Mentre il regime euro-atlantico moldavo di Maia Sandu taglia i ponti con la CSI (la cosiddetta Comunità degli Stati Indipendenti, messa in piedi dopo la fine dell’URSS) torna a far sentire la propria voce il territorio autonomo di Gagauzija, dove le elezioni per la carica di “Bashkan” (Governatore) hanno dato la vittoria alla candidata del partito “Shor”, Evgenija Gutsul (al secondo turno ha superato l’altro candidato filo-russo, il socialista Grigorij Uzun) che tutti i media di rispetto si affrettano a qualificare come “filo-russa”, per le sue dichiarazioni di avvicinamento a Mosca, e, per ciò stesso, passibile di arresto.
Non si è (ancora) arrivati a tanto, anche se il regime di Kišinëv già pensa a come annullare i risultati del voto e si fa in quattro per mettere fuori legge il partito del miliardario Ilan Shor: non proprio un galantuomo, ma in ogni caso fondatore di un partito, “Shor” appunto, che raccoglie percentuali di tutto rispetto in tutta la Moldavia.
Al momento, sembra che nella capitale ci si limiti a lanciare appelli per annullare le elezioni gagauze, per «la de-russificazione e la rumenizzazione» del paese.
A onor del vero, Gutsul è stata dichiarata eletta ancor prima che la Corte d’Appello gagauza e, quindi, la Corte costituzionale moldava, abbiano proclamato ufficialmente il risultato che, nel primo caso, è previsto per il 22 maggio.
Ora, secondo la legge, il “Bashkan” è di diritto membro del governo moldavo, anche se è una figura puramente decorativa: un voto su ventuno membri del gabinetto. Il che rispecchia l’assenza di una reale autonomia , dal momento che Kišinëv è in grado di controllare, in ogni momento, qualunque dicastero gagauzo.
Il premier moldavo Dorin Recean si è affrettato a dichiarare che dubita della possibilità di lavorare con la Gutsul e che il governo non «lavorerà con persone che rappresentino interessi diversi da quelli della regione autonoma. Il sistema giuridico interverrà ogni volta che ci saranno ordini del giorno estranei agli interessi dei cittadini».
Gli “interessi diversi”, a parere di Recean e della Presidente Maia Sandu, sarebbero quelli russi, in una regione che guarda da sempre verso Mosca.
Comunque, pur se quella dell’arresto di Evgenija Gutsul appare un’ipotesi abbastanza remota, nella notte del 17 maggio, la polizia è penetrata nell’edificio della Commissione elettorale gagauza, nel capoluogo Comrat, e ha requisito tutte le schede votate, col pretesto di brogli nel voto.
In effetti, commentatori russi ricordano come, per “tradizione informale”, i parenti continuino a votare anche per i familiari andati a lavorare all’estero, tanto per dire…
Il direttore dell’Istituto moldavo di politica, Vitalij Andrievskij pensa che le possibilità che l’elezione della Gutsul venga annullata siano del 51%: «se dipendesse solo dal governo Recean, le possibilità sarebbero del 90%. Siccome però a Ovest non si vuol acutizzare la situazione finché dura il conflitto in Ucraina, e Maia Sandu obbedisce senz’altro alle indicazioni occidentali», allora il pronostico è diverso.
Nella questione interviene il Partito socialista dell’ex Presidente Igor Dodon, che sta preparando un progetto di risoluzione parlamentare sulla “usurpazione del potere” da parte di Maia Sandu e del partito governativo “Azione e Solidarietà”; nel frattempo, esige che Kišinëv cessi le pressioni su Comrat e l’attacco alla Commissione elettorale gagauza.
Il Partito comunista accusa della crisi direttamente l’Occidente e ricorda la situazione del 1990, allorché la crisi scoppiò sia in Transnistria che in Gagauzija, dopo di che quest’ultima, nel 1994, ottenne l’attribuzione di status speciale dal parlamento moldavo, evitando il conflitto armato come in Transnistria.
Per il momento, a livello dell’intera repubblica, va avanti il corso “europeista” di Governo e Presidente e, pur se la Moldavia è solo “paese candidato”, le pressioni di Bruxelles già producono gli effetti abituali.
Così, Ilan Shor, dall’estero dove si è rifugiato, mentre denuncia la deriva autoritaria di Maia Sandu, attribuisce a Bruxelles la responsabilità «del fatto che i cittadini moldavi paghino il gas 10 volte più di prima [di fatto: 30 lei al mc invece di 6] e l’elettricità tre volte più cara, con crisi e inflazione galoppante…
Oggi la maggioranza dei cittadini è per la neutralità, sancita dalla Costituzione moldava… Dunque, qualsiasi tentativo di far avanzare l’integrazione europea senza indire un referendum sarà giudicato una violazione della sovranità del paese e i cittadini, che vogliono neutralità, relazioni amichevoli e partenariato con la Russia e l’Oriente, agiranno di conseguenza».
