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Siderurgia. All’Ast di Terni come all’Ilva: nazionalizzare le fabbriche

Quanto sta per avvenendo all’AST di Terni, pur nelle differenti condizioni produttive, presenta omogeneità con la vicenda, ancora in corso dell’ ILVA di Taranto. Dalle due vertenze, come da quella di Piombino, emerge il fallimento delle politiche industriali che i governi che si sono succeduti, da ultimo il governo Renzi, che non hanno mai posto in campo per un progetto di difesa ed investimenti nel settore siderurgico del nostro paese, lasciando libertà di scorribande ad imprenditori e multinazionali che hanno succhiato fondi pubblici, saccheggiato ambiente e territorio, scaricando poi il costo della competizione internazionale al massimo ribasso, sulle spalle dei lavoratori, attraverso licenziamenti e chiusura di siti produttivi. Per questo, per non essere prigionieri di queste multinazionali, occorre che il governo abbandoni il suo profilo di sudditanza nei confronti della Thyssen e venga messa in campo la nazionalizzazione dell’AST che, insieme agli altri poli dell’acciaio, rilanci il settore siderurgico nel paese.

A Taranto la devastazione perpetuata per decenni dal “sistema Riva”, con la copertura della stragrande maggioranza dei politici, delle istituzioni e dei sindacati complici, rischia oggi di acuire le contraddizioni di una città dove la salute ed il lavoro non riescono a conciliarsi; dove le industrie pesanti la fanno da padrone e dove i soliti noti pensano addirittura di aumentare il potenziale inquinante.  L’USB da tempo sostiene che l’unica soluzione per l’Ilva è ambientalizzare e nazionalizzare, predisponendo contestualmente un progetto politico a medio termine di de-industrializzazione e riqualificazione del territorio. Non è più tempo di timide richieste, come la “transitoria partecipazione pubblica” ventilata da Landini. Ma le proposte che vengono avanzate sull’Ilva riguardano anche le altre fabbriche strategiche nel sistema industriale del nostro paese.

Mercoledi a Terni si è tenuto un incontro pubblico promosso dalla USB sulla vertenza dell’AST. Dopo l’introduzione di Graziella Cetotelli, responsabile confederale USB di Terni, ha preso la parola Francesco Rizzo, coordinatore USB dell’ILVA di Taranto, seguito dagli gli interventi di cittadini e lavoratori, del consigliere del Movimento 5 Stelle De Luca, di Vecchietti ed altri, dirigenti del Prc di Terni, e in molti hanno condiviso la proposta di USB sulla nazionalizzazione della Ast e dell’Ilva.

In chiusura Franca Peroni dell’esecutivo nazionale della Usb ha ricordato come la vicenda vada a sommarsi a precedenti situazioni di crisi occupazionale del territorio (polo chimico, cooperazione sociale), che porterebbe alla sua “desertificazione” sul versante del lavoro. Per questo occorre essere in campo oggi con i lavoratori, però con la chiarezza sulla piattaforma che non può essere quella in campo oggi che porta solo ad una diluizione nel tempo dei licenziamenti e ad un indebolimento progressivo del sito produttivo. Serve recuperare una politica nazionale nel settore della siderurgia e, dentro questa il rilancio, con la nazionalizzazione, dei siti produttivi.

Queste sono le parole d’ordine con cui USB sarà il campo il 17 a Terni ed il 24 ottobre in tutte le piazze regionali con lo sciopero generale indetto contro le politiche della troika europea, contro le politiche del governo Renzi, contro l’assalto ai diritto dei lavoratori (jobs act), contro il saccheggio e la cementificazione del territorio (sblocca Italia), per la difesa dello stato sociale, della sanità, dei servizi pubblici locali che sono pesantemente messi in discussione anche dalla freschissima legge di stabilità con il meccanismo dei tagli lineari alla spesa pubblica che produrranno ulteriori licenziamento sui servizi appaltati, per la democrazia nei luoghi di lavoro ed a sostegno di tutte le vertenze aperte con licenziamenti in corso, da ultime quelle del settore del trasporto aereo.

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