Una vecchia abitudine, presa ia tempi in cui gli operai – soprattutto i metalmeccanici – erano iscritti al sindacato (Fiom, im primo luogo) e ne condividevano le scelte a gradissima maggioranza.
In quel caso ogni rinnovo contrattuale prevedeva come clausola che ai non iscritti venisse chiesto un "contributo una tantum", mediante ritenuta in busta paga, da girare ai sindacati. Un ragionamento non "rapinatorio", ma solidaristico, perché gli aumenti contrattuali strappati nella trattativa andavano a tutti i lavoratori dipendenti, iscritti e non. Quindi questi ultimi (specie quelli delle piccolissime imprese, al di sotto dei 15 dipendenti) rivevano gratuitamente un beneficio per cui gli iscritti pagavano invece sotto forma di quota mensile.
La contraddizione ha cominciato a farsi evidente quando il numero degli iscritti è calato drasticamente, anche in virtù del fatto che gli incrementi salariali "strappati" ad ogni rinnovo non coprono ormai più neanche la dinamica dell'inflazione.
Ma l'abitudine è rimasta uguale. E quindi i sindacati firmatari di accordi che ora sono condivisi da sempre meno lavoratori continuano a pretendere l'"una tantum", che si rivela come un prelievo aggiuntivo in cambio di pressoché niente.
Qui di seguito la nota che le aziende metteranno prossimamente in bacheca per giustificare la trattenuta di 35 euro ai lavoratori metalmeccanici che non sono iscritti a nessun sindacato, "in cambio" di quel capolavoro di accordo firmato da Fim-Fiom-Uilm (qui e qui).
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