L’osservatore Il’ja Kiselëv ricorda come il confronto tra Kišinëv e Comrat fosse iniziato sin da subito, dopo la dichiarazione di “indipendenza” della Moldavia dall’URSS, ma oggi sta prendendo forme particolarmente aspre e vari rappresentanti della élite governativa sempre più spesso parlano di abrogazione dell’autonomia della Gagauzija, con la naturale reazione dei suoi abitanti e dei rappresentanti anche di forze politiche sinora non alleate.
Ora, a parere di Elena Panina, che ne scrive su News Front, una possibile alleanza tra Igor Dodon e Ilan Shor è la cosa che più preoccupa Maia Sandu, anche perché il processo di autonomizzazione porterebbe all’esistenza di due enclavi apertamente filo-russe, Transnistria e Gagauzija, e ciò ostacolerebbe non poco i disegni NATO di “anschluss” della Moldavia alla Romania, per trasformare l’intera regione in una piazzaforte atlantica a tutti gli effetti.
Non è da escludere quindi qualche atto di forza di Kišinëv, con la possibile completa abrogazione dell’autonomia gagauza.
A differenza di Kiselëv, sulla russa Vzgljad, Jurij Zajnašev e Dar’ja Volkova scrivono che Kišinëv ha deciso di agire in Gagauzija «con guanti di velluto» e, secondo il metodo classico USAID, ha aperto nella regione autonoma molti media, che dovrebbero trasformare l’atteggiamento generalmente filo-russo della maggioranza della popolazione, in pro-ccidentale.
È così, per esempio, che il 18 maggio sono iniziati a Kišinëv gli “american days”, nel corso dei quali, come riporta con soddisfazione la “Gazzetta Italo-Moldova”, si sono potuti «assaggiare gratuitamente i piatti americani presentati dagli organizzatori. In alcune stand sono state date informazioni sui progetti finanziati con il sostegno del popolo americano». Commovente.
Nella cerchia di Sandu, afferma l’ex “Bashkan” della Gagauzija nel 2006-2015, Mikhail Formuzal, stanno facendo ricorso a una tattica insidiosa: soffocare Comrat in un abbraccio. Spendono ogni anno decine di milioni di euro per dar vita a ONG e media che mirano a “europeizzare” i gagauzi. «E in generale agiscono anche con successo. Prevedo che 8-10 anni di un simile lavorio possano portare ad avere un “Bashkan” filo-occidentale», dice Formuzal.
Ma com’è che Mosca è così popolare in Gagauzija? Ancora a parere di Formuzal, la ragione è abbastanza semplice: «Da oltre 20 anni sono al potere a Kišinëv democratici e liberali, che parlano molto di democrazia e riforme, di avvicinamento all’Unione europea, ma la vita delle persone sta peggiorando. Cresce l’emigrazione; nei nostri villaggi ci sono centinaia di case con le finestre sbarrate. Dunque, c’è nostalgia dei vecchi tempi».
In generale, dice l’ex “Bashkan”, in Gagauzija non ci si aspetta nulla di buono da Maia Sandu: «se ci avesse dato buone pensioni, buoni stipendi, condizioni di lavoro dignitose, trattamento fiscale agevolato, equa distribuzione dei voti alle elezioni, forse sarebbe stato diverso. Ma, per ora, non si vede nulla di buono da Kišinëv e c’è quindi un atteggiamento estremamente negativo».
È anche così che ha potuto vincere una candidata che letteralmente nessuno conosceva fino a un paio di mesi prima del voto. Il partito “Shor”, che sosteneva la 36enne Gutsul, ha promesso di attirare nella regione 500 milioni di euro di investimenti nei primi due anni di “bashkanship” della propria candidata, creare settemila nuovi posti di lavoro e aumentare gli stipendi del 30%.
Immediatamente dopo l’annuncio del risultato elettorale, Evgenija Gutsul si è pronunciata per il rafforzamento dei rapporti con Mosca: «Noi, diciamo così, siamo un partito filo-russo» ha dichiarato; per il futuro «vogliamo restare in rapporti amichevoli con la Russia e anche con altri paesi».
Così, ha annunciato la prossima apertura a Mosca di una rappresentanza della regione gagauza e l’avvio di colloqui per sbloccare l’esportazione di prodotti agricoli in Russia, dopo il fermo dello scorso agosto per violazione delle norme di quarantena.
Da parte sua, Ilan Shor ha anche stigmatizzato la decisione di Kišinëv di ritirarsi dall’Assemblea interparlamentare della CSI, così come da altre strutture della Comunità, annunciata lunedì scorso dal presidente del parlamento moldavo, Igor Grosu.
Shor ha dichiarato che proprio la vittoria di Evgenija Gutsul ha spinto i circoli dominanti moldavi a tale decisione. «Capisco la loro frustrazione e disperazione, ma questo non giustifica la vendetta sulla loro stessa gente. Poiché questo è ciò che significa l’uscita dalla CSI».
Questo è ciò che si pretende colà dove si decide ed è così che Maia Sandu ha annunciato ufficialmente l’adesione della Moldavia al cosiddetto “Registro dei danni causati dall’invasione russa dell’Ucraina”. UE e NATO sono sempre più vicine.
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