L’autore di questo articolo, Michael Sfard, è un avvocato israeliano specializzato in diritti umani e diritto della guerra, autore di “Occupazione dall’interno: un viaggio alle radici del colpo di stato costituzionale” (in ebraico). L’articolo è stato pubblicato da Haaretz.com il 31 agosto 2025. Traduzione di Giorgio Canarutto.
Commenta l’autore: “Questo articolo mi ha fatto soffrire molto. Dopo aver finito di scriverlo, mi ci è voluta una settimana per inviarlo a Haaretz.com. Ogni mattina rileggevo la bozza, sperando di dire a me stesso che avevo esagerato. Ma no. Non l’ho fatto.
Non avrei mai immaginato che avrei scritto in questo modo della società in cui vivo. D’altra parte, non avrei mai immaginato che la società in cui vivo avrebbe portato avanti un progetto di annientamento.”
Ed ecco il testo quasi completo, ho omesso soltanto alcuni riferimenti alla religione ebraica che sono di poco interesse per un lettore laico italiano. Ho aggiunto qualche riferimento e alcuni dati utili per un lettore italiano. Poche cose. L’autore mi perdonerà.
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Famiglia criminale
Quando Michael Corleone (interpretato in modo impeccabile da Al Pacino) porta Kay Adams (Diane Keaton) a incontrare la sua famiglia al matrimonio di sua sorella, nella prima parte della trilogia de Il Padrino, Kay apprende fatti molto inquietanti sulla famiglia in cui si sta sposando. Sembra che la famiglia risolva i problemi attraverso una combinazione di violenza e corruzione.
Quando Michael nota che Kay è scioccata, cerca di rassicurarla: “Quella è la mia famiglia, Kay, non sono io“.
Israele sta distruggendo Gaza. Chiamatela pulizia etnica, chiamatela cancellazione, chiamatela genocidio, chiamatela come volete. Non ho dubbi che Raphael Lemkin, il giurista ebreo-polacco che ha coniato il termine “genocidio”, dichiarerebbe con lacrime di vergogna che lo Stato ebraico sta commettendo un genocidio a Gaza.
Sta distruggendo il luogo e annientando il gruppo umano che ci vive. La distruzione fisica dell’ambiente costruito di Gaza è sistematica: casa dopo casa, edificio pubblico dopo edificio pubblico, infrastruttura dopo infrastruttura. Pensate al vostro quartiere: la scuola per bambini, la clinica locale, il centro commerciale, i giardinetti, il parco, gli edifici per uffici e gli isolati residenziali. Immaginate tutto, ma proprio tutto, cancellato. Demolito. Nessuna casa, nessun quartiere, nessuna comunità.
Questa è la situazione a Gaza. Un luogo che ospitava oltre due milioni di persone è diventato un enorme “ground zero”. Scuole, cliniche, negozi, acqua, elettricità e infrastrutture fognarie, strade e marciapiedi, tutto ridotto in cenere e polvere.
Secondo l’analisi delle immagini satellitari, oltre il 70% delle strutture della Striscia sono state completamente distrutte o danneggiate in modo inutilizzabile [1] e questo anche prima delle prossime fasi della campagna, prima che la promessa del ministro della Difesa ai rabbini del movimento sionista religioso che “Gaza assomiglierà a Beit Hanoun” si realizzi.
L’uccisione di massa degli abitanti di Gaza è più caotica della distruzione dello spazio fisico: bombardamenti indiscriminati, bombardamenti sproporzionati, devastazione del sistema sanitario e, orribilmente, fame. La creazione deliberata della carestia provocata dall’uomo.
L’impedimento intenzionale e intenzionale dell’ingresso di cibo e aiuti umanitari a Gaza; lo smantellamento del sistema di soccorso internazionale che aveva distribuito rifornimenti in centinaia di punti in tutta la Striscia e la sua sostituzione con solo quattro punti di distribuzione – tre nel sud e uno al centro, nessuno nel nord – tutto per costringere gli abitanti di Gaza allo sfollamento. Come cani condotti da casa in cortile con una ciotola di cibo.
In questi quattro punti, poi, soldati israeliani fanno tiro al bersaglio sui civili affamati, donne e bambini compresi: a centinaia sono morti ammazzati così.
Il risultato della “gestione Israele-statunitense” degli “aiuti” è che il numero di coloro che muoiono di fame è insondabile, aumenta a grande velocità man mano che la popolazione viene fiaccata ed esaurisce ogni residua risorsa.
Le immagini sono ovunque, sui media non asserviti e sul web, e sono agghiaccianti. Fermano il polso. Israele sta distruggendo Gaza.
