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Terni. L’Ast “propone” ancora la mobilità, ma per 290

Era stata una previsione facile: l’Ast voleva solo prendere tempo e riproporre l’identico piano. Ora arriva la conferma.

La “nuova proposta” prevede ancora una procedura di mobilità; l’unica novità consiste nel numero. Invece dei precedenti 550, ora indica gli “esuberi” in 290 dipendenti diretti (naturalmente non vengono nemmeno quantificati i conseguenti licenziamenti nelle ditte “esternalizzate”, che pure lavorano dentro lo stabilimento tanto quanto gli “interni”). Un chiaro tentativo di portare la contraddizione tra i lavoratori, cercando di dividerli tra quanti pensano (sperano) di potersi salvare e quanto invece dovrebbero rassegnarsi.

Ad ognuno dei dipendenti messi in mobilità l’Ast propone di riconoscere un “incentivo all’esodo” di 80.000 euro (se l’adesione alla messa in mobilità avviene entro il 28 dicembre 2014), mentre scende a 50.000 se si accetta la stessa mobilità dal giorno successivo. Il messaggio aziendale è dunque: prima te ne vai, più ti do.

Con l’apertura della procedura di mobilità dovrebbe venir concessa (dal ministero del lavoro, non certo dall’azienda) la cassa integrazione per un anno; che potrebbe esser confermata per un altro anno se il ministero sarà d’accordo. In questo modo si arriverebbe al 30 settembre 2016. Sulla mobilità – che dovrebbe intervenire solo successivamente – resta però l’incognita del Jobs Act, che prevede una rimodulazione di tutti gli ammortizzatori sociali nel senso di ridurne la durata. Ser per un dipendente ultra-50enne, per esempio, oggi la mobilità può durare anche tre anni (due soltanto, per un under-50), non è detto che a quella data la situazione sia ancora la stessa.

“Novità”, ovviamente negative, anche per quanto riguarda l’inquadramento contrattuale. Il Gruppo Ast vuole “allineare la contrattazione integrativa” (aziendale) “alle previsioni del vigente contratto collettivo nazionale di lavoro, sottoscritto il 5 dicembre 2012”.

I contratti aziendali esistenti resteranno in vigore fino al 30 settembre 2018, ma con parecchie modifiche. Vengono infatti soppressi tutti quegli istituti “caratterizzati da quote fisse consolidate di corresponsione e derivanti da contrattazioni di secondo livello”, ovvero il cosiddetto “Premio di risultato aziendale consolidato”. 

In ogni caso, i premi di risultato vengono “congelati” e quindi non corrisposti fino al 2017.

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