Le manifestazioni di protesta in Libia contro l’incontro segreto avvenuto la scorsa settimana a Roma tra i ministri degli Esteri di Libia e Israele, sono arrivate fino all’assalto alla residenza dell’attuale premier Dabaiba e potrebbero avere pesanti conseguenze sulla stabilità del Governo di unità nazionale della Libia “riconosciuto” dalla comunità internazionale.
La ministra degli Esteri libica è fuggita a Londra, dopo aver lasciato il Paese a bordo di un jet privato.
Le proteste anti-governative e anti-israeliane si sono svolte sia nella capitale Tripoli che in altre città libiche come Zawiya e Misurata, sede di potenti milizie che non solo rifiutano ogni normalizzazione con Israele, ma adesso chiedono anche le dimissioni del premier “ad interim”, Abdulhamid Dabaiba.
Fonti libiche indicano che l’incontro informale tra Mangoush e Cohen era stato autorizzato dal capo dell’esecutivo, che ieri si è affrettato a visitare l’ambasciata palestinese a Tripoli, annunciando la rimozione di Mangoush dall’incarico e ribadendo un secco “no” a ogni tentativo di instaurare relazioni con Israele, ma potrebbe essere una mossa tardiva.
La Camera dei rappresentanti libica – da tempo in rotta con il premier Dabaiba – ha raccomandato che il Comitato 6+6 per redigere le “regole” per andare alle auspicate elezioni (forse nel 2024) non permetta a chi abbia avuto contatti con Israele di candidarsi alle elezioni.
Pochi giorni fa, il governo libico di Tripoli riconosciuto dalle Nazioni Unite aveva subito un duro colpo dagli Stati Uniti, che per la prima volta avevano sostenuto l’idea di insediare un nuovo governo tecnico per traghettare il Paese alle elezioni, scaricando di fatto Dabaiba.
Intanto a est della Libia l’Esercito nazionale libico (Lna) del generale Khalifa Haftar ha rafforzato i rapporti con Mosca grazie alla visita a Bengasi del viceministro russo Yunus-Bek Yevkurov.
Sul campo la Brigata Tariq bin Ziyad di Saddam Haftar, figlio dell’uomo forte della Cirenaica, ha lanciato un’operazione militare di terra e aerea contro i gruppi dell’opposizione ciadiana e le milizie delle tribù Tebu nel Fezzan, la regione meridionale libica ricca di petrolio e miniere d’oro al confine con Ciad e Niger.
E’ la conferma che la Libia rimane un paese instabile, teatro di scontri e divisioni tra coalizioni politiche e militari rivali, di fatto senza un governo eletto ma solo “riconosciuto” e legittimato dall’estero ma inconsistente all’interno del paese.
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