A Cuba sono nati molti stili che si sono originati dalle culture europee e da quelle africane, spesso fondendosi tra loro e creando bellissime nuove sonorità e coreografie. In questa terra hanno proliferato sonorità molto particolari come la Trova, nella variante Bolero e Canción; la Música campesina (Zapateo,Guajira, Criolla); il Danzón; il Son; il Cuban Jazz; la Clave; la Rumba; la Salsa; la Nueva Trova; la Timba; il Rap; il Reggaeton e il Cubaton. Danze dove i ritmi africani degli schiavi hanno conservato e sviluppato le proprie radici fondendosi con le tradizioni musicali europee, dal Flamenco andaluso, alla Romanza francese.
Alla fine del 700, quando nell’isola di Haiti le ribellioni degli schiavi neri spinse molti proprietari terrieri francesi a stabilirsi nella regione Cubana d’oriente, dando origine alla “contaminazione” musicale: balli figurati e quadriglie reinterpretate da percussioni africane, dando origine al Danzon Cubano, il primo ritmo che rappresenta la sintesi culturale dei due continenti.
Cuba ha rappresentato e continua a rappresentare un punto di riferimento per tutte le nazioni del Sud. Nonostante le sfide e la mancanza di risorse significative come il petrolio o il coltan, Cuba è rimasta sotto embargo per oltre sessant’anni.
Tali dichiarazioni di “paese patrocinante del terrorismo” da parte degli Stati Uniti e degli imperialismi dell’Unione Europea hanno favorito il terrorismo contro Cuba. Solo di recente, pochi giorni fa, c’è stato un attentato contro l’ambasciata cubana negli Stati Uniti, uno dei molti attacchi subiti dalle sedi diplomatiche cubane nel corso degli anni.
La lotta non è limitata al terrorismo militare o alle attività mercenarie, ma anche all’infame blocco economico, commerciale e monetario che Cuba subisce. Tuttavia, Cuba è stata un faro di solidarietà internazionalista in tutto il mondo, inviando medici e insegnanti per aiutare le comunità in Africa, America Latina e in altre parti del mondo. Cuba ospita anche la presidenza del G77, che riunisce 134 paesi del Sud globale.
La mescolanza cubana
Cuba è una nazione di 11 milioni di abitanti con una cultura che deriva da quattro continenti: Africa, Europa, Asia e America Latina. La sua diversità culturale è evidente nella musica, nell’arte figurativa, nella letteratura e in molte altre forme di espressione culturale.
Questa cultura cubana si fonde con il marxismo, che rappresenta un’attualizzazione del pensiero di Martí e pone una forte enfasi sull’umanità.
Il marxismo cubano si differenzia da quello occidentale ed economicista, concentrandosi invece sull’umanesimo. La rivoluzione cubana è un fenomeno unico che non può essere ridotto a una forma qualsiasi di socialismo filosovietico.
È un’espressione concreta della sovranità nazionale anche a livello culturale, promuovendo una mescolanza e una complementarietà culturale tra tradizioni africane, europee, asiatiche e latinoamericane.
In effetti, Cuba rappresenta un esempio straordinario di come la cultura, la politica e l’identità possono fondersi in un contesto di lotta per l’autodeterminazione e la sovranità nazionale. La sua cultura pluriculturale e la sua resistenza alle pressioni esterne sono un faro per coloro che lottano per un mondo più giusto e solidale.
A Cuba l’identità culturale è assolutamente centrale e rappresenta per noi, come per tutti coloro che hanno a cuore il movimento rivoluzionario, un punto di riferimento, un faro imprescindibile dei processi rivoluzionari.
Ma non soltanto per la rivoluzione, per la conquista del potere nel ’59, per il passaggio a una società più giusta e fraterna ma soprattutto per la compenetrazione dell’idea martiana con il socialismo, con il socialismo cubano, con il socialismo appunto martiano e cubano.
Ma soprattutto perché ha rappresentato e rappresenta tuttora un punto di riferimento per tutti i Sud. Non è un caso che, pur non avendo alcuna risorsa importante, qui sicuramente non ci sono il petrolio o il coltan, c’è però una ricchezza ancora più preziosa, che è esattamente la cultura.
