La proprietà non ha sentito ragioni. Ha chiuso la sede romana di Almaviva e fatto partire le lettere di licenziamento per 1.666 lavoratori del call center. Dopo il rifiuto delle Rsu della sede di Roma all'ipotesi di accordo, c’era stato un referendum che aveva visto i lavoratori praticamente divisi a metà ma con una risicata maggioranza favorevole ad accettare l’accordo-capestro (valido tra l’altro solo fino al 31 marzo 2017). Alla luce dell’esito del referendum, il governo aveva riconvocato le parti ad un tavolo di trattativa, ma anche l'ultimo tentativo di mediazione del ministero dello Sviluppo economico è fallito. Il viceministro Teresa Bellanova ha giustificato l'inerzia del governo affermando che "purtroppo l'azienda ha avanzato difficoltà anche dal punto di vista della tenuta della procedura e, quindi, ha ribadito il mantenimento dell'accordo dei lavoratori di Napoli e il mancato accordo con Roma". La sede di Roma è stata resa inattiva dall’azienda già dallo scorso 22 dicembre. La prospettiva è quella di una delocalizzazione dei servizi di Almaviva in Romania (una realtà con salari più bassi e minori "ostacoli" sindacali") che pare essere sin dall'inizio l'obiettivo perseguito dalla proprietà. L'accordo siglato dalla rsu della sede di Napoli è valido fino al 31 marzo 2017, e nulla lascia prevedere che l'azienda abbia usato solo strumentalmente l'accordo per indebolire i lavoratori per poi procedere comunque ai licenziamenti e alla delocalizzazione. Emergono in modo clamoroso le corresponsabilità di governo e Cgil Cisl Uil nella svendita dei lavoratori Almaviva e nella totale subalternità alle decisioni della proprietà. "È successo tutto ed il contrario di tutto, sono stati completamente calpestati ed ignorati i nostri diritti, governo ed azienda son stati davvero bravi a mettere noi ex colleghi uno contro l'altro" scrive Lucia, una lavoratrice di Almaviva, "La Bellanova oggi parlava di incapacità di comunicazione tra le parti in causa, ma il governo dov'è stato in questi 75 giorni? Fino all'ultimo presi in giro, nemmeno un cavolo di ammortizzatore sociale ci è stato offerto, 1666 persone (e famiglie) non si mandano via così. Si è perso tutto, la dignità, la coscienza di classe…Il governo è stato abile a scaricare tutta la responsabilità sugli altri, sulle rsu che da molti ex colleghi oggi sono state insultate. Scusatemi, sono arrabbiata, delusa e preoccupata perché siamo stati trattati come dei numeri".
Intanto alcuni mass media chiamano in causa – impropriamente in questo caso – l'Usb nella vertenza Almaviva e soprattutto nella decisione della Rsu aziendale di Roma di respingere l'accordo-capestro. In un comunicato la Usb fa sapere che: "Alcuni TG e organi di stampa questa mattina attribuiscono alla nostra organizzazione la responsabilità del mancato accordo nella vertenza Almaviva che apre la strada a 1660 licenziamenti nel sito di Roma. USB invece non è mai entrata nella trattativa. La responsabilità della gestione della vertenza è tutta di Cgil Cisl e Uil e del MISE che, come ormai accade in ogni importante vertenza, neanche prova a mettere sotto pressione le aziende affinché ritirino i licenziamenti. USB, come sempre in ogni vertenza, avrebbe gestito ben diversamente questo drammatico confronto senza alcun cedimento e senza introdurre alcuna pratica di contrapposizione tra lavoratori. Mentre il Governo decide un importante stanziamento per salvare le Banche, lo stesso governo, assieme ai sindacati complici, non vuole entrare seriamente in campo per imporre soluzioni occupazionali per i lavoratori. A questo governo e a questi sindacati vanno quindi attribuite le responsabilità della drammatica conclusione di questa vertenza".
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