Si va delineando ormai un braccio di ferro sulla privatizzazione di Umbria Mobilità, l’azienda regionale di trasporti. Da una parte il Comitato Lavoratori e Utenti contro la Privatizzazione, sindacati di base e Comitato No Debito, dall’altro le amministrazioni locali che puntano alla dismissione dell’azienda privatizzandone il 70%, scorporandola in due, aumentando le tariffe.
In mezzo i sindacati ufficiali, Cgil Cisl Uil, che in pubblico esprimono preoccupazioni sulla privatizzazioni e negli incontri cedono su tutta la linea, accettando ad esempio di portare la quota di capitali privati fino al 70% di UM. “ Sul mercato finirà fino al 70% di Umbria mobilità, qualcosa in più rispetto a quanto stabilito nei mesi scorsi. E’ questo uno dei punti messi neri su bianco lunedì pomeriggio nel corso dell’assemblea dei soci dell’azienda unica regionale dei trasporti” scrive il giornale locale “Umbria 24”.
Ieri pomeriggio il Comitato ha manifestato insieme ai lavoratori di UM sotto la sede del Comune di Terni richiedendo un incontro con gli amministratori per tenere aperta la possibilità di recedere dalla privatizzazione. In piazza c’erano anche i lavoratori della ThyssenKrupp preoccupati anch’essi per il futuro occupazionale di una parte delle acciaierie di Terni.
I circa 1.500 lavoratori della UM sono ovviamente preoccupati. In primo luogo perché si sta procedendo allo scorporo attraverso la consueta operazione di “cessione di ramo d’azienda”. E’ stata infatti costituita la Umbria Mobilità Esercizio srl nella quale confluiranno gli autisti e gli autobus ed in cui i capitali privati potranno arrivare anche al 100% della proprietà. L’altra azienda, Umbria Mobilità Patrimonio, resterà invece pubblica accollandosi però i debiti e i crediti. La prima cosa che farà sarà quella di svendere il patrimonio per pagare i debiti. Una operazione che conferma – l’ennesima volta – la storia del “privatizzare i profitti, socializzare i debiti”.
Ci sono poi i tagli alle corse (circa il 7% dei km complessivi oggi effettuati) che porteranno agli esuberi di personale: 76 nel 2013 e altri 17 nel 2014, solo per cominciare. Il tutto mentre si è scoperto che – mentre l’azienda andava in crisi debitoria – a novembre era stato assunto un nuovo dirigente amministrativo per la spesa di ben 200.000 euro l’anno più incentivi, una retribuzione superiore a quella dello stesso Presidente della Regione Umbria.
La vicenda della privatizzazione di Umbria Mobilità sta diventando una partita strategica per gli asset a disposizione delle amministrazioni pubbliche locali, le quali tra i diktat imposti dal Patto di Stabilità e la subalternità agli interessi privati ansiosi di mettere le mani sui servizi pubblici locali, vedono ridurre sempre più il carattere pubblico dei servizi e aumentare la “deresponsabilizzazione” delle amministrazioni pubbliche sui servizi.
I primi effetti già si vedono. Il Comitato Pendolari della Roma-Firenze che raccogli i pendolari a Orte, Orvieto etc. denuncia l’aumento di ulteriori 10 euro sull’abbonamento mensile Intercity – che arriva così a 163 euro mensili – e l’aumento dei tempi di percorrenza. Qualche giorno fa l’ennesimo ritardo ha fatto esplodere la rabbia dei pendolari. Non solo. Il Comitato No Debito denuncia come sia stato soppresso il treno delle 5.45 da Terni per Roma che consentiva ai pendolari di arrivare per tempo al lavoro, mentre in diverse stazioni sono state eliminate le biglietterie e introdotte solo macchine automatiche che però…accettano solo carte di credito.
Si stanno accumulando mille e una ragione per mettersi di traverso sulla privatizzazione dei trasporti in Umbria.
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