Ventitré anni dopo lo “shock” causato dall’entrata al governo del FPÖ di Jorg Haider, in Austria, il baricentro politico degli esecutivi continentali si è notevolmente spostato a destra.
E la convergenza tra conservatori e l’estrema destra è uno degli assi politici che dai singoli governi della UE potrebbe proiettarsi, con le elezioni politiche europee del giugno prossimo, anche a Bruxelles.
Non si tratta di mere “convergenze elettorali”, ma di veri e propri nuovi campi politici nelle varie famiglie dei conservatori continentali, conseguenza ultima della natura dell’Unione Europea, e delle oligarchie che la dominano, che hanno sposato politiche sempre più guerrafondaie, razziste, ecocide e di attacco ai ceti subalterni.
Un quadro preoccupante, tenuto anche conto che in generale le formazioni della sinistra radicale – spaccatesi sull’orientamento da seguire rispetto all’escalation bellica in Ucraina del febbraio dell’anno scorso e le politiche belliciste dei loro singoli esecutivi a riguardo – non sembrano godere di buona salute, a parte poche rare eccezioni.
Giorgia Meloni, finora, è a capo dell’esecutivo italiano. I Democratici della Svezia – formazione di estrema destra con un passato neonazista – sono al centro del programma e del governo diretto da Ulf Kristersson. A Helsinki, i Veri Finlandesi hanno trovato un accordo con due formazioni conservatrici per comporre l’esecutivo più a destra della storia del Paese dopo la Seconda Guerra Mondiale.
In Spagna Vox e il Partido Popular stanno conducendo differenti accordi a livello locale, possibile preludio ad una coalizione a livello nazionale dopo le elezioni politiche anticipate del prossimo 23 luglio.
Ultimi due dati che confermano una destra in ascesa sono il successo elettorale di Nuova Democrazia in Grecia nelle elezioni di questa domenica, che le hanno garantito la maggioranza assoluta – e con l’estrema destra degli Spartani che supera la soglia del 3%.
E le elezione di un membro della AFD tedesca in una «Landrat» – un’amministrazione territoriale che raggruppa differenti comuni – con Robert Sesselman che governerà il distretto di Sonneberg, nella regione della Turingia, nell’ex Germania Est.
Si tratta di un primo traguardo di governo locale per l’estrema destra tedesca a dieci anni dalla sua fondazione. Probabilmente il primo di una lunga serie…
Il politologo olandese Cas Mudde, intervistato a febbraio di quest’anno da Le Monde, parlava di un processo di “ibridazione” tra la destra e l’estrema destra in differenti paesi.
Si possono registrare due fenomeni contemporanei a riguardo: da un lato l’assunzione di tematiche proprie dell’estrema destra nella tradizionale destra conservatrice e, parallelamente, la “normalizzazione” dei partiti della destra radicale che vengono sdoganati come attori in grado di governare un Paese, nonostante le loro origine non proprio ascrivibile all’alveo della liberal-democrazia: neo-nazisti, ex-falangisti e fascisteria varia.
L’appoggio dato dalla UE ai neonazisti a Kiev dal 2014 ha accelerato questo processo, favorendo oltretutto pericolosissimi “scambi di esperienze” – di carattere militare – tra gruppi neofascisti della vecchia Europa e quelli ucraini.
É evidente che nel quadro complessivo dello “sfarinamento” della rappresentanza politica conservatrice tradizionale sono apparse delle “meteore” in grado di capitalizzare importanti porzioni di consenso ed in grado di orientare il dibattito politico dei singoli contesti politici nazionali, per poi scomparire una volta svolta la propria funzione.
E’ il caso di Ciudadans in Spagna o dell’UKIP di Nigel Farage in Gran Bretagna. piuttosto che di Zemmour in Francia.
Senz’altro uno degli esempi più recenti in questo senso è il Movimento degli agricoltori-cittadini di Caroline van der Plas, nei Paesi Bassi, divenuto recentemente il primo partito in Olanda, facendo campagna contro il piano di riduzione dell’azoto in Agricoltura, pur dentro un panorama politico – a destra – piuttosto affollato.
A fare da apripista ad una stabile convergenza tra forze conservatrici tradizionali ed estrema-destra è stata la Danimarca, dove i conservatori e il Partito popolare danese (Dansk Folkpati, FD) – una formazione nazionalista, con politiche anti-migrazione, ed euro-scettica che ha debuttato nel 2001 – ha cambiato in profondità il quadro politico.
I conservatori, in quel paese, sono riusciti ad andare oltre le proposte dell’estrema destra per quanto riguarda le politiche razziste, mentre i socialdemocratici – che pure nel 2019 erano ritornati alla testa del governo – poi le perpetuano.
