Per l’ILVA di Taranto si profila l’ennesimo regalo ai privati: la cordata composta da Marcegaglia e Mittal, gigante mondiale dell’acciaio, entrerebbe all’ILVA come partner o della Cassa Depositi e Prestiti, o attraverso l’ingresso nel capitale di Marcegaglia del Fondo Strategico Italiano, il cui capitale è in mano per l’80% della Cassa Depositi e Prestiti e per il 20% della Banca d’Italia. Il tutto passerebbe per un rafforzamento dei poteri del commissario, che dovrebbe occuparsi di gestire la vendita degli asset produttivi alla nuova società, addossando le passività ad una bad company.
“Dopo aver fatto specifiche dichiarazioni sulla possibile nazionalizzazione dell’ILVA, Renzi, il banditore di speranze illusorie, ha sùbito fatto marcia indietro”, attacca Emidia Papi, dell’Esecutivo nazionale USB.
“Così il privato riceverebbe la parte sana, produttiva e profittevole dell’ILVA, e allo Stato, ossia ai contribuenti italiani, il compito di pagare le perdite causate dalla famiglia Riva, la quale intanto continua a godersi i lauti frutti della sua disastrosa gestione. L’intervento statale – aggiunge la dirigente USB – consentirebbe di attuare la bonifica ambientale, per poi consegnare la fabbrica bell’e sanata al gruppo privato, con un altro bel regalo alle lobbies come ai tempi del passaggio ai Riva”.
“Sarà un caso che l’ENI, alla cui presidenza, per volere di Renzi, siede Emma Marcegaglia, abbia in questi giorni minacciato di tagliare le forniture di gas all’ILVA?”, si domanda Papi, che aggiunge: “Insomma, cornuti e mazziati tre volte, non c’è che dire!”.
Prosegue la sindacalista: “L’unica vera soluzione sarebbe quella di togliere di mano ai privati l’azienda e nazionalizzarla. Tra l’altro, a sentire le cifre ridicole ventilate per l’entrata del gruppo Mittel Marcegaglia, tanto varrebbe pensare ad un azionariato popolare”.
Evidenzia Papi: “Intanto, su denuncia dell’USB, la Procura della Repubblica di Taranto ha aperto una nuova indagine, con sette indagati tra ILVA e ditta appaltatrice SEMAT, sull’area dell’Acciaieria 1 dove, come da noi segnalato, sono stati trovati catrame, oli minerali e altre sostanze inquinanti”.
“L’USB non smetterà di lottare, sia per la salvaguardia di lavoro e salario dei lavoratori dell’ILVA e delle ditte appaltatrici, vigilando altresì su un’effettiva bonifica, che sia veramente di garanzia per la salute di chi lavora e di tutti i cittadini, sacrificati in questi anni al più bieco profitto”, conclude Emidia Papi.
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