Nonostante Cuba sia bloccata dagli Stati Uniti da oltre sessant’anni, e continui ad essere dichiarata anche, come è accaduto nuovamente nei giorni scorsi, come “paese patrocinante del terrorismo”, il suo popolo non si piega e resiste, in nome non di un’ideologia ma della sua propria identità.
È chiaro che queste dichiarazioni infamanti sono espressioni di un terrorismo di Stato e massmediatico degli Stati Uniti, degli imperialismi, dell’Unipolarismo, dell’Unione Europea schierata contro Cuba, che favoriscono anche il terrorismo contro Cuba.
L’altro giorno c’è stato un attentato contro la sede dell’ambasciata di Cuba negli Stati Uniti. Siamo al trecentocinquantesimo: centinaia e centinaia di attacchi contro sedi diplomatiche cubane. E Cuba ha subito, in questi anni della Rivoluzione, un’enormità di attentati, con quasi 4000 morti. Solo Fidel Castro ha subito 600 attentati e centinaia di feriti.
Ma il terrorismo di Stato si è esplicitato non soltanto nelle forme militari e mercenarie, ma soprattutto con l’infame blocco, quindi con la guerra economica, la guerra commerciale, la guerra monetaria che Cuba subisce come monito politico per tutti i Sud, per tutti i paesi che perseguono l‘anticolonialismo, l’antimperialismo.
E tali brutali attacchi dell’unipolarismo imperialista sono pianificati da sempre e realizzati perché la rivoluzione cubana è un esempio, un modello dell’incrocio di scenari culturali e rotture politiche che coinvolgono ben quattro differenti continenti; è per questo che il socialismo cubano resiste, nonostante i continui attacchi da parte degli Stati Uniti e della UE, cioè dell’unipolarismo che rappresenta acriticamente il Nordcentrismo e i suoi interessi NATOcentrici.
A questa visione egoistica si contrappone la realtà culturale cubana che parte da José Martì, il padre della patria vissuto nella seconda metà del ‘900 e che ha proposto il valore della sovranità nazionale anche a livello culturale, quindi quella multiculturalità o pluricellularità indicando come strada da percorrere quella della contaminazione e della complementarietà culturale e che ormai Cuba porta avanti da 64 anni, cioè dall’inizio della rivoluzione producendo una politica di sviluppo solidale.
Ma nel produrre politica produce cultura e produce anche quella identità afroamericana. Per questo si può parlare anche di Cuba come rappresentante di quella che viene chiamata “La nuestra America”, ovvero di una mescolanza che include l’identità afro americana che è presente in tutte le radici culturali cubane: quella africana e quella europea, come in quella latino americana meglio dire dell’America meridionale e centrale dove il marxismo si è inserito in una grande tradizione come pensiero politico dell’America del Sud.
Una visione che però e attualizza e si scontra con il marxismo occidental centrico, eurocentrico, perché il marxismo occidental centrico, è fortemente economicista in quanto ha una tradizione ortodossa economicista, mentre il marxismo cubano lo possiamo definire fortemente legato alla visione dell’umanesimo (anche cristiano).
Il messaggio di José Martì e la sua Rosa Blanca
“Coltivo una rosa bianca
in giugno come in gennaio
per l’amico sincero
che mi dà la sua mano franca.
E per l’uomo crudele che mi strappa
il cuore con cui vivo,
né cardo né ortica, coltivo;
coltivo una rosa bianca”
recita una delle poesie più note di José Martí, scrittore, giornalista e uomo politico che ha ispirato il socialismo cubano e la sua visione originale e profondamente umanistica (e umanitaria) distaccandosi in questo da altri pensatori e rivoluzionari.
Egli vive e partecipa ai movimenti delle lotte patriottiche. Inizia a scrivere dei suoi anni vissuti da deportato politico a Madrid, e grazie allo studio, fonda la struttura del suo pensiero socio-economico.
Le sue categorie di studio trattano temi come quello del lavoro, della proprietà, della ricchezza e non trascurando neppure la vita spirituale e materiale dei popoli. Così riesce a criticare tutta la struttura della società nordamericana, finendo per valutare e affermare l’anti-colonialismo spagnolo fino a realizzare l’ascesa dell’imperialismo nordamericano”.
Il suo pensiero era dunque storico, sociale e politico ma non solo: anche economico, sempre in un’ottica democratica partecipativa ,contrario sia all’imperialismo americano , sia al colonialismo spagnolo.
Martí anelava a creare “una società libera, giusta, di uguaglianza sociale“. Una società cubana nella quale vi sia l’autodeterminazione e l’indipendenza politica a partire dalla sovranità sulle risorse nazionali, il che significa anche avere una propria economia nazionale.
Le rivoluzioni di indipendenza in quella che lui chiamerà la Nuestra America – che noi, per meglio definirla, spesso chiamiamo la Nostra America indo africana – non attivano una vera trasformazione dell’era coloniale fino in fondo. La sua aspirazione era di portare Cuba all’indipendenza, alla realizzazione di una repubblica diversa da quella che lui aveva conosciuto.
La Cuba che sogna è una società ove a regnare è “l’uguaglianza, la giustizia sociale per le grandi masse popolari“.
Si pone a favore dei poveri, a favore degli umili in cui la distribuzione dei beni naturali non sia più fortemente diseguale, come accadeva non solo a Cuba, ma anche negli stessi Stati Uniti, dove Martì era stato corrispondente dall’estero per diverse testate. In larghissima parte, come vedremo, la sua visione si è trasformata in realtà grazie alla guida di Fidel Castro.
Se oggi si può parlare di Sud globale, è grazie a Cuba
Cuba ha sempre rappresentato un punto di riferimento della solidarietà internazionalista, sia in Africa, sia in America Latina, in tutte le parti del mondo. Ha rappresentato, con i suoi medici e con i suoi insegnanti, un elemento forte di cooperazione internazionale, di complementarietà.
Questo viene riconosciuto a livelli istituzionali importanti. Pensate, per esempio, che il G77 oggi è a presidenza cubana. E il G77 riunisce 134 paesi del Sud globale, cioè, quindi i 2/3 di tutti i paesi appartenenti all’ONU.
Cuba è un’identità, che permea quanti nel mondo aspirano alla giustizia sociale riconoscendo la fondamentale uguaglianza di tutti gli uomini. Ma Cuba è contaminata dalla cultura africana, dalla cultura dei Sud globali.
L’isola ha un dinamismo culturale e politico-culturale incredibile. Continua a produrre cultura anche nei momenti più difficili della rivoluzione. Pensate, per esempio, al momento del periodo speciale, nel 1993-1994.
Anche oggi, pur con l’inasprimento del blocco da parte di Trump, che è stato confermato da Biden, e con il mantenimento di Cuba nella lista dei paesi terroristi e dei patrocinanti del terrorismo, il fermento culturale caratterizza ogni giorno la Rivoluzione dal ’59 ad oggi.
E il progresso inarrestabile di Cuba è non solo quello della sanità e dell’istruzione, ma quello della cultura. E anche in momenti di crisi come questo, che non è solo crisi cubana ma una crisi sistemica del capitalismo, una crisi inflazione in tutto il mondo, ci sono ugualmente a Cuba gruppi importanti di intellettuali che si pongono il problema di come la cubanità può essere esportata e come può rappresentare gli interessi e i punti di vista culturali nei sud del mondo.
Con la musica, l’arte figurativa, la letteratura e il cinema: tutta la cultura cubana invade l’Europa e non solo l’America intera. Ci sono innumerevoli istituti cubani che si occupano appunto di arte.
Nel mese di giugno 2023 abbiamo visitato l’Unione degli scrittori e degli artisti, l’Enac, dove abbiamo incontrato una ventina appunto di intellettuali, e tutti mettevano in evidenza che il compito della Rivoluzione è formare sempre più giovani artisti che rinnovano la produzione politica e culturale di Cuba.
Quella cubana è una tradizione, ovviamente, africana, cui però si aggiunge tutta la politica di formazione che ha voluto Fidel. Così l’ENAC mette in evidenza quelle che sono le produzioni non soltanto della poesia, non soltanto dell’arte, ma le riviste, le pubblicazioni degli scrittori e dei poeti.
Parliamo di un’isola di 11 milioni di abitanti, ma tutti condividono un retroterra di culture e di tradizioni artistiche. Cuba primeggia nella musica lo vediamo in particolare, ma anche nella danza, anche nello sport.
