Dopo gli esiti del congresso Cgil dentro e fuori il nostro sindacato si sta sviluppando un dibattito sul ruolo sindacale di USB e sul confronto e scontro in atto in Cgil.
Abbiamo letto e riportato un’intervista a Giorgio Cremaschi e la risposta di Pierpaolo Leonardi.
Oggi pubblichiamo un intervento di Maurizio Scarpa.
Il confronto prosegue sui contenuti e sul merito con spirito teso a costruire un dibattito aperto e corretto.
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Condominio CGIL
Il termine “condominio”, riferito alla CGIL, lo ha sdoganato la stessa segretaria generale Susanna Camusso. Il solo il fatto che Susanna C. abbia sentito il dovere di porsi il quesito se dirige un condominio o una casa comune è un evidente segnale che lo stato di salute dell’organizzazione di corso d’Italia non sia proprio eccellente. Si aggiunga che la risposta al quesito è contenuta nello stesso comunicato stampa “questo è il male che ci attraversa”.
“Il condominio ha porte chiuse, l’assemblea è litigiosa, discute per quote di proprietà, se qualcuno decide può mettere anche la porta blindata”. Una fotografia così impietosa, fatta da chi ne è a capo, descrive efficacemente la vita interna di quello che fu il sindacato di Di Vittorio.
Il XVII congresso della CGIL è appena terminato ed ha confermato la crisi profonda ed irreversibile di questa organizzazione. Il tandem Guglielmo E. – Susanna C. in questi anni, nel voler riportare il sindacato da loro guidato nell’orbita politica del PD (arrivando a farne in questi ultimi mesi persino un corrente interna critica), ne hanno modificato la natura stessa. La perdita di autonomia ha comportato scelte politiche obbligate che hanno prodotto, da un lato un’unità con CISL e UIL fondata sul loro modello di sindacato rinunciando ai propri valori fondativi e dall’altra, nella ricerca di tornare ad essere riconosciuti come interlocutori da Confindustria (ma senza il necessario conflitto che misuri preventivamente i rapporti di forza in campo) ci si è arresi a sottoscrivere accordi che hanno cancellato prima il contratto nazionale (28 giugno) e poi la democrazia nei luoghi di lavoro (31 luglio e 10 gennaio).
Avremo tempo nel prossimo futuro di affrontare analiticamente contrattazione e provvedimenti legislativi di questo ultimo decennio per dimostrare come la crisi economica abbia messo a nudo tutti i limiti dell’azione politica del gruppo dirigente della CGIL, portandolo ad una vera e propria Caporetto su tutti i fronti, esterni ed interni. L’unica parola che avrebbe dato un senso a questo congresso non è mai stata usata da Susanna C.: SCONFITTA. Rimuovendo la lezione di Di Vittorio (*).
Come sempre accade agli eserciti in ritirata scomposta e votati alla pura sopravvivenza, si è sviluppata un una lotta intestina con la quale ognuno sta cercando di far valere le proprie “quote di proprietà”.
All’avvio del percorso congressuale tutto lo stato maggiore si prometteva reciproca coesione e fiducia attraverso un documento che raccoglieva l’adesione dell’intero apparato nazionale e periferico. Un’unità senza merito produce un dibattito senza contenuti. Questo doveva essere il patto non scritto. Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, oppure (e questa è la lezione che dovrà studiare Maurizio Landini) quando regali la pentola al diavolo questo tende a prendersi anche il coperchio.
Cosi Susanna C. il coperchio se l’è preso con l’accordo del 10 gennaio, comunicando alla Fiom che l’accordo del 31 maggio sulla rappresentanza non solo non l’avrebbe modificato, ma che intendeva applicarlo subito dopo il Congresso.
Il resto è cronaca dei giorni nostri. “la Fiom non si sente vincolata dall’intesa e farà di tutto per reagire alla svolta autoritaria della Cgil” dichiara al Fatto Quotidiano Il segretario Generale della Fiom, che solo qualche settimana prima aveva firmato il documento congressuale che, come prima firmataria, vedeva proprio la segretaria generale CGIL . Difficile pensare ad una svolta autoritaria che possa nascere in sola notte. Ma, rotto il patto che vincola tutti all’ipocrita diplomazia della ragion di stato, si comincia a dire ciò che si pensa realmente. E siamo ad un crescendo rossiniano. I giorni che precedono e attraversano il congresso sono tipici delle discussioni da condominio. Maurizio L. ricorda a Repubblica che i sindacati hanno un grave responsabilità nella estensione della precarietà “avendo sostanzialmente accettato la modifica dell’articolo 18”. Aggiungendo “Ho parlato di un esito congressuale truffaldino. Lo confermo”.
