Pubblichiamo il testo dell’intervento di un compagno brasiliano tenutosi nella tappa bolognese del ciclo di incontri nazionali dal titolo “Con l’America Latina e contro i suoi nemici”, che aiuta ad inquadrare il tentativo di colpo di Stato contro Lula avvenuto ad inizio anno.
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Quello che è successo l’8 gennaio 2023 a Brasilia è stato tecnicamente un tentativo di colpo di Stato. Sebbene poco strutturati e poco chiari, gli atti di quei giorni avevano questo obiettivo.
Oltre all’attacco ai palazzi del potere, infatti, ci furono sabotaggi di linee elettriche, attacchi a raffinerie di petrolio e carburanti in generale, c’era anche dell’esplosivo in un camion cisterna nei pressi dell’aeroporto di Brasilia pronto ad essere usato. In modo diffuso si intendeva creare grande confusione e quindi generare una richiesta di intervento delle Forze Armate.
Il fatto più terrificante è che gli atti dell’8 gennaio erano perfettamente prevedibili: sono stati annunciati anche sui social network e, prima ancora, durante il governo Bolsonaro il quale aveva annunciato che se non ci fossero stati i voti stampati (il voto in Brasile dal 2002 si è fatto attraverso urna elettronica) “quello che accadrà nel paese sarà peggio del 6 gennaio nel Campidoglio degli Stati Uniti”.
Poco dopo l’esito delle elezioni presidenziali, i fanatici – e fanatici è il nome che ritengo più appropriato, anche per il loro carattere religioso – bolsonaristi hanno interrotto le strade principali del Paese ed hanno cominciato ad accamparsi davanti alle caserme militari chiedendo l’intervento militare e rivendicando presunti brogli elettorali, senza alcun fondamento di fatto.
Il problema qui è più accentuato perché questi accampamenti in zone militari avevano l’assoluta accondiscendenza dei militari.
Nonostante tutti questi fattori, l’effettiva protezione del Generale del servizio d’intelligence brasiliano ha lasciato solo otto agenti di sicurezza per la protezione dei palazzi in quella fatidica domenica. Durante gli eventi dell’8 gennaio, le forze armate hanno utilizzato i carri armati per impedire alle forze di sicurezza nazionale di recarsi nei palazzi del governo per cacciare gli invasori.
L’esercito e la polizia hanno protetto i fanatici. Molti di questi erano loro parenti. È già così è evidente che ci sia la configurazione di una forza insubordinata contro il presidente eletto della repubblica.
Il segretario alla Sicurezza Anderson Torres di Brasilia, il Distretto Federale che ha status di Stato in Brasile e quindi ha la sua stessa polizia, ossia colui che avrebbe dovuto impedire gli atti, era l’ex Ministro della Giustizia di Bolsonaro. Ora è attualmente in carcere, ma il giorno dopo la smobilitazione della polizia era fuggito in Florida negli Stati Uniti, lo stesso stato americano in cui Bolsonaro era ed è ancora oggi.
Inoltre, in occasione del suo arresto, un mandato di perquisizione emesso dalla magistratura, a casa sua è stato trovato un documento volto a ribaltare il risultato elettorale vinto da Lula.
Ma chi sono queste persone e cosa rappresentano? Il governo precedente è stato caratterizzato da un discorso di destra ultraliberale, che attaccava gli errori passati e anche l’ipocrisia da parte delle sinistre liberali o socialdemocratiche che avevano governato prima, essendo state elette con una propaganda di sinistra e non avendo mantenuto le promesse di affrontare le contraddizioni tra capitale e lavoro nella società.
Il bolsonarismo ha unito a questo un certo conservatorismo, anch’esso ipocrita, con i seguenti motti: lo Stato conserverà i valori come la famiglia, il divieto di droghe, il matrimonio tra uomini e donne, il divieto di aborto, ecc., per il resto, si ritirerà dal campo degli interventi sociali anche i minimi.
Inoltre, in questa guerra di tutti contro tutti, cercherà di liberalizzare le armi in modo che ognuno possa garantire la propria sicurezza e difendere il proprio onore. Non è un caso che un discorso del genere, per quanto fantasioso possa essere, ha dato tanti frutti.
Con l’elezione di Bolsonaro, inoltre, le Forze Armate hanno ripreso direttamente il controllo dello Stato. Si utilizza in questo caso un termine: Partito Militare, o Partito in Divisa, che arriva a comprendere anche la “casta” militare. Questa categoria vive condizioni di vita separate ed è tutt’altro rispetto alla vita dei comuni cittadini.
Bolsonaro ha assunto più di ottomila militari nel governo. Quello che è interessante è che questo personale non ha fatto alcuna differenza per le forze armate, un’appropriazione indebita che non è stata nemmeno notata, rivelando la scarsa funzione di questa categoria. Ciononostante, la considerazione che l’esercito sia parte dello Stato e non vice-versa, non è mai stata compresa in Brasile.
