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“La notte sarà lunga”: la Francia in collera

L’uccisione da parte della polizia a Nanterre del giovane 17enne Nahel M. durante un normale controllo stradale delle ‘forze dell’ordine’ ha suscitato una vasta reazione che non sembra placarsi.

Un video divenuto subito virale – di cui è stata appurata l’autenticità dall’agenzia stampa AFP e dal quotidiano Le Monde – ha radicalmente rovesciato la versione delle fonti poliziesche.

É stato lo stesso presidente Macron a definirlo un dramma “inesplicabile e non scusabile”, cui hanno fatto eco parole simili del capo dell’esecutivo, Elisabeth Borne.

Macron ha ovviamente invitato alla calma finché venga fatta giustizia, ma gli animi non si sono affatto placati.

Per questo oggi è stata convocata una marche blanche alle 2 del pomeriggio, di fronte alla Prefettura a Nanterre, nel comune della periferia nord-occidentale della metropoli parigina, a poca distanza da dove è avvenuta l’uccisione. Ma numerose sono le iniziative di solidarietà che dal tardo pomeriggio di mercoledì – Lille, Nantes, Tolosa, per non citarne che alcune – si sono svolte in tutto l’Esagono.

É bene ricordare che l’Assemblea Nazionale – il Parlamento francese – ha osservato un “minuto di silenzio”  per la morte del giovane, nella giornata di mercoledì.

Contro le parole di Macron e Borne si sono scagliati i sindacati della polizia Alliance, Unite SGP Police, Sinergie officiers e Alternative police-CFDT che hanno messo l’accento sulla «presunzione d’innocenza» di cui devono beneficiare i propri colleghi, ancora in stato di fermo, nonostante le immagini mostrino una vera e propria esecuzione del 17enne senza che possa essere riscontrabile alcun pericolo per gli agenti,  come previsto dalle fattispecie previste per l’uso di armi da parte della polizia in quei contesti.

Le critiche indirizzate a Macron sono proprie sostanzialmente dalla leader del RN, Marine Le Pen, così come dei gollisti di LR, pronti a prendere la difesa a spada tratta delle forze dell’ordine.

La figlia del fondatore del Front Nationale – di cui RN è l’erede – ai microfoni di BFM-TV ha dichiarato: «la polizia non ha più, in un certo numero di quartieri, la minima autorità e questo mette delle vite in pericolo», affermando che il rifiuto di ottemperare agli ordini della polizia «mette delle vite dei poliziotti in pericolo, ma questo mette, lo si vede anche, le vite di altri in pericolo. Io sono per la presunzione di legittima difesa per le forze dell’ordine».

Di fatto si vorrebbe garantire l’impunità degli agenti anche in caso di una vera e propria esecuzione, come è accaduto mercoledì nella capitale francese.

Da quando la legge è stata cambiata – su pressione degli stessi sindacati di polizia, nel 2017 – le morti sono aumentate e l’anno scorso ben 13 persone sono state uccise dalla polizia mentre erano al volante.

Come scrive il sito d’informazione Mediapart: «in assenza di video incontestabili o di testimoni particolarmente convincenti, è la versione degli agenti che prevale».

Ma la coscienza della necessità del monitoraggio delle forze dell’ordine e la denuncia del loro operato è qualcosa che si è radicato nella coscienza di una parte importante del popolo francese, che ne ha fatto le spese dalle mobilitazioni contro la Lois Travaille in poi, come dimostrano il bellissimo film I Miserabili di Lady ly, il documentario del giornalista d’inchiesta David Dufresne, – The Monopoly of violence  che mostra la brutalità durante il movimento dei gilets jaunes (2018-2020) – ed un numero piuttosto cospicuo di saggi purtroppo non tradotti in italiano.

Il nuovo articolo 435-1 del codice di sicurezza dà un’ampia discrezionalità agli agenti, prevedendo 5 circostanze in cui è legittimo ricorrere all’uso delle armi.

Le statistiche parlano di una impennata nel loro uso nell’anno dell’approvazione – 202 casi secondo quanto riporta il Ministro dell’Interno – per poi assestarsi ad un livello leggermente inferiore ma comunque in aumento rispetto all’approvazione della legge, senza che peraltro possa essere stabilita una correlazione diretta con l’aumento del “rifiuto” di ottemperare alle disposizioni poliziesche.

Come fa notare l’organo di informazione indipendente Basta – il solo che ha costituto un archivio consultabile di dati indipendenti – dall’approvazione della legge sono morte 26 persone nel tentativo di sfuggire ad un controllo, a differenza delle 17 uccise tra il 2002 ed il 2017.

Come sintetizza il ricercatore universitario Sebastian Roché, autore di differenti testi di studio sulla polizia: «il poliziotto può fare uso della sua arma per qualche problema… che non si è prodotto».

Questo in un contesto in cui il rilievo penale, e la relativa ammenda pecuniaria per il reato di “non ottemperanza”, si sono inasprite.

In pratica si è legittimato un uso preventivo delle armi abbastanza discrezionale che ha prodotto effetti deleteri in termini di aumento delle morti, mentre l’opera di lobbyng delle potenti associazioni di categoria cerca di garantire di fatto l’impunità.

Yassine Bouzrou, uno degli avvocati della famiglia Nahel, ha precisato al sito di informazione indipendente Brut che i suoi clienti hanno depositato una denuncia per «omicidio volontario» contro il poliziotto autore della sparatoria e per complicità contro il suo collega, ma anche per «falso in trascrizione in atti d’ufficio».

La prima versione, ripresa da alcuni media, evocava un inesistente tentativo di forzare il blocco degli agenti con l’intenzione di investirli, poi clamorosamente smentita dai filmati.

Sono molti i  personaggi in vista dello sport e dello spettacolo, insieme alla sinistra radicale della NUPES che non si sono limitati ad esprimere il proprio cordoglio ed il proprio sostegno alla famiglia del giovane ucciso, ma hanno messo in discussione le narrazioni tossiche che si accompagnano spesso rispetto alle vittime di questi episodi.

Nomi conosciuti al grande pubblico anche italiano per i propri successi sportivi come Kylian Mbappé, capitano della squadra francese di calcio, o l’altro nazionale Jules Koundé, il rapper Niska o Medine, o Kameto, lo streamer da un milione di followers su Twitter, o l’attore Omar Sy.

Un segnale di come l’omertà di fronte a tali episodi non è la norma.

Lo stesso sindaco progressista di Nanterre, Patrick Jarry, spiega a Le Monde la rabbia che è esplosa già da martedì sera: «in alcuni quartieri, c’è un sentimento condiviso secondo cui non c’è la stessa giustizia per tutti, così come non c’è la stessa istruzione per tutti, lo stesso diritto al lavoro per tutti. É tutto questo che alimenta questa questa frustrazione che si è espressa durante la notte».

É questo che teme l’establishment politico francese.

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