Giorgio Cremaschi, capo del documento alternativo “Il Sindacato è un’altra cosa” va oltre e il 30 aprile, assistito dagli avvocati Antonio Di Stasi e Giovanni Patrizi, sottoscrive un atto di citazione presso il Tribunale Civile di Roma per impugnare, secondo l’art. 23 del Codice Civile, la decisione della Cgil di sottoscrivere l’intesa del 10 gennaio 2014. E comunque lancia anche lui la sua bordata “La Cgil propone una sopravvivenza burocratica e autoritaria. Quello che abbiamo visto nei congressi è un enorme dissenso falsificato però dai risultati.” E due.
Rinaldini, già segretario generale della FIOM e coordinatore dell’”area La CGIL che Vogliamo”, a proposito del risultato della ipotetica consultazione sull’accordo per la rappresentanza nei luoghi di lavoro del 10 gennaio e dei risultati congressuali denuncia a tutta pagina sul Manifesto del 2 maggio “Cgil truffa, risultati stile Nord Corea”, e tre.
Forse qualcuno potrebbe obiettare che queste pesanti prese di posizioni provengono, con diverse sfumature, da dirigenti legati alla FIOM. Vero. Per questo forse a pochi giorni dall’inizio del congresso Carla Cantone segretaria generale dello SPI, la federazione dei pensionati CGIL, esce nelle librerie con un libro “di lotta e di memorie perché il sindacato ha ancora un ruolo”. Difesa quindi dell’operato della direzione Susanna C.? Beh, dall’intervista di presentazione al Huffington Post del gruppo Espresso parrebbe il contrario. Si parte da un moderato “bisogna che noi ci mettiamo in testa che dobbiamo cambiare il modo di fare i sindacalisti, dobbiamo andare a scoprire il mondo del lavoro che è cambiato”. Che parrebbe dire che per la Cgil il lavoro nel 2014 è un mondo sconosciuto “da andare a scoprire”. Che aggiunto a “c’è un distacco al quale dobbiamo mettere un punto perché se non cominciamo a comportarci in modo diverso (implicitamente si afferma che quello attuale è negativo, ndr) e non portiamo a casa risultati (che significa che oggi la cesta dei frutti CGIL è vuota, ndr) saremo considerati quasi come un ente inutile“. detto da chi governa 2 milioni e settecento mila tesserati non è come raccontare una barzelletta. E quattro.
Da tutto ciò non si può che condividere l’affermazione di Maurizio L. “La CGIL di oggi resta comunque un sindacato con almeno due anime”. Un modo educato, per dire siamo separati in casa. In queste condizioni il congresso non poteva che essere più un campo di battaglia piuttosto che luogo di analisi, bilancio e proposta. Infatti immediatamente dopo la relazione introduttiva di Susanna C, è stato imposto di presentare le eventuali liste alternative, prima ancora che si riunisse la commissione elettorale. Detto in altri termini “senza sapere come sarà la composizione degli organismi dirigenti dimmi se ci stai o no”. E come accade nelle migliori famiglie in questi casi il voto segreto è il vero luogo dello dibattito politico. Poco più di 100 le firme sul documento Landini, 155 i voti nell’urna… figli di quel metodo tanto caro alla DC dei franchi tiratori. Perché 50 voti hanno significato 8 componenti il più nel direttivo che hanno votato contro la riconferma di Susanna C. a segretaria generale, che aggiunti ai quattro voti dell’area di Giorgio C. ed ad altri 7 franchi tiratori (questa volta esplicitamente eletti nel direttivo nelle file della maggioranza) hanno fatto crollare i consensi della stessa a solo 105 voti su 151 aventi diritto, un risultato inferiore al 70% dopo che il documento di maggioranza ha raccolto il 97 %: una botta per la neoleletta segretaria che di quel documento era la prima firmataria, ma non certo un fulgido esempio di coerenza per quei delegati che sul quel testo si sono fatti eleggere per poi sconfessarlo nella massima assise congressuale.
Certo è che neppure Susanna C. è stata a guardare. Con un innegabile colpo di teatro ha dato il proprio sostegno alla presentazione della terza lista. Dopo avere messo in atto “Le gravissime violazioni della democrazia e delle regole congressuali e le falsificazioni dei risultati hanno portato la nostra rappresentanza congressuale ben al di sotto del risultato reale e persino sotto quel 3%”, come denunciato ripetutamente dai componenti del documento alternativo, due dirigenti ai massimi livelli della maggioranza camussiana, Elena Lattuada, segretaria confederale e Claudio Treves segretario generale di Nidil, firmano la lista collegata al documento di quello, che all’avvio del congresso, affermava perentoriamente “Il sindacato è un’altra cosa”. Sottoscrizione senza la quale non avrebbe avuto il requisito per eleggere nessun componente nel direttivo confederale.
Per concludere che dire?
Ora sta a voi scegliere tra il Sindacato USB o il Condominio CGIL.
* ex vicepresidente del Direttivo Nazionale della Cgil, ora iscritto Usb
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