Il settore popolare progressista brasiliano però ha un sentimento di insoddisfazione verso il bolsonarismo e talvolta usa una lettura molto morale o che riduce questi individui a una caricatura o ad un deficit intellettuale. Niente di tutto questo è necessariamente sbagliato ma è insufficiente, poco materialista e astratto, e non considera la storia del fascismo e del militarismo brasiliano.
Il Brasile è stato l’ultimo paese in America ad abolire la schiavitù, i cui echi risuonano chiaramente fino ad oggi. La logica delle caste, ossia di una classe che lavora e l’altra che comanda, continua ai nostri giorni. Questo si riproduce non solo negli ambienti di lavoro o nella svalutazione estrema dei servizi, c’è un’intera organizzazione sociale che separa la classe lavoratrice da un’élite.
Anche nell’architettura urbana, con ascensori di servizio e sociali affinché le persone non si mescolino, appartamenti costruiti con una stanza di servizio, cioè una stanza di circa 3 metri quadrati, senza finestre, dove deve vivere una domestica di una famiglia che gli paga una miseria.
Gli ufficiali riproducono ancora di più questa logica: vivono in villaggi isolati, scuole e ospedali specifici dove non si mescolano, e fin da piccoli crescono con l’idea della superiorità morale.
Il militarismo brasiliano nel corso della storia ha consolidato il fatto che i militari, addestrati a combattere un nemico in modo assolutamente anacronistico, hanno fino ad oggi la funzione di garantire la sicurezza e la protezione della popolazione. Mi limito a semplificare raccontandovi i casi dei due maggiori stati brasiliani per riportarvi alcuni esempi di come pensa e lavora questa polizia militare.
L’emblema (stemma) della Polizia Militare di San Paolo è composto da 18 stelle, ognuna di esse rappresenta una ribellione popolare in cui questi agenti sono stato coinvolti.
Ad esempio, l’ottava stella rappresenta la campagna contro Canudos (un’organizzazione proto-anarchica religiosa del nord-est brasiliano resa popolare dalla totale assenza dello stato di miseria generale), la nona la campagna contro la rivolta della chibata (frusta) (quando i militari poveri di basso rango si ribellarono alle punizioni corporali degli ufficiali superiori), la decima contro la rivolta degli operai nello sciopero del 1917, la diciottesima rappresenta quella che la polizia militare chiama la rivoluzione del 1964, cioè il colpo di stato militare brasiliano, una strage contro i contadini, la violenza contro i marinai che combattevano le punizioni corporali, gli abusi contro gli operai in sciopero e il sostegno al golpe del 1964 con successivo coinvolgimento nella macchina delle torture di Stato.
Questi rappresentano i valori più nobili della polizia militare del più grande stato brasiliano di una popolazione di più di 40 milioni di persone.
La Polizia Militare del secondo stato brasiliano più grande, Rio de Janeiro, fu creata nel XIX secolo da Don João IV, re del Portogallo che governò l’impero in Brasile in quella regione in quel periodo a causa delle guerre napoleoniche, in un contesto in cui la rivoluzione dei neri ad Haiti faceva terrore ai proprietari schiavisti nel caso in cui qualcosa di simile accadesse in Brasile.
Avendo la missione di difendere i proprietari terrieri, il simbolo di questa polizia sono le piante di zucchero e caffè, due carabine e la corona imperiale. Ancora oggi. Braccio armato a difesa della proprietà e del potere. Più esplicito di così è impossibile. Il fatto è che la Polizia Militare è stata creata per uccidere o morire, e in questo senso ha un enorme successo.
La missione di questa Polizia, nella legittimità dell’uso esclusivo della forza, è difendere lo status quo dalle minacce. Se qualcuno chiede cosa non va con la polizia militare brasiliana, la risposta è: niente, sono estremamente efficaci contro gli stessi brasiliani poveri e neri.
Qualsiasi lettura materialista riconosce che il concetto di democrazia in una società capitalista è l’organizzazione dello Stato per mantenere lo sfruttamento di una classe rispetto a un’altra. Nel caso del Brasile, la violenza palese dimostra questa funzione con una chiarezza unica.
Oltre alle forze armate, altri agenti sono molto rilevanti per gli atti dell’8 gennaio e il continuo attacco alla beffa della democrazia che esiste in Brasile. Tuttavia, niente di quello che abbiamo visto sarebbe potuto succedere senza il sostegno economico e il finanziamento diretto dell’Agribusiness.
Questo settore si allontana da ogni desiderio di sviluppo nazionale in quanto è in gran parte automatizzato o interessato a manodopera a basso costo. Allo stesso tempo, beneficia di una valuta debole e non si preoccupa del mercato interno dal momento che non sono affatto i principali produttori di cibo per la popolazione brasiliana, ma si concentrano piuttosto sull’esportazione di cereali ed olio. Contano anche sul fatto che in Brasile non c’è mai stata una riforma agraria.