Come si può allora continuare a vivere come parte di una collettività che sta portando avanti l’annientamento? Come ci si sveglia la mattina e si guarda negli occhi il droghiere appena tornato dal servizio di riserva, il soldato al bar o il vicino che appende un cartello “Insieme vinceremo” (uno degli slogan più in voga nello stato sionista, NdR)?
È più facile guardare Ben Gvir o Smotrich (due dei ministri più oltranzisti del Governo Netanyahu) e sentire che non hanno nulla a che fare con noi. È molto confortante pensare a questi due piccoli fascisti, che non hanno né classe né estetica, solo razzismo crudo e crudeltà sadica, e si sentono orgogliosi di ciò che sono e che fanno.
È più facile farsi beffe di Smotrich che si fa poetico su quanto sia morale far morire di fame due milioni di abitanti di Gaza. È più facile deridere Ben Gvir che assapora l’idea della pulizia etnica (che lui chiama “incoraggiare la migrazione“) e dire a noi stessi che questo non ci rappresenta, che non siamo noi.
Ma il progetto criminale, criminale e imperdonabile, della distruzione di Gaza è un progetto di tutto lo Stato israeliano, non di pochi pazzi al governo. Non sarebbe potuto accadere senza la cooperazione – sia attraverso il contributo attivo che attraverso il silenzio – di tutte le parti della società ebraica israeliana.
Il governo si è assicurato la lealtà e l’adesione a questo crimine fin dai primi giorni dopo l’aggressione, quando si è chiarita la natura dell’attacco israeliano a Gaza: un assalto totale a tutto ciò che è di Gaza, senza neppure la finta pretesa di concentrarsi solo su obiettivi militari.
Allora, quando le voci che avvertivano di crimini di guerra venivano soffocate dai tamburi di guerra, tutti i segmenti della società erano incatenati alla complicità del crimine. Come una nuova recluta della mafia, che al comando del boss deve sparare a un negoziante che non ha pagato il pizzo, suggellando così un patto di sangue – con il sangue di qualcun altro – con “la famiglia”, così anche centinaia di migliaia di israeliani si sono radunati per gli appelli a bombardare, schiacciare, cancellare e affamare.
Centinaia di migliaia di persone su cui grava direttamente la responsabilità dell’annientamento, e milioni indirettamente, vincolati dal patto criminale, vincolati alla sua negazione e, quando la negazione non è più possibile, alla sua giustificazione.
Oggi non c’è dubbio, e non ci può essere alcun dubbio, su ciò che sta accadendo a Gaza. Israele sta commettendo crimini contro l’umanità su scala agghiacciante. Sta spazzando via tutte le infrastrutture che permettono la vita nella Striscia e sta affamando la sua gente.
Dichiara ufficialmente la sua intenzione di fare pulizia etnica a Gaza, o, come lo chiama Netanyahu, di attuare “la visione di Trump“: la “Riviera di Gaza”, nuovo paradiso balneare di sionisti e ricchi americani, con resort e palazzi lussuosi ispirati scelleratamente al “bosco verticale” e allo scempio di Milano, il tutto costruito sulla terra intrisa del sangue dei palestinesi ammazzati, sulle rovine spianate delle loro cittadine, dei loro luoghi sacri e dei loro cimiteri, mentre i superstiti verrebbero deportati in qualche campo-profughi, in uno dei tanti stati arabi compiacenti e complici del genocidio di un popolo di loro fratelli.
E anche ora, quando tutto è già chiaro, quando l’affermazione che stiamo commettendo un genocidio è diventata molto difficile da respingere, gli israeliani nel loro insieme tirano il sipario e continuano con la vita quotidiana.
Si noti questo: non una sola associazione professionale israeliana osa gridare moralmente contro l’annientamento di Gaza – non l’Associazione Medica Israeliana, che è disgustosamente silenziosa di fronte sia alla distruzione sistematica del sistema sanitario di Gaza che all’uccisione di più di 1.500 operatori sanitari; non le organizzazioni degli insegnanti, il cui silenzio di fronte alla distruzione totale del sistema educativo di Gaza (primario, secondario e superiore) insegna agli studenti israeliani che non tutti gli esseri umani nascono a immagine di Dio; non l’Ordine degli avvocati israeliani, il cui leader può chiedere l’arresto del ministro della giustizia per aver sostituito le serrature del suo ufficio per umiliare il procuratore generale, ma non vede alcun motivo per pronunciare una parola sui piani di trasferimento della popolazione e di fame del governo israeliano, sui bombardamenti dei tribunali di Gaza, sulla fame e l’abuso dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane trasformate in campi di tortura, o sulla disgustosa collaborazione della Corte Suprema con tutto questo.
