“Per mesi il ‘faccione fotogenico’ di Landini ha imperversato nelle trasmissioni televisive di tutti gli orientamenti politici, battendo forse il record di Renata Polverini, rapito da una popolarità costruita sulla presunta radicalità delle posizioni della ‘sua’ Fiom”, osserva Fabrizio Tomaselli, dell’Esecutivo Confederale USB. “Poi, nonostante a parole si scontrasse con la sua confederazione, Landini non ha voluto rompere veramente con la ex-socialista Camusso e, alla luce degli ultimi fatti, probabilmente non ha mai avuto questa intenzione”.
“Landini ha preso schiaffi a ripetizione da Marchionne – prosegue il dirigente USB – ululando alla luna ma senza essere coerente con le posizioni che evocava continuamente. Allora ha ingranato la retromarcia e, come primo atto, è passato all’epurazione della sinistra interna e all’isolamento di qualsiasi dissenso dentro la Fiom. A stretto giro è seguito il riavvicinamento alla politica, con l’elezione del numero due della Fiom Airaudo nei banchi di SEL; pronti a entrare al governo, ma gli è andata male”.
Rileva Tomaselli: “Infine la svolta decisiva verso centro, per proporsi come guida di tutta la CGIL nel prossimo congresso, contro la Camusso, ma nella stessa maggioranza. Lo scorso 23 maggio il Comitato Centrale Fiom, con 77 voti contro 11, ha approvato un documento che dà il via libera al nuovo accordo sulla rappresentanza predisposto da Camusso, da Bonanni, da Angeletti e dalla Confindustria di Squinzi”.
“Un accordo che imporrà contratti non contestabili, limiterà le libertà dei lavoratori, la democrazia sui posti di lavoro e il diritto di sciopero”, denuncia il dirigente USB.
“Ora Maurizio Landini è nudo”, esclama Tomaselli, che conclude: “ Basta con i falsi miti di una certa sinistra. Costruire il sindacato indipendente e conflittuale che serve ai lavoratori, come sta facendo l’USB, non è più una opzione possibile, ma l’unica possibilità per i lavoratori di ricostruire una rappresentanza libera e democratica”.
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Dalla Fiom via libera al patto sociale
di Segio Bellavita portavoce Rete 28Aprile Fiom
Non sappiamo come si concluderà la cosiddetta trattativa su rappresentanza e democrazia avviata semiclandestinamente tra i vertici di Cgil Cisl Uil e Confindustria. Trattativa che pareva fino a pochi giorni fa in dirittura d’arrivo ed oggi e’ nuovamente scomparsa nel mellifluo pantano della difficile composizione dei diversi e sostanziosi interessi padronali,politici e sindacali in gioco. Non conosciamo ovviamente i dettagli dell’accordo che verrà, ne’ il livello di asprezza del sistema sanzionatorio che accompagnerà il nuovo modello di relazioni. Cosi come non sappiamo quale giudizio particolareggiato esprimerà il comitato centrale della fiom sull’accordo stesso. Quello che sappiamo con certezza è che si prefigura un sistema corporativo, liberticida e autoritario in cui il voto dei lavoratori diventa, non già la conquista del diritto democratico a decidere sui contratti che li riguardano, ma esattamente lo strumento per accompagnare la contrattazione di ricatto, di restituzione e per impedire infine l’esercizio dell’opposizione sindacale. Così come sappiamo purtroppo, che la maggioranza del gruppo dirigente Fiom ha dato via libera proprio a quel patto sociale. Lo ha fatto in maniera esplicita, senza tentennamenti ne’ infingimenti. ll massimo organismo Fiom riunito giovedì 23 maggio era infatti chiamato a esprimere un giudizio compiuto sui contenuti della trattativa a livello confederale. La seduta cadeva dopo gli esecutivi unitari del 30 aprile scorso che hanno licenziato l’intesa Cgil Cisl Uil su rappresentanza e democrazia che è oggi oggetto della trattativa con Confindustria. In relazione Landini ha presentato l’accordo interno a Cgil Cisl Uil come una sostanziale affermazione delle battaglie della Fiom per il diritto democratico dei lavoratori di decidere sui contratti che li riguardano. Un giudizio che non condividiamo ed anzi riteniamo reticente rispetto alla vera natura del patto che si profila. Per questa ragione abbiamo provato a ragionare su un solo punto, il tema dell’esigibilità degli accordi. Proponendo di riconfermare quella che pareva un’ovvietà: la contrarietà Fiom al modello Marchionne che esclude i sindacati non firmatari cancellandone la rappresentanza interna e che per questa ragione impedisce il diritto dei lavoratori ad opporsi ad accordi capestro. Il modello, per capirci, che ancora oggi tiene la Fiom e i suoi delegati fuori dai cancelli e senza agibilità. Eppure quella che doveva essere un’ovvietà, è stata considerata addirittura alternativa al giudizio positivo sull’intesa Cgil Cisl Uil espresso nell’ordine del giorno finale della segreteria nazionale e posta in votazione contrapposta. L’ennesimo voto di fiducia al segretario che impedisce, ormai da anni, la libera discussione del Comitato Centrale. Una scelta grave che conferma la linea del progressivo rientro, dopo aver abbandonato ogni volontà conflittuale, negli angusti spazi del sindacalismo complice, ne più ne meno di quello che da tempo fanno le altre categorie della Cgil, della Cisl e della Uil. Con la sostanziale differenza che chi pagherà il prezzo più alto per questo rientro sono esattamente i delegati e le delegate Fiom che in questi anni hanno lottato, resistito e creduto nel loro sindacato. Non abbiamo detto no a Marchionne perché mancava un posto a tavola, ma esattamente perché volevamo rovesciare quel tavolo imbandito a spese dei lavoratori. La nostra battaglia riparte da qui.
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