Una dinamica a cui abbiamo assistito in diversi paesi, anche su altre tematiche reazionarie – dai diritti civili alle garanzie sociali complessive.
In Svezia, il capo dei conservatori – Ulf Kristersson – che poco più di quattro anni fa giurava e spergiurava di non voler “collaborare, conversare, cooperare e governare con i Democratici della Svezia”, ha fatto proprio il loro programma sull’immigrazione, oltre a renderli un perno del proprio esecutivo con l’accordo dell’Ottobre dell’anno scorso tra le 4 formazioni che ora sostengono il governo.
In Belgio, l’estrema destra fiamminga incarnata dal patito d’estrema destra Vlamms Belang (VB) è accreditata dai sondaggi al 25% delle delle preferenze e data come possibile vincitrice delle elezioni del 2024.
La destra conservatrice di Bart De Wever, presidente dell’Alleanza neo-fiamminga (N-Va, data al 22% nei sondaggi), ha integrato da tempo una parte dei temi cari all’estrema destra, ma rifiuta per ora una eventuale coalizione con il VB ed il suo giovane presidente, Tom Van Grieken, a meno che non recida i legami con le correnti dell’estrema destra identitaria.
Non sarebbe né la prima, né l’ultima operazione di maquillage politico finalizzata ad entrare in una compagine governativa, come abbiamo visto nel nostro ridotto nazionale con il passaggio dal MSI di Fini ad Alleanza Nazionale a Fiuggi, o dalla Le Pen di RN (Ex-FN) in vista delle presidenziali.
In Germania il “cordone sanitario” da parte della CDU di Friedrich Merz nei confronti della AFD sembra per ora tenere – nonostante alcuni smottamenti locali -, ma il partito dell’estrema-destra tedesca minaccia da vicino la formazione conservatrice, specie nella ex Germania dell’Est.
I sondaggi danno l’AFD al 20% a livello nazionale – cioè un elettore su cinque -, una percentuale che sale ad oltre il 30% nei Länder della Germania Orientale, staccando (secondo un recente sondaggio Forsa) di circa nove punti i Cristiano Democratici, e spaccando il Paese di fatto in due a più di trenta anni dalla caduta del Muro.
Le tematiche d’estrema destra però sono state fatte proprie dallo storico “gemello” bavarese della CDU, la CSU di Markus Söder.
Con una Die Linke in grande difficoltà, spaccata al suo interno, ed una CDU che ha governato più volte nella “Grande Coalizione” con la SPD, il governo composto da social-democratici, Verdi e Liberali ha come vera ed unica opposizione proprio l’estrema-destra della AFD, nonostante sia da tempo tallonata dall’intelligence tedesca.
In Austria, dove nel 1998 si ruppe il tabù di una alleanza tra conservatori (ÖVP) ed estrema-destra (FPÖ), la distanza tra i due è legata soprattutto alla politica estera, con il Partito della libertà che genera il rigetto dei conservatori solo a causa della sua posizione contro le sanzioni europee alla Russia.
Se prendiamo la Francia, gli eredi del gollismo – Les Républicains – assomigliano sempre più ad una formazione di estrema destra quando si parla di Islam, di sicurezza e di identità.
Non deve sorprendere che l’astro nascente dell’estrema destra francese, Eric Zemmour, prima di lanciarsi in politica, era stato un cronista di uno dei quotidiani della destra francese tradizionale, come Le Figaro.
Uno smottamento che mostra la contiguità “valoriale”, di visione del mondo, tra i due schieramenti.
I Républicains sono attualmente l’ago della bilancia della Macronie, come abbiamo visto per esempio nel caso della Riforma delle Pensioni o del diritto all’abitare. Senza il loro voto il “Presidente dei Ricchi “ non potrebbe realizzare la propria agenda politica, gestendo un esecutivo di minoranza.
E non può sorprendere che una legge creata ad hoc negli Anni Trenta contro le formazioni para-militari del fascismo francese sia stata usata recentemente per sciogliere il collettivo ecologista “Les Soulèvements de la Terre”.
I tentativi di arginare questa nuova ondata reazionaria si dimostreranno assolutamente fallimentari se non verranno messe in discussione alla radice le politiche di cui sostanzialmente si sono fatti carico l’Unione Europea ed il blocco euro-atlantico.
Una inversione di tendenza può prodursi solo tramite una cesura positiva con le ceneri di una socialdemocrazia in crisi terminale e di una parte di quella “sinistra radicale” che ha dismesso completamente il profilo di una alternativa alle politiche guerrafondaie e di austerità.
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