La missiva sottolinea le difficoltà delle lavoratrici ed in sostanza chiede alla testimonial del marchio Coop di farsi portavoce del disagio vissuto dalle donne che nelle fabbriche del commercio vivono condizioni di bassi salari, di precariato diffuso e di difficoltà di organizzare e i tempi di vita e di cura della famiglia.
Fino ad oggi la Littizzetto non ha mai risposto a queste donne, come del resto l’Azienda, quella dello slogan ‘la Coop sei tu’. “Siamo venuti perciò a consegnarle a mano la lettera e questa mattina l’abbiamo rincorsa per le vie di San Remo riuscendo a consegnargliela e sollecitando una risposta che accenderebbe i riflettori sulle reali condizioni vissute nei luoghi del commercio, ‘templi dello shopping’ che nascondono, dietro i loro arredi sfarzosi, un microcosmo di precarietà e sfruttamento” dicono le lavoratrici. Che poi aggiungono: “Non abbandoniamo la lotta per smascherare l’ipocrisia e per rivendicare giuste condizioni di lavoro per tutti gli operatori della grande distribuzione”.
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michelangelo
Mario è stato molto sintetico, cmq credo che sia giunto il momento di sfatare certi miti come un certo tipo di cooperazione, che gode di defiscalizzazioni fortissime, tempo fa in toscana un agricoltore mi disse che preferiva far marcire la frutta che venderla alla coop, il prezzo pagato non sarebbe stato sufficiente a coprire le spese per la raccolta, ho lavorato nel commercio e so come funzionano certi meccanismi, le ccoperative dovrebbero avere l’obbligo di chiudere gli esercizi finanziari alla pari, ma questo non è. di esempi ne avrei a decine, la menzogna spesso regna in quelle situazioni.