La storia della lotta per la richiesta di assegnazione di terre pubbliche incolte ai giovani agricoltori, inizia con il presidio nel comprensorio agricolo di Tor Marancia, (circa 200 ettari di superficie, all’interno del Parco dell’Appia Antica), area in corso di acquisizione a seguito della compensazione urbanistica da parte del Comune di Roma Capitale.
Il presidio è stato organizzato e promosso dal “Coordinamento romano per l’accesso alla terra” (C.R.A.T.) di cui fanno parte la Coop. Carlo Pisacane, la Società Agricola Co.R.Ag.Gio, le Coop. Agricoltura Nuova e Co.Br.Ag.Or, la C.I.A. (Confederazione Italiana Agricoltori) Roma e l’A.I.A.B. (Associazione Italiana Agricoltura Biologica).
Il Coordinamento di agricoltori “ecoresistenti”, ha manifestato anche sotto il Ministero dell’Agricoltura e pochi mesi fa ha presidiato l’Arsial (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio) travestiti da “agricoltori fantasma” senza terre, credito e servizi pubblici.
La vertenza contadina complessiva nasce dall’idea di alcuni agricoltori e dalla volontà di giovani e disoccupati di ritornare all’agricoltura e dall’impossibilità di accedere alla terra sia per mancanza di credito che per gli scarsi finanziamenti erogati all’agricoltura. Per questo i nuovi agricoltori chiedono alle Istituzioni forme di sostegno e di credito a favore delle realtà che investono su questo percorso e dove sono presenti quelle di giovani, di lavoratori sociali, soggetti espulsi dal mondo del lavoro e donne, l’aiuto del P.S.R. (Piano di Sviluppo Rurale) e delle Politiche Comunitarie a sostegno dell’ agro romano.
Inoltre, il C.R.A.T. intende sottoporre all’attenzione delle istituzioni il problema dell’ utilizzazione delle aree agricole di proprietà pubblica presenti nel territorio della Capitale, già patrimonio pubblico o pervenute alla disponibilità delle Amministrazioni pubbliche per effetto di cessioni e/o compensazioni urbanistiche, oppure delle IPAB o altri enti, dal trasferimento di proprietà demaniali o per effetto della confisca di immobili alle organizzazioni criminali, questi terreni dovrebbero essere utilizzati e salvaguardati, per produrre in maniera integrata beni privati e beni pubblici.
Lo strumento di gestione del territorio avverrebbe attraverso i parchi agricoli che porterebbero tanti vantaggi per gli agricoltori e per i cittadini che non perderebbero la fruibilità degli spazi, ma guadagnerebbero la possibilità di vivere la campagna sotto casa.
L’Agro Romano ha perso la sua identità: non e più campagna, ma non ancora città. Allo stesso tempo, in città, l’agricoltura e la vita rurale riemergono negli orti urbani e sugli argini dei fiumi. Da una parte il cupo paesaggio della rendita fondiaria palazzinara, tra abnormi centri commerciali e strade intasate dal traffico, dall’altra una campagna che resiste con varie forme e iniziative creative.
Lo spreco del nostro tempo sta tutto nell’ immagine delle consolari romane intasate da tir pieni di merci destinate ai grandi centri commerciali, mentre i territori agricoli circostanti sono sempre meno produttivi e destinati all’abbandono. I nuovi agricoltori vogliono rendere di nuovo produttivo l’Agro Romano strappandolo alle varianti cementificatorie del piano regolatore con il rilancio dell’agricoltura biologica multifunzionale e sociale.
Arriviamo adesso a parlare del presidio ancora in corso davanti ai cancelli del Borghetto San Carlo. Ventidue ettari di terreno agricolo nel cuore del Parco Di Veio e un casale dei primi del 900. Il Borghetto, è un meraviglioso polmone verde, ma è un bene abbandonato e negato alla comunità. Davanti all’ingresso chiuso da catene, ci sono alcuni striscioni su cui si legge: “Siamo pronti a seminare”, “Terre pubbliche ai giovani agricoltori”.
La tenuta Borghetto è del Comune di Roma, acquisita ufficialmente nel marzo 2010 con l’accordo di programma ‘Parco Talenti’, come compensazione urbanistica per le cubature di cemento scaricate dal palazzinaro Massimo Mezzaroma, tra l’altro inadempiente nella ristrutturazione del casale.
I giovani agricoltori chiedono l’immediato utilizzo agricolo di Borghetto San Carlo, la ristrutturazione del casale, la gestione produttiva, che prevede 30 posti di lavoro, le coltivazioni biologiche di ortofrutta e piante aromatiche, uno spazio da destinare a orti sociali per i residenti della zona, le fattorie didattiche con un “agriasilo”, l’ippoterapia e le attività sportive nella campagna aperta al pubblico.
Il ritorno alla terra si delinea come una possibile via d’uscita dalla crisi. L’agricoltura è la più antica pratica economica della storia umana. Sulla terra, non si producono solo beni agricoli, ma si protegge e si rielabora il paesaggio, si cura il suolo, si rigenera la fertilità, si difende il terreno dall’erosione, si alimenta la biodiversità agricola, si conserva la salubrità dell’aria e dell’acqua, si tutela il verde e l’ambiente, si organizzano nuove modalità di turismo e di fruizione del tempo libero, si riscoprano vecchie radici di cultura enogastronomica, si recuperano saperi manuali in via di estinzione, si riattivano forme cooperative di lavoro e di vita in comune, si curano gli handicap (fattorie sociali), si praticano forme innovative di apprendimento (fattorie didattiche).
Noi pensiamo che tutto ciò si può fare e la lotta per la terra deve continuare con la solidarietà e l’alleanza agricoltori/cittadini.
Roma, 24 Maggio 2013
*Consiglio Metropolitano, Roma
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