Lo scorso mercoledì Brasile e Cina hanno raggiunto un accordo per svolgere le reciproche transazioni commerciali con le proprie valute nazionali, senza usare il dollaro come mezzo di intermediazione. La Banca industriale e commerciale della Cina e il Banco BBM brasiliano sono state incaricate di procedere alle relative operazioni di cambio.
La firma di una ventina di accordi tra i due paesi era stata sospesa solo qualche giorno fa a causa dell’indisponibilità del presidente brasiliano Lula per una polmonite bilaterale. Le nuove collaborazioni avrebbero riguardato l’agroalimentare, la scienza e la tecnologia, l’istruzione e la cultura, e anche un’eventuale adesione del Brasile alla Belt and Road Initiative.
Anche senza Lula, il forum commerciale tra i due paesi si è comunque svolto, portando a compimento anche questo accordo sugli scambi, già abbozzato in maniera preliminare lo scorso gennaio. A questo incontro hanno partecipato anche quasi 250 uomini d’affari cinesi, e altrettanti brasiliani.
Nel comunicato dell’Agenzia brasiliana per la promozione delle esportazioni si legge che lo scopo è quello di “ridurre i costi” e di “promuovere ulteriormente il commercio bilaterale, facilitando al contempo gli investimenti”. Già oggi la più grande economia del Sud America vede nel Dragone il suo principale partner commerciale.
Oltre ai 150 miliardi di scambi bilaterali del 2022, la Camera di Commercio Brasile-Cina ha calcolato che il 48% degli investimenti cinesi in America Latina tra il 2007 e il 2020 sono finiti proprio in Brasile. Un ulteriore rafforzamento del legame tra i due paesi potrebbe avvenire attraverso il via libera alle banche brasiliane a partecipare al mercato finanziario cinese.
La Banca Nazionale per lo Sviluppo Economico e Sociale (BNDES) sarebbe al centro dell’intesa che permetterebbe a questo istituto di accedere ai crediti sottoposti al controllo di Pechino, per finanziare progetti infrastrutturali ed energetici. Anche se la pubblicità di questo patto è stata rimandata, sembra che ormai esso sia vicino alla fase finale.
Intanto, anche altro si muove nel panorama mondiale. Dilma Rousseff, la presidente del Brasile dal 2011 al 2016, è stata da poco indicata al vertice della National Development Bank, la banca di sviluppo dei BRICS. Nell’istituto finanziario è stato inoltre appena accolto l’Egitto, che secondo le stime della Banca Mondiale dovrà avviare nei prossimi anni un piano di investimenti di 230 miliardi di dollari.
Attraverso i BRICS, e non solo, sta prendendo piede un nuovo sistema di pagamenti e vettori di investimento internazionali. La Cina ha già stretto accordi valutari simili a quello di cui abbiamo parlato con altri paesi, tra cui Russia, Pakistan, Cile, Argentina. A breve anche le banche brasiliane entreranno a pieno titolo nel CIPS, il circuito di compensazione bancaria cinese che si oppone allo SWIFT statunitense.
Tutte queste azioni si inseriscono all’interno di una progressiva de-dollarizzazione del mercato mondiale, guidata dalla Cina con l’obiettivo di ridurre la principale leva internazionale di Washington. Significa mettere in crisi uno dei due principali strumenti (l’altro è il Pentagono) con cui la Casa Bianca ha tenuto in pugno il mondo negli ultimi decenni.
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