Menu

Perù. 12 morti nelle proteste contro il golpe

Il numero delle vittime di una protesta antigovernativa nella città peruviana di Puno, nella regione andina meridionale, è salito ieri a 12 persone. I medici hanno anche confermato che i corpi sono stati colpiti da proiettili di armi da fuoco, in diversi casi con effetti devastanti, che possono essere causati solo da proiettili esplosivi che provocano morte certa. Nove corpi si trovano nell’obitorio dell’ospedale Carlos Monge, uno in un centro sanitario e due devono essere recuperati dalla strada e che molti sono morti per colpi d’arma da fuoco alla testa. Ci sono anche 29 feriti di diverse gravità.

I morti si sono verificati durante i nuovi tentativi dei manifestanti che si oppongono al golpe contro Castillo di entrare nell’aeroporto di Juliaca, una manifestazione a cui si sono unite persone provenienti dalle province vicine, arrivate in massa per unirsi alle proteste.

Migliaia di persone provenienti da città della provincia di Collao si sono unite alle proteste a Juliaca, dove al calar della notte sono state lanciate pietre contro edifici governativi e giudiziari, uno dei quali è stato dato alle fiamme.

Il governatore della regione di Puno, Richard Hancco, ha condannato i morti nelle strade e respinto la campagna politica e mediatica che attribuisce le proteste, riprese il 4 gennaio, a elementi terroristici ed estremisti. Ha sottolineato che la colpa della crisi è della destra centrista e delle sue provocazioni contro la popolazione scontenta e che sta usando la presidente Dina Boluarte per i propri fini, aggiungendo che “quando si dimetterà, il popolo di Puno si rallegrerà”.

La nuova ondata di manifestazioni di malcontento fa seguito a quelle dello scorso dicembre, dopo l’impeachment e l’incarcerazione del presidente Pedro Castillo.

Nel frattempo, a Lima, il governatore della città settentrionale di Trujillo, César Acuña, ha confermato che i morti di Juliaca hanno costretto la presidente Boluarte a sospendere la riunione dell’Accordo Nazionale che aveva convocato per cercare soluzioni alla crisi.

Mentre Dina Boluarte incontrava i governatori regionali nell’Accordo nazionale, Nivardo Enríquez dell’Ufficio dell’Ombudsman ha riferito di diversi morti a causa della repressione delle manifestazioni che chiedevano la chiusura del Congresso e le dimissioni di Dina Boluarte. Migliaia di cittadini di vari distretti della regione hanno annunciato che si sarebbero recati a Lima per continuare le proteste.

Ma la riunione dell’Accordo Nazionale, finalizzata a raggiungere un accordo sulla crisi sociale in Perù, si è aperta senza la partecipazione, a della più grande federazione del lavoro e del coordinatore dei fronti regionali.

La Confederazione Generale dei Lavoratori (CGTP) ha annunciato in precedenza che non avrebbe partecipato all’incontro, al quale prendono parte la presidente Boluarte e il capo del Congresso, José Williams, che la CGTP considera “illegittimo e rifiutato dal popolo sovrano”.

“Non ci può essere un accordo di pace sociale quando il popolo peruviano viene massacrato, torturato e ucciso per aver esercitato il proprio diritto di protesta”, ha dichiarato la confederazione sindacale in un comunicato.

Il testo accusa Boluarte e Williams di aver infranto l’ordine democratico, “di non aver rispettato il voto della maggioranza dei poveri e degli esclusi e di aver costituito una tirannia di governo sotto forma di dittatura civile-militare-corporativa”.

Fonte: Resumen Latinoamericano

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *