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Gran Bretagna. Gli attivisti filopalestinesi in carcere annunciano lo sciopero della fame

Decine di attivisti di Action Palestine detenuti in custodia cautelare nelle carceri britanniche, minacciano di iniziare uno sciopero della fame a partire dal 2 novembre per le loro condizioni carcerarie.

In una lettera inviata al ministro dell’Interno Shabana Mahmood, la campagna “Prigionieri per la Palestina” (PFP) ha avanzato una serie di richieste a “nome delle 33 persone che sono ingiustamente rinchiuse a causa dell’azione per fermare il genocidio in Palestina”.

Tra i prigionieri ci sono membri del Filton 24, un gruppo di attivisti arrestati alla fine del 2024 in relazione a un’azione contro una fabbrica della israeliana Elbit Systems a Bristol nell’agosto 2024.

Tra loro ci sono anche membri dei Brize Norton 5, che avrebbero fatto irruzione in una base aerea della RAF e attaccato con vernice e piedi di porco due aerei che denunciavano essere “stati usati per operazioni militari a Gaza e in tutto il Medio Oriente”.

A tutti gli attivisti in carcere è stata negata la libertà su cauzione, con alcuni che hanno trascorso più di un anno in custodia senza processo con accuse tra cui danni penali e furto con scasso aggravato.

A luglio scorso ministro degli Interni britannico, ha messo fuorilegge Palestine Action e ha designato il gruppo di azione diretta come una “organizzazione terroristica”.

La messa al bando significa che Palestine Action viene ritenuto simile allo Stato islamico o ad al-Qaeda dalla legge britannica, e l’espressione del sostegno o dell’appartenenza al gruppo è un reato penale che può portare a una pena detentiva fino a 14 anni.

In questi mesi centinaia di persone sono state arrestate per avere manifestato pubblicamente la loro solidarietà ad Action Palestine.

Gli attivisti prigionieri hanno riferito di un peggioramento del trattamento e di crescenti restrizioni imposte dagli apparati penitenziari.

La lettera inviata dai prigionieri, avverte la ministra degli Interni, Shabana Mahmood, che se le loro richieste non fossero soddisfatte, i 33 attivisti detenuti inizieranno lo sciopero della fame il prossimo 2 novembre, l’anniversario della Dichiarazione Balfour del 1917, quando la Gran Bretagna dichiarò formalmente il suo sostegno alla creazione di uno Stato ebraico in Palestina.

Middle East Eye ha riferito che i prigionieri legati ad Action Palestine stavano subendo crescenti restrizioni sulla loro posta, telefonate e visite sulla scia della proscrizione del gruppo a luglio.

Audrey Corno e Francesca Nadin, rappresentanti della campagna PFP, anche loro precedentemente imprigionate per il loro attivismo, hanno consegnato la lettera al Ministero dell’Interno nella giornata di ieri.

Le richieste includono la “fine di ogni censura” per i prigionieri, il che significa la rimozione delle restrizioni sulle loro comunicazioni, comprese le lettere personali e le telefonate.

“La censura all’interno delle carceri è uno strumento di controllo utilizzato per punire la resistenza. Le lettere, le telefonate, le dichiarazioni politiche, i libri e tutte le forme di espressione devono essere rispettate”, si legge nella lettera. La lettera chiede inoltre che ai prigionieri detenuti in custodia cautelare in relazione a Palestine Action sia concessa la libertà su cauzione immediata, sostenendo che la decisione di rifiutare la cauzione mina il loro diritto a un processo equo.”Il diritto a un processo equo deve includere il diritto di prepararsi in libertà, non dietro le sbarre”, si legge.

La lettera chiede anche il rilascio di “tutti i documenti relativi ai nostri casi per intero”.

“Ciò include tutti gli incontri tra funzionari statali britannici e israeliani, la polizia britannica, il procuratore generale, i rappresentanti di Elbit Systems e qualsiasi altro coinvolto nel coordinamento della caccia alle streghe in corso di azionisti e attivisti”, si legge nella lettera, riferendosi all’azienda israeliana di armi ripetutamente presa di mira da Palestine Action.

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