Per le stesse ragioni, nell’interesse del progresso agricolo predatorio, i proprietari delle risorse agricole sono strenui nemici della demarcazione delle terre indigene o della conservazione dell’Amazzonia, mantenendo la loro produzione e la concentrazione della terra nei vecchi schemi di plantations.
E stiamo parlando di un Paese che negli ultimi anni ha salvato da situazioni di schiavitù 60.000 lavoratori, compresi gli indigeni, la maggior parte dei quali in allevamenti di bovini, soia e simili.
A questo si aggiunga che, da un punto di vista ideologico e pratico, capi religiosi neo-pentecostali, proprietari di concezioni pubbliche di stazioni radiofoniche e televisive, esenti dal pagamento delle tasse per i loro templi religiosi, instillano nei loro seguaci un’idea di guerra santa contro la sinistra, i comunisti, ecc.
Riconoscendo il ruolo di alcuni dei principali golpisti nell’attuale scenario del Brasile, rimane la domanda: gli atti golpisti sono stati un fallimento? La verità è che loro hanno mostrato una forza ed un’organizzazione persino invidiabili. Finora i principali capi e potenti ne sono usciti indenni, solo “os bagres”, i “pescegatto”, cioè i pesciolini, sono stati catturati.
Lo scenario attuale è la gestione di un governo in costante autodifesa, che potrebbe essere la completa rovina del governo. L’Insurrezione Bolsonarista, non spontanea, con appoggi multipli, anzi, con una componente proveniente dalla Polizia Militare e dall’Esercito, letteralmente la frazione armata di un Partito Politico, dimostra che continuerà ad essere, fino alla fine, una minaccia al governo attuale.
Una realtà che non può continuare ad esistere, in quanto nessun Paese al mondo tollererebbe, ad esempio, che un agente della corporazione militare continui a farne parte dopo essersi candidato alle elezioni. La situazione è così complessa che persino Lula ha dovuto scegliere come ministro della Difesa José Múcio, un uomo che viene dalle file di ARENA, il partito che sostenne la dittatura, e che ha legami assoluti con i militari di ieri e di oggi.
Questa situazione lascia in eredità nel Paese l’evidenza dell’esistenza di un servizio di intelligence legato alle forze militari, che è assolutamente inaffidabile e che ne ha già dato i segnali. Ma oggi come oggi i militari sono in una posizione arretrata, a causa di una situazione che include anche il sostegno della Casa Bianca al normale processo elettorale in Brasile.
Come sappiamo, mai un colpo di stato in America Latina ha esito senza il sostegno degli Stati Uniti. Sia l’Europa che gli Stati Uniti, nella attuale congiuntura, temendo un’azione dell’estrema destra nei loro territori, sostengono l’elezione di Lula.
Inoltre, il fatto senza precedenti nella nuova repubblica della non rielezione di un presidente al potere, dovrebbe fornire un supporto minimo per scontri duri ma necessari all’interno della società brasiliana le cui richieste minime dovrebbero essere:
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Mobilitazione popolare e organizzazione in uno schema di autodifesa;
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Smilitarizzazione della Polizia Militare, oggi intesa come forza ausiliaria dell’esercito, dannosa eredità della dittatura;
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Indagine e sanzione di tutti i crimini commessi nel governo Bolsonaro, compreso il disprezzo per la pandemia e il genocidio indigeno, oltre a corruzione e appropriazione indebita nei più diversi settori della pubblica amministrazione;
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Indagine e sanzione di atti di colpo di stato;
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Indagini e sanzione di chi ha finanziato tentativi di colpo di stato e sabotaggio delle strutture del Paese, con l’esproprio delle loro aziende e il loro passaggio al controllo dei loro lavoratori;
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Non accettazione dell’amnistia per chi è coinvolto in reati. Su questo c’è un manifesto “Anistia Nunca Mais” L’amnistia mai più” sul sito web https://chng.it/M6sgRRqvMH ;
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Modifica dei programmi di addestramento degli ufficiali;
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Passaggio dal controllo della promozione degli ufficiali militari al controllo civile;
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Seguendo l’esempio di Gustavo Petro, presidente della Colombia, il Brasile deve urgentemente mettere in riserva i suoi Ufficiali Generali compiacenti con l’intento del golpe e subito, l’intero alto comando;
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Creazione di una forza tipo Guardia Nazionale da creare da zero con un contingente specifico;
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Promozione di donne e neri a posizioni ufficiali, che riflettono la reale diversità del Paese;
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Fine del servizio militare obbligatorio;
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E, molto importante, un insegnamento critico della storia del militarismo in Brasile, contemplando tutte le sue contraddizioni e garantendo così il loro superamento.
* militante del PCB – Partito Comunista Brasiliano, i cui recenti contributi teorici sono stati punto di riferimento per questo scritto insieme a quelli del professor Vladimir Safatle e della produzione del podcast “Medo e delírio em Brasília”.
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