Che vergogna, appartenere a un’associazione legale che si batte per preservare la “clausola di ragionevolezza” ma non dice nulla sul dovere di consentire aiuti umanitari per i civili affamati o visite della Croce Rossa per i prigionieri nemici.
Per quanto riguarda i media mainstream israeliani, così come la maggioranza di quelli occidentali, è una perdita di tempo parlare di loro: di quelli che si definiscono “giornalisti” che hanno cospirato per non riportare le sofferenze che noi stiamo causando ai residenti di Gaza, una cospirazione che è un crimine professionale; i media israeliani, poi, che per mesi ha soffiato sul fuoco della guerra e hanno permesso o promosso l’incitamento a commettere crimini; che ancora impediscono l’ascolto delle voci veramente critiche; e che sono rimasti in silenzio sull’uccisione sistematica di giornalisti a Gaza e sul rifiuto di permettere ai giornalisti di entrare, tranne quando sono incorporati con l’IDF per servire le menzogne del portavoce dell’esercito.
I media israeliani sono il falò tribale nelle cui fiamme Gaza sta bruciando. E hanno trovato in occidente tanti media in perfetta sintonia.
Non si sceglie la propria famiglia, e Israele è la mia famiglia. Ed è una famiglia criminale.
Quindi, come si fa a continuare a vivere con una famiglia del genere? Tutto è contaminato. Il marciume ha mangiato tutto. La sera stessa in cui la rivista Haaretz ha pubblicato dozzine di foto di bambini scheletrici – opera nostra – Channel 13 News ha mandato in onda un servizio di pubbliche relazioni sulla cucina raffinata israeliana e sulle stelle Michelin che i nostri migliori chef stanno per ricevere.
In Italia, a fronte di pochi che si sollevano e denunciano, la maggior parte dei “ricchi e famosi”, degli accademici, degli artisti e degli intellettuali tace, “non vuole essere messa di mezzo”, fa vergognose acrobazie verbali di “equidistanza” fra assassini e vittime, al più parla generalmente “di pace”.
Michael Corleone pensava di poter rimanere parte della famiglia evitando una vita di crimine. Alla fine, ha ereditato il ruolo di suo padre ed è diventato il capo dell’organizzazione criminale familiare.
Ci sono due modi per evitare un destino simile. Uno è quello di tagliare fuori la famiglia del tutto. Molti lo hanno fatto negli ultimi due anni, hanno lasciato il paese e hanno trapiantato la loro vita in altre società. Ma c’è un’altra opzione: combattere la famiglia. Combatterla davvero. Capire che in questa fase la famiglia è l’avversario.
Il problema, vi ricordo, non sono Ben Gvir e Smotrich. Il male emerge da molte delle roccaforti del cosiddetto “liberalismo” nella nostra distorta realtà israeliana. Ma – e questo è fondamentale – ci sono anche i membri della famiglia ribelli. Insegnanti, artisti, avvocati, giornalisti, medici, assistenti sociali, accademici e molti attivisti politici che hanno osato alzare la voce contro la distruzione di Gaza in petizioni, video e manifestazioni. C’è l’associazione Physicians for Human Rights, che è basata in Israele, che ha pubblicato un Rapporto (A Health Analysis of the Gaza Genocide) [2] onesto e spaventoso.
Siamo pochi, ma non insignificanti. Insieme dobbiamo combattere la nostra famiglia con ogni mezzo non violento. Ovvero: sostegno a chi si oppone, incoraggiamento alle indagini internazionali, richiesta di sanzioni e isolamento politico. Per spingere dentro, attraverso i piedi, ciò che non entrerà attraverso la mente e il cuore, per preservare un’isola di valori umani e, soprattutto, per fermare l’annientamento di Gaza.
* di Michael Sfard, pubblicato su Haaretz (lievemente adattato da Massimo Zucchetti)
Riferimenti
[1] Massimo Zucchetti, Gaza è stata danneggiata? E quanto?, https://zucchett.wordpress.com/…/gaza-e-stata…/
[2] Physicians for Human Rights, A Health Analysis of the Gaza Genocide, qui la versione in Italiano: https://mediciperidirittiumani.org/unanalisi-sanitaria…/
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Giorgio
Questo signore e come il santo che riscatta la chiesa…
Il San Francesco che con le sue buone intenzioni riscatta secoli di brutalitá e corruzzione. Qui é lo stesso. Nella germania nazi i comunisti resistevano con le armi o se ne andavano.
Restare e fare i buoni serve sólo a legittimare e preparare il terreno per un eventuale cambio cosmético post-genocidio