“Se andrà tutto bene, poi ti invito”, Trump ha mandato a dire a Zelensky. Questa la sintesi del balletto di viaggi, incontri, telefonate, videoconferenze, comunicati stampa, dichiarazioni, illazioni, opinioni, previsioni.
Lo strombazzato incontro in Alaska tra Trump e Putin sembra un evento mondano, di quelli che sono importanti più per il semplice motivo che avvengono, che non per quello che si deciderà. Nessuno dei leader europei, men che meno Zelensky, è invitato.
“L’uomo comune tende a fare il broncio se gli manca la foglia di fico”, ha scritto Michael Young (1915-2009). E allora a cosa è servita questa “ammuìna” globale se non a nascondere che: 1) Putin ha vinto; 2) La Nato ha perso; 3) la sconfitta coinvolge tutte le cancellerie europee che hanno dato armi e soldi all’Ucraina; 4) la vittoria di Putin è la sconfitta dell’egemonia USA nel mondo.
Putin ha vinto perché voleva una zona cuscinetto a protezione dei confini dall’invadenza della Nato; la Nato ha perso nonostante un ingente spiegamento di tecnologie, armi convenzionali, intelligence, ma non è riuscita a fermare l’avanzata russa.
Le cancellerie europee hanno ingoiato l’interruzione delle forniture di gas russo, hanno subito inflazione tutti (e recessione soprattutto la Germania), si sono piegate a pagare di più quello rigassificato made in USA, e, soprattutto, hanno fallito ogni tentativo diplomatico di comporre la questione al tavolo delle trattative invece che sul campo di battaglia, scontando il fallimento della strategia delle sanzioni.
Ma la cosa più importante è la sconfitta dell’egemonia USA sulle relazioni internazionali, che è il risultato politico che Putin porta in dote ai Brics: Trump simula una disinvoltura che è solo un atteggiamento istrionico e arrogante, basti pensare che fantastica di vincere un Nobel.
Il fatto è che non ha una proposta politico-diplomatica da mettere sul tavolo, non ce l’hanno neanche in Europa. Né Trump, né Merz, Macron, Starmer, – figuriamoci Meloni -, hanno una visione della realtà geopolitica, una proposta concreta capace di ristabilire l’equilibrio tra le superpotenze.
L’incontro in Alaska sancisce il definitivo declino storico dell’occidente, il logoramento della pretesa di egemonia politico-economico-militare globale, dice apertamente che la difesa comune europea ha già perso prima ancora di versare i primi sovrapprezzi alla Nato.
È un’era pericolosa, fatta di molta propaganda, ma poca vera sostanza, che non sia un impasto tra bellicismo, autoritarismo, populismo. Il che è molto allarmante.
Come ha scritto Mahmoud Darwish (1941-2008) – il più grande poeta palestinese, citato da Ethel Mannin (1900-1984) in “La strada per Be’er Sheva” (Agenzia Alcatraz): “La storia è un diario d’armi scritto sopra i nostri corpi”.
* da Beh, Buona Giornata
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