord speculare a quello che si sta sviluppando da sud dopo la presa di Bahmuts’ke, ma soprattutto di dirigersi verso Krasnopolivka e la T0513, che collega Bahmut e Soledar a Siver’sk (che è 18 chilometri a sud-ovest di Kreminna e 14 da Dibrova).
Intorno Bahmut, a nord, la Wagner spinge verso il sobborgo di Pidhorodne e a sud da Opytne verso la periferia meridionale della città, e non si muove dai sobborghi orientali che ha sotto controllo.
Più importante è quello che succede ancora più a sud, dove si combatte per Klishiivka che, se presa, aprirebbe la strada sia verso la T0504 che collega Bahmut a Kostjantinivka che verso Časiv Jar, il più importante snodo logistico delle retrovie ucraine.
Questa la situazione oggi. A disegnare frecce sulle mappe, si sa, siamo buoni tutti.
* da Facebook
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