Aggiornamento ore 13: Avviata la procedura di mobilità e disdetti gli accordi aziendali.
Rotte le trattative sull’Ast di Terni. L’azienda ha dimostrato anche al tavolo con governo, enti locali e sindacati, di avere in testa soltanto una cosa: la realizzazione del piano originario, ovvero il licenziamento di 550 dipendenti e lo spegnimento di uno dei forni dello stabilimento. Obiettivo: un risparmio di cento milioni di euro l’anno, con cui vorrebbe “confermare un ruolo di competitor a lungo termine sul mercato dell’acciaio inox”.
Tutto quel che è avvenuto nei mesi scorsi è servito soltanto a dilazionare i tempi, sfiancare e sfiduciare i lavoratori, evitare l’occupazione dello stabilimento. Le procedure di mobilità erano infatti state ritirate all’inizio di settembre per consentire una finta ripresa delle trattative e dar lustro all’intervento del ministro dello sviluppo, la confindustriale Federica Guidi. Anche la telefonata di Renzi all’amministratore delegato dell’ast non ha avuto alcun risultato.
Ieri pomeriggio, infine, l’ultimo inutile “incontro”. Il governo ha messo sul tavolo una sua proposta: 290 esuberi e 110 milioni di investimento, lo spostamento a Terni della linea di laminazione in via di smantellamento alla ThyssenKrupp di Torino, incentivi per la “mobilità volontaria” e interventi pubblici per “ricollocare” i lavoratori da licenziare.
Ovviamente i sindacati non potevano accettarla e così è saltata qualsiasi ipotesi di accordo.
Un “pressante invito” all’azienda perché non spedisca subito le lettere di licenziamento è stato rivolto da tutte le autorità pubbliche locali (Regione, provincia e comune); ma ci sono ben poche speranze che le cose vadano diversamente.
Da stamattina assemblea in fabbrica. A questo punto solo l’occupazine dello stabilimento potrebbe costringere l’Ast a cambiare atteggiamento. Avranno questa determinazione, i lavoratori di Terni?
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