Cuba, come paese cosiddetto in via di sviluppo, cioè un paese a cui non è stato garantito lo sviluppo e il progresso autodeterminato, è spesso prima nello sport. Infatti alle Olimpiadi eccelle sempre con formazioni di giovani in sport importanti, dal judo, alla pallavolo, al baseball.
Uno sport, quest’ultimo, nel quale Cuba ha collezionato numerosi successi olimpici, con tre medaglie d’oro e due medaglie d’argento conquistate in cinque partecipazioni. E la sua nazionale è anche la squadra che ha vinto più volte il Campionato mondiale di baseball.
L’Isola in effetti è una scuola, una scuola di base, anche per i futuri campioni dello sport. E quando si contano le medaglie nelle Olimpiadi, Cuba supera di gran lunga, come medagliere, paesi con un più grande sviluppo economico.
Come li supera nella medicina e nella sanità. Nonostante un PIL inferiore è ai primi posti al mondo per basso indice di mortalità infantile e per alto livello di istruzione.
Ma il primato fondamentale di questa realtà cubana è l’identità che ha incorporato tutto: dalla cultura ispanica alla civiltà africana che si mescola: la mescolanza con la cultura africana, la cultura degli schiavi liberati che si rappresenta e si contamina con altre culture.
Se andate anche oggi all’Avana, trovate sicuramente la forte anche presenza della cultura asiatica, della cultura cinese o anche della cultura araba. Una mescolanza, diciamo così, che arricchisce e riesce a coniugarsi con le culture indigene e la modernità del socialismo Cuba.
Cuba è un faro di solidarietà internazionale
Cuba ha sempre rappresentato un punto di riferimento della solidarietà internazionalista sia in Africa sia in America Latina in tutte le parti del mondo, dove ha rappresentato con i suoi medici e con i suoi insegnanti faro di cooperazione internazionale.
Ovviamente potremmo nominare grandissimi ricercatori, grandissimi rappresentanti della cultura cubana come Abel Prieto, ministro della cultura per 16 anni e oggi appunto presidente della Casa delle Americhe.
Sotto l’impulso di Fidel Castro, la sua politica, cioè la politica culturale di Cuba, è stata quella di non permettere la prevaricazione di una cultura sull’altra, privilegiando l’intellettualità cubana che travalica fortemente quelli che sono gli aspetti geopolitici.
Insomma la rivoluzione cubana non può essere assimilata e non può essere ridotta a una delle tante forme del socialismo filosovietico, bensì è una una via completamente e caratteristica, è un fenomeno che non può essere considerato un socialismo importato.
È una tesi, questa, che abbiamo confrontato con Miguel Barnet Lanza (L’Avana, 28 gennaio 1940, uno scrittore, romanziere, poeta ed etnografo cubano, tra i maggiori intellettuali militanti latinoamericani contemporanei. Ha studiato all’Università de L’Avana, dove è stato allievo di Fernando Ortiz, uno dei pionieri dell’antropologia cubana).
E ne abbiamo parlato con Abel Prieto ricavando da entrambi l’idea che nell’identità cubana ci sono le vicende della negritudine nel senso intellettuale del meticciato, della capacità di definire la vera e propria identità cubana è proprio la cultura della Tricontinental immaginata da Che Guevara cioè quella cultura terzomondista che è la cultura in effetti del Sud globale.
Si tratta allora di seguire l’esempio di Cuba nell’organizzazione della vita politica, come nell’organizzazione della vita culturale, mettendo ben in evidenza il ruolo e il valore della danza, della musica, della letteratura nella identità cubana.
Come fa l’istituzione della Casa delle Americhe guidata da Abel Prieto, e che rappresenta tutta l’arte cubana: l’arte urbana e anche quella dovuta non soltanto agli artisti ma alla creatività del popolo cubano. Infatti anche semplicemente girando per le strade cubane si vede che molti esprimono la propria creatività con piccoli o grandi manufatti.
La stessa creatività combattuta dall’americanismo ma che rappresenta la marcia in più ad esempio anche anche nell’industria farmaceutica come è emerso per esempio con i vaccini contro il Covid o dai farmaci che derivano dalle piante o dagli animali. E anche qui vediamo coniugarsi le culture indigene e la modernità del socialismo di Cuba.
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