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Caos Siria, la rivolta e gli Usa che pagano i ribelli

Gli Stati Uniti – sostiene il foglio conservatore londinese – hanno preparato un’unità ribelle siriana per combattere contro Bashar al-Assad. I rivoltosi, finanziati e addestrati dall’America e dalla Gran Bretagna, hanno dichiarato al Telegraph che erano stati mobilitati proprio per rovesciare il regime siriano”.

Bashar al-Mashadani, capo del Comando Rivoluzionari: “Gli americani ci hanno riuniti nella loro base di al-Tanf, al confine con l’Irak dicendoci di stare pronti. Gli alti ufficiali Usa hanno fatto in modo che la brigata Abu Kathab aumentasse i suoi effettivi e poi l’hanno fatta collegare al grosso delle forze HTS il gruppo del nuovo ‘leader supremo’ al-Jolani per frenare e controllare gli ‘ex qaidisti’”.

‘Contractors’ con lo sconto

Gli esponenti del RCA di Mashadani sono lautamente stipendiati da Joe Biden e agiscono come ‘contractors’. O mercenari, fate voi.

All’inizio di ottobre – prosegue lo scoop del Telegraph – il capitano Mashadani e i suoi colleghi comandanti hanno affermato che gli ufficiali americani ad Al Tanf hanno portato la brigata Abu Khatab e altre unità sotto il comando congiunto della RCA. I ranghi della RCA sono cresciuti da circa 800 a ben 3.000 uomini. Tutti i membri della forza hanno continuato a essere armati dagli Stati Uniti e a ricevere il loro stipendio di 400 dollari al mese”.

Quasi 12 volte quello che veniva pagato ai soldati dell’ormai defunto esercito siriano di Assad, l’osservazione più immediata a spiegare una rotta militare di fatti senza combattimenti .

Coordinati dalla base Usa di Al-Tanf

Con l’inizio dell’offensiva – aggiunge il giornale londinese – le forze della RCA si sono diffuse nel deserto orientale, prendendo il controllo delle strade principali. Si sono anche unite a una fazione ribelle nella città meridionale di Dera’a, che ha raggiunto Damasco prima di HTS.

Il capitano Mashadani ha affermato che la RCA e i combattenti dell’HTS, guidato dal leader ad interim della Siria, Mohammed al-Jolani, stavano collaborando e che “la comunicazione tra le due forze era coordinata dagli americani ad Al-Tanf”.

Il sospetto fatto certezza

Che ruolo hanno giocato Biden e gli Stati Uniti nella caduta del dittatore siriano Assad? La risposta crediamo che sia chiara.

Molti analisti sono rimasti sorpresi dal crollo, di schianto, del regime. Quasi 15 anni di resistenza si sono dissolti nel giro di una settimana, mentre gli insorti, gruppi ribelli di tutti i tipi, attaccavano Damasco da ogni direzione.

Ora cominciano ad emergere le verità ‘taciute’. Mezze ammissioni per parare i colpi da possibili critiche, perché il futuro prossimo della Siria sarà tutto, fuorché pacifico e stabile.

Insomma, quello che è successo appena pochi giorni fa, sembra solo il primo atto di un processo di disintegrazione, non di un percorso di recupero di nuovi equilibri.

Processo di disintegrazione

La Siria è stata fatta esplodere, col suo regime corrotto e sanguinario, adesso e non prima, perché così tornava utile a qualcuno.

Si è preferito tribalizzare il Paese, sul modello della Libia post-Gheddafi, pur di tagliare definitivamente le gambe all’Iran e di costringere i russi ad abbandonare il campo o, perlomeno, ad arroccarsi nelle loro basi sulla costa. Con un gioco di scaricabarile, ogni potenza ha attribuito all’altra un piano di sponsorizzazione dei ribelli jihadisti.

La responsabilità del caos?

In sostanza, Turchia, Stati Uniti e Israele, adesso, si palleggiano le responsabilità di avere sostenuto la ‘rivoluzione’. È tutto vero. Nel senso che ognuno ha le sue colpe (o i suoi meriti, dipende dai punti di vista).

E se l’Iran è stato messo all’angolo, resta tutto da dimostrare lo svantaggio di Putin a tirarsi fuori dalla spaventosa palude siriana. Una “no man’s land”, una terra di nessuno che ha tutte le caratteristiche di un Vietnam mediorientale. Gli Stati Uniti sono avvisati.

* da RemoContro

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