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Cile. Repressione alla vecchia maniera

Nessuno può negare l’obbligo che spetta all’attuale governo di perseguire la criminalità organizzata e di effettuare operazioni che si concludono con il sequestro di armi ed esplosivi nelle mani di narcotrafficanti e gruppi politici radicalizzati.

Il problema è che quando vi partecipano membri dei Carabineros e della Polizia Civile, fino a pochi anni fa venivano fortemente messi in discussione per le loro procedure illegittime, soprattutto da parte di coloro che oggi si trovano a La Moneda.

Da candidato alla presidenza, Gabriel Boric ha promesso una profonda ristrutturazione dei servizi di polizia, e da deputato ha criticato senza pietà il Governo dell’ormai defunto presidente Sebastián Piñera per aver violato sistematicamente i Diritti Umani durante la repressione intrapresa contro l’Esplosione Sociale del 2019.

In questo senso, sappiamo già che i nuovi governanti hanno rinunciato a intervenire negli organismi incaricati di garantire la sicurezza nazionale, senza nemmeno osare rimuovere dal suo incarico il Direttore Generale della polizia in uniforme, che è stato accusato di essere responsabile dei gravi e numerosi crimini commessi dalle forze speciali dei Carabineros sotto il suo comando.

Al contrario, sono state le stesse autorità a favorire il rinvio più volte della procedura di formalizzazione giudiziaria, con la quale questo generale potrebbe essere incarcerato e infine condannato dai Tribunali.

In due anni di governo, cresce il sospetto che la stessa impunità che favorisce il capo dei Carabineros del Cile incoraggi ogni tipo di operativi di polizia in cui viene violata la dignità umana di coloro che vengono repressi e, non di rado, vengono uccisi o feriti .

Nonostante le critiche mosse alla precedente Amministrazione di destra, la verità è che lo stato di eccezione viene prolungato mese dopo mese in Araucanía, una zona del Paese altamente militarizzata dove si verificano scontri, arresti, perquisizioni e altre azioni in cui vengono violati i diritti del nostro principale gruppo etnico mapuche.

Tutto ciò, ovviamente, a causa degli eccessivi poteri conferiti a militari e polizia al fine di “pacificare”, come in passato, questa regione del Paese. Ovviamente con il consenso e il voto sicuro della destra parlamentare, che, tra l’altro, vorrebbe che lo stato di emergenza e la tutela militare fossero estesi a tutto il Paese.

Parallelamente, dobbiamo registrare un buon numero di vittime per mano della polizia civile nella lotta alla criminalità comune, per la quale ha acquisito pure la facoltà di sparare contro i trasgressori, con la protezione o la scusa della “legittima difesa” o della possibilità di fuga degli stessi.

Poiché questi casi sono piuttosto frequenti, cresce ora il timore che la polizia stia di nuovo eccedendo i propri compiti, incoraggiata dalle rabbiose richieste dell’Opposizione e dei suoi mezzi di comunicazione, e anche dalla naturale irritazione popolare derivata dall’insicurezza che affligge città e quartieri dove, peraltro, si confermano episodi di estrema ferocia.

Come accade anche in altri paesi, non è strano apprendere che all’interno della polizia e dei reggimenti operano bande dedite a delinquere e al traffico di droga e di armi. È evidente che il traffico di droga si infiltra in politici, giudici, uomini d’affari, polizia e gendarmi, come è già stato pubblicamente accertato. Così come è noto che nei quartieri popolari  più poveri ed emarginati viene reclutata i micro operatori. In un Paese dove la disuguaglianza e la disoccupazione giovanile continuano a crescere, le famiglie senza casa si moltiplicano e la corruzione pullula tra molti dei cosiddetti servitori pubblici.

Non è strano, quindi, che ci siano nella politica settori colpiti dalla continuità che le nuove autorità danno alla repressione sociale e che si constati che nell’esercizio del potere stiano lasciando da parte non solo le loro convinzioni ideologiche, ma anche il loro zelo storico nei confronti dei Diritti Umani.

Alla stessa stregua con cui hanno rinunciato a porre fine agli enti pensionistici (AFP) e agli enti sanitari privati (isapres) o hanno relativizzato, come sta accadendo adesso, il condono del credito con garanzia statale. Abbandonando o rinviando molteplici altre promesse fatte all’elettorato che ha dato loro il proprio sostegno, fiducioso che la loro amministrazione avrebbe demolito le fondamenta stesse del sistema neoliberista che ancora ci governa.

Questo è il motivo per cui l’operazione recentemente effettuata nella capitolina Villa Francia ha suscitato così tanto stupore, tanto che molti hanno dato per scontato che le nuove autorità abbiano fatto propri i timori della destra e dei suoi due governi secondo cui ci sono zone del Paese proscritte che devono essere punite in modo severo secondo lo stile usato dalla Dittatura.

Le forze di polizia hanno fatto irruzione violentemente e in modo sproporzionato in quartieri e case modeste, colpendo in questa occasione anche una stazione radio comunitaria di alto prestigio e coinvolgimento della popolazione. Tutto ciò ci ha ricordato quei montaggi mediatici in cui si esibivano ordinatamente le armi che si supponeva fossero state  scoperte e sequestrate agli estremisti.

La cosa più spiacevole è che mentre ciò accade, non si ha notizia, fino ad ora, che sia stato accusato o incarcerato qualcuno dei noti uomini d’affari senza scrupoli, come quelli che, secondo l’opinione dello stesso Governo, evadono e si sottraggono a tasse milionarie, ben consigliati da quei professionisti delle lobby che restano anch’esse impunite.

O anche che ancora non si presenti il conto a quei criminali “imprenditori” che, ad esempio, costruiscono enormi edifici tra le mobili e mutevoli dune di Viña del Mar, sempre coperti da funzionari pubblici corrotti e complici.

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