Il dato è tanto più impressionante perché a far data proprio da quegli anni (dal 1980) è iniziata un’offensiva concentrica contro i diritti e le tutele del lavoro dipendente (dai punti di scala mobile aboliti da Craxi fino alle “riforme” del mercato del lavoro targate Sacconi e Fornero). Si può quindi tranquillamente dire che l’impoverimento progressivo dei lavoratori ha comportato, tra le conseguenze, un aumento drastico della disoccupazione. Non solo. Ne risulta sbugiardata oltre ogni limite la cosiddetta teoria dell'”austerità espansiva” con cui i governi italiani ed europei hanno affontato da venti anni a questa parte (dai trattati di Maastricht in poi) i problemi derivanti dai differenziali di roduttività e competitività tra i diversi sistemi produttivi continentali. Dall’impoverimento dei lavoratori, infatti, non è derivata alcuna “crescita” economica.
Ma vediamo il resoconto dell’Istat.
L’Istat ha ricostruito le serie storiche trimestrali e di media annua dal 1977 ad oggi dei principali aggregati del mercato del lavoro, superando in questo modo il break dovuto al cambio di indagine avvenuto nel IV trimestre del 1992. Per maggiori delucidazioni si rimanda alla Nota metodologica in allegato.
Tra il 1977 e il 2012 il numero medio annuo di occupati è passato da 19 milioni 511 mila a 22 milioni 899 mila. L’incremento occupazionale complessivo ha beneficiato in misura determinante della crescita della partecipazione femminile al mercato del lavoro. Il numero di donne occupate è aumentato da 6 milioni 150 mila a 9 milioni 458 mila, con un’incidenza sul totale degli occupati che è salita dal 31,5% al 41,3%.
L’andamento del tasso di occupazione negli anni si è articolato in diverse fasi: tra il 1977 e il 1980 risulta in crescita; seguono cinque anni di calo, nel corso dei quali il tasso di occupazione scende dal 54,6% al 53,3%; in moderato aumento tra il 1986 e il 1991 e di nuovo in forte riduzione ― dal 54,9% al 52,5% ― nei quattro anni successivi; in aumento tra il 1996 e il 2008 (dal 52,9% al 58,7%) e ancora in discesa fino a toccare il 56,8% nel 2012.
Il numero di disoccupati è cresciuto da 1 milione 340 mila del 1977 a 2 milioni 744 mila del 2012. L’incremento ha interessato sia la componente maschile (+863 mila) sia quella femminile (+541 mila).
Fasi alterne di crescita e di contrazione hanno caratterizzato anche il tasso di disoccupazione. Tra il 1977 e il 1987 il tasso è aumentato di 3,9 punti percentuali (dal 6,4% al 10,3%), mentre nei successivi quattro anni è stato registrato un calo fino all’8,6%. Dal 1991 al 1998 il tasso è tornato a crescere raggiungendo l’11,3% per poi calare nei successivi dieci anni toccando il valore minimo del 6,1% nel 2007. Dal 2008 il tasso è salito fino a portarsi al 10,7% del 2012.
Il numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni è diminuito di circa 600 mila individui negli ultimi 35 anni, passando da quasi 15 milioni a 14 milioni 386 mila. Tale calo è sintesi della crescita della componente maschile, che è passata da 3 milioni 820 mila a 5 milioni 140 mila, più che compensata dalla diminuzione della componente femminile. Il tasso di inattività è sceso dal 42,5% del 1977 al 36,3% del 2012.
Il rapporto Istat completo:
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