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Libano: il nuovo governo al via, fra ricatti USA e scontri fra sciiti e HTS al confine

Dopo più di due anni di stallo si è formato un nuovo governo in Libano. Si attende ora il voto di fiducia del Parlamento, che chiuderebbe un lunghissimo stallo istituzionale che, fino a qualche settimana fa, includeva anche la carica di Presidente della Repubblica.

Il tutto si è svolto dopo il raggiungimento del cessate il fuoco fra Hezbollah e Israele e la successiva caduta del regime baathista in Siria. Quest’ultimo fattore, forse più chela guerra, ha indebolito la formazione sciita, che ha dovuto accettare prima l’elezione a Presidente della Repubblica il capo dell’esercito Joseph Aoun, che aveva ostacolato per mesi, poi il conferimento dell’incarico di formare un nuovo governo al presidente della corte dell’Aja Nawaf Salam. Inutile dire che entrambi i processi si sono svolti fra pesantissime ingerenze esterne.

Per quanto riguarda l’elezione del Presidente della Repubblica, che tocca per costituzione ad un cattolico maronita, Hezbollah sosteneva Sleiman Frangieh di Marada, piccolo partito cristiano della propria coalizione elettorale, l’”Alleanza 8 marzo”, che però era tenuta assieme, fra l’altro, dal rapporto con la Siria. Dopo la caduta di Assad e con l’intervento delle pressioni di Arabia Saudita ed USA, Frangieh si è ritirato ed i due partiti sciiti Hezbollah ed Amal sono rimasti gli unici ad ostacolare Joseph Aoun fino all’ultima votazione, quando si sono rassegnati a voltarlo anche loro.

Lo stesso scenario si è ripetuto con il conferimento dell’incarico a Nawaf Salam, le cui consultazioni sono state inizialmente boicottate dal blocco sciita. La situazione si è sbloccata il 7 febbraio, quando Amal ha trovato l’accordo con Salam sui nomi sciiti da inserire nell’esecutivo, fra i quali figura il Ministro delle finanze Yassin Jaber, accreditato come vicino ad Hezbollah, il quale è stato tenuto fuori da ogni trattativa.

Per come è configurato il governo, il blocco sciita non riuscirebbe a bloccare eventuali decisioni ostili del governo, mandandolo in stallo, potendo contare su meno di un terzo dei suoi membri (in sede di Consilio dei Ministri si decide con una soglia dei due terzi dei consensi).

Il giorno precedente, la vice inviata degli USA per il Medio Oriente, Morgan Ortagus, in una dimostrazione di prepotenza che ha sconcertato anche i media libanesi, si era presentata nella residenza del Presidente della Repubblica indossando un anello con la stella di Davide alla mano destra e, dopo averla stretta al nuovo inquilino Joseph Aoun, aveva dettato la linea: ”Abbiamo stabilito delle linee rosse chiare… che [Hezbollah] non sarà in grado di terrorizzare il popolo libanese, e non dovrà essere parte del governo”. In ballo ci sono i fondi per la ricostruzione e gli aiuti economici, al cospetto della disastrosa situazione economica del paese.

Questa condotta, obiettivamente umiliante anche per il nuovo Presidente della Repubblica e per il nuovo Primo Ministro, ha scatenato la reazione della popolazione sciita del sud che, imbracciando le bandiere di Hezbollah ed Amal e le effigi di Nasrallah, è scesa in piazza per l’ennesima volta a protestare contro le ingerenze USA. Nel mentre, continua la sua lotta, che dura dalla proclamazione del cessate il fuoco, per rientrare nei propri villaggi distrutti da Israele.

Il regime sionista vede come un’umiliazione il fatto che la popolazione del sud del Libano stia cercando in tutti i modi di rientrare, anche fra le macerie (le immagini somigliano molto a quelle di Gaza), mentre i propri sfollati sul lato israeliano del confine ancora non tornano; pertanto, viola continuamente la tregua per cercare per ostacolare questo rientro. Si ricordi che il termine della cessazione delle ostilità è stato prorogato fino al 18 febbraio, dopodiché non vi sono certezze.

Intanto, nel distretto di Baalbeck, al confine con la Siria, vi sono stati tre giorni di scontri fra miliziani di Hayat Tahrir al-Sham, desiderosi di esportare in Libano le loro violenze settarie, e milizie sciite locali, ufficialmente non affiliate ad Hezbollah secondo i Libanesi. Nell’area, opera anche la guerriglia delle ex-unità di élite del disciolto esercito della Siria baathista. È questa la scusa utilizzata da HTS per giustificare gli sconfinamenti.

Le nostre forze militari stanno estendendo il loro controllo su diverse località nella striscia di confine con il Libano dopo aver espulso gruppi affiliati alla milizia di Hezbollah e resti dell’ex regime. Alcune zone sono ancora sotto il controllo di Hezbollah. Ecco perché i nostri uomini li stanno espellendo”, ha dichiarato una fonte delle nuove autorità al giornale libanese L’Orient -le Jour. Si segnalano danni, vittime e rapimenti da entrambe le parti.

La situazione si è calmata dopo l’arrivo e lo schieramento dell’esercito libanese, ma, ovviamente, la situazione resta molto tesa e pare chiaro che né HTS, né il regime sionista avranno vita facile al cospetto di queste